Non compatiamo né comprendiamo le donne che difendono i camorristi, i
mafiosi, i violentatori, gli assassini. Non comprendiamo le donne che
difendono “la loro casa”, fatta a dispetto della terra di tutti cospargendo
di benzina i loro figli. Non fanno parte del nostro progetto[Un episodio come quello di Pianura->http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2009/13-novembre-2009/ruspe-azione-contro-abusivismotensione-proteste-pianura-1602004941248.shtml], ci parla del peso di una cultura
assassina e camorristica che al suo interno ha le sue vittime. Ma sono
vittime che immediatamente diventano aguzzini a spese del prossimo, anche
dei figli.

Se una madre cosparge di benzina il proprio figlio, se urla contro i simboli
della convivenza, se fa desiderare alla figlia ed al figlio la capacità di
esprimere altrettanta violenza per poterla non più subire, non è una donna
inclusa in un progetto femminile.

Il progetto che, insieme, le femministe e le emancipazioniste da secoli
portano avanti, si confronta con la realtà risultante da uno strapotere
violento ed arrogante che nulla potrà mai portare alla convivenza pacifica.
E’ un progetto risultante da scelte e rinunce, spesso costose e dolorose.
Per questo da preservare e da difendere.

Quel fare mafioso che accomuna chi nei governi coltiva prostituzione e
violenze, molestie e ricatti sessuali, con coloro che sul territorio
garantiscono la merce del trastullo dei potenti, ha una gerarchia che
riguarda migliaia di donne dall’apparenza più o meno dignitosa.

Noi asseriamo il diritto e la dignità delle vittime, anche di quelle vessate
da altre donne che interpretano il ruolo di custodi di un ordine illegale ed
ingiusto.