“Diritti umani, solidarietà fattiva, scuola negata in Uganda e nelle periferie del mondo” : questo il titolo del convegno promosso dal Comune di Napoli e dalla Commissione relazioni internazionali, presieduta da Alessandro Fucito, che si è tenuto lo scorso 22 gennaio nell’ Antisala dei Baroni del Maschio Angioino di Napoli. Al centro del dibattito un luogo, un territorio dimenticato dal mondo che ha fatto da scenografia a un atroce teatro di guerra: Gulu. Per 20 anni il popolo del nord Uganda è stato protagonista di un tragico conflitto tra governo e guerriglia, che ha visto soprattutto le donne e i bambini usurpati dei loro diritti umani e della loro stessa vita.

Nell’agosto 2006 l’esercito regolare del Presidente Museveni e le milizie ribelli del Lord Resistance Army, {{un’armata di bambini sottratti alle loro famiglie e trasformati in killer spietati dal sanguinario leader Joseph Koni}}, hanno sottoscritto un accordo di pace che fanno sperare nella fine di uno dei peggiori disastri umanitari del mondo.

Al convegno di Napoli, che ha ospitato la proiezione delle immagini tratte dal libro catalogo {Gulu-Uganda} dell’artista Mauro Fermariello, ha partecipato la Sindaca Rosa Russo Iervolino che ha evidenziato l’importanza di ascoltare le testimonianze sulla situazione di questo popolo, spiegando che “abbiamo un debito enorme con l’Africa e la loro non è una disgrazia davanti alla quale nulla si può fare, ma una vergogna che si deve evitare”.

Insieme alla Sindaca anche la voce di chi ha visto e incontrato questo popolo come Nicola Quadrano, giudice dell’Osservatorio Internazionale sui diritti violati, che ha evidenziato e parlato proprio di quel debito, soprattutto morale e anche storico, nei confronti dei territori africani. In luoghi in cui è difficile, se non impossibile, esprimere un proprio pensiero.

A raccontarci di Gulu e del suo popolo erano presenti anche la volontaria Suor Doriana, e Giuliana Tadiello, presidente dell’associazione Good Samaritans Onlus, che hanno provato a spiegare cosa sta succedendo nel nord Uganda. Provare è probabilmente la parola più adatta, perché solo chi ha visto e ha vissuto la tragedia che accomuna la gente di questi luoghi può veramente sapere cosa sta accadendo, e raccontarlo è per loro una responsabilità e un dovere.

Una responsabilità soprattutto per le donne, dato che la guerra si è accanita in particolare su queste e i loro figli. Hanno visto i propri bambini rapiti dai guerriglieri e tornare ad uccidere la loro stessa gente. {{Giuliana Tadiello}} ci racconta un episodio durante la lettura di un passo del vangelo che recitava: “Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più”.

Le donne di Gulu hanno risposto: “Noi piangiamo i nostri figli che non ci sono più. Noi piangiamo i nostri figli che tornano ad ucciderci”.
{{Proprio le donne sono quelle che stanno tenendo duro}}, ma l’aiuto umanitario non basta. Il popolo sta vivendo una seconda colonizzazione peggiore della prima, immersi in una guerra locale fatta di interessi internazionali. Gli ugandesi quando parlano della guerra dicono: “Noi siamo come l’erba quando due elefanti combattono„ l’unica arma che hanno è parlare e chiedere che arrivi a noi il loro messaggio, perché solo attraverso l’informazione può esserci per loro un progresso.

Ed è questo il senso della mostra di {{Fermariello}}, che nei suoi scatti riesce a trasmettere una speranza, attraverso i sorrisi di un popolo che soffre ma che vuole vivere, non più sopravvivere. Proprio da Gulu, dai bambini, è partita la richiesta di creare una biblioteca, che oggi si è trasformata nel {{progetto “Un libro per un libro”}}. Comprando il catalogo del fotografo si devolve quasi tutto il ricavato per creare uno spazio che sia per i bambini di Gulu una speranza di futuro.

Diversi sono i progetti in itinere e Napoli si è distinta in modo particolare perché “ha avuto il coraggio di andare dove altri si sono ritirati – ci spiega {{Suor Doriana}} riferendosi all’importante progetto Gulu-Nap del Professore Luigi Greco, che ha costruito una facoltà di medicina a Gulu. Si è così creato un ponte fra Africa e Napoli che i docenti della Federico II contribuiscono a consolidare, percorrendolo continuamente in una missione didattica che si è trasformata in una dei più concreti progetti italiani per l’Africa.

“I ragazzi hanno raggiunto straordinari risultati – ci spiega il Professore Greco – e anche il numero di donne studentesse è aumentato rispetto agli anni passati”. Le donne, infatti, anche se sono state una delle parti più lese dalla guerra, sono fra le prime a combattere perché le cose cambino. L’intervento, durante il convegno a Napoli, di Ivana Dama Viceresponsabile di Amnesty International della Campania, ha infatti evidenziato proprio la forza che le donne hanno, essendo fra le prime a unirsi e ad avere una grande voglia di ricominciare, nonostante la rabbia e le continue violenze subite.