Grazie a Lea Melandri per la chiarezza e la passione del suo libro-viaggio-andata-e-ritorno su “Amore e violenza” con il quale ho chiarito, fatto ordine nel mio sapere – e il mio sentire – e che molto mi ha spinta ad interrogarmi sul punto in cui si trova la riflessione sul tema.

{{Affrontare e combattere la violenza, oggi, significa:}}
-spostare l’ottica{{ dalle donne-vittime-oggetto ai soggetti-autori dell’azione violenta }} che sono gli uomini che, oltretutto, stendono sulla nuda verità l’ossimoro del “delitto d’amore” “delitto passionale” ( in questo sono bravissimi pensate alle “bombe intelligenti”) spacciandolo come manifestazione dell’archetipo Eros e Thanatos.
-oggi occorre riconoscere, nominare e svelare la radice di questo delitto familiare, relazionale, commesso da uomini di ogni ceto, età, classe, cultura, religione e professione.
(E vi suggerisco di usare per questi assassinii i termini che loro competono: strage, visto che nel 2010 il numero delle donne uccise è di 126, e femminicidio per la specificità dell’azione criminosa). Più che conflitto tra i sessi è guerra dichiarata da un sesso all’altro.

{{Lea ci ha condotte indietro, nella storia del mondo, all’alba di quell’”Infamia originaria”}} che ancor oggi lo abita anche se in modi più “moderni” e subdoli, vedi la “femminilizzazione” della società, del lavoro, dei media dove “il femminile” viene etichettato sempre con lettere alfabetiche:{{ Valore D}} per il corpo “materno” e {{Lato B}} per il corpo “erotico” (una delle virtù dell’abnegazione femminile riconosciute a Lorenza Lei è quella di lavorare in rai dalle 7.30 alle 22).

Là, nel territorio della nascita degli umani, dove il maschio si è vissuto fragile e inerme in balia di una femmina (chissà se viene da lì la “balia”) che oltre a portarlo alla luce poi si occupava di lui con il compito di nutrirlo, proteggerlo, amarlo, insegnargli a sopravvivere, metterlo cioè al mondo.

Siamo{{ tutte e tutti nati di donna}}. E anche per le femmine la faccenda non è stata tutta rose e fiori (Manuela Fraire non avrebbe dovuto studiare così tanto), ma per i maschi questa elementare evidenza deve aver provocato un senso di inadeguatezza, dipendenza, impotenza tale da averlo spinto a ribaltare completamente quel rapporto che non era, e non poteva ancora essere, “di potere”. Allora era solo la natura, la biologia che faceva il suo lavoro. La riproduzione era ancora sessualità genitale riproduttiva abbastanza alla pari. Non c’era il positivo e il negativo, il conquistatore e la conquistata. Il problema era la gestazione, il parto e quello che facevano le femmine “dopo”. Il loro inequivocabile potere sulla nascita e sopravvivenza dei piccoli e dunque sul destino della specie.

E da quelle caverne, abituri, capanne, palafitte, dimore, case, manieri (pensate fino ai nostri grattacieli) parte la divisione dei ruoli femminile e maschile, l’esclusione delle donne e l’identificazione della{{ donna-natura-corpo-materia-merce}}, i sentimenti, il privato e l’uomo pensiero-parola-razionalità-scienza-storia-politica, il pubblico.
Le donne a rigovernare e gli uomini a governare (governare è meglio che fottere, dicono loro, ma le donne non hanno mai pensato che pulire sia meglio che fare l’amore, chissà perché) e tutti e due i sessi a “interiorizzare” così bene la ruolizzazione da credere di averla nel dna, che sia stata cioè la natura a decidere per loro.

E il mondo umano prende {{la forma-prigione dei dualismi }} U/D, Mente/Corpo, Storia/Biologia, Sentimento/Razionalità, veicolati dal Linguaggio falsamente e ipocritamente spacciato per Neutro, nel senso che il maschile comprende il femminile. (Avete mai provato a chiamare “bambine” un gruppetto di 8 bambine e 2 bambini?).

E {{la Storia è andata avanti ma “raccontata” dal sesso pensante e parlante,}} dal sesso che rimuove la propria “fragilità e dipendenza iniziale”, terrorizzato dal potere femminile fino a prendersi una specie di rivincita, di vendetta e conquistare un potere basato sull’inimicizia e il disprezzo per le donne. Il tutto non potendone fare a meno, vivendole essenziali per la riproduzione e desiderandole nella sessualità e nell’amore.

E intanto andava avanti anche la storia della sessualità. E quella femminile faceva passi da gigante.

Pian piano le donne si accorgevano che potevano {{rompere il ferreo cerchio fertilità-piacere orgasmico}} e che quest’ultimo aveva vari e inusitati luoghi in cui annidarsi senza che la loro felice scoperta e frequentazione procurasse gravidanze indesiderate.

La sessualità maschile, per quello che se ne può sapere visto che non ne parlano mai (o quantomeno non ne fanno tema di analisi politica ), rimaneva un po’ indietro in questa piacevole evoluzione che poteva rendere la specie umana meno schiava del meccanismo escogitato dalla natura per la riproduzione. Per il maschio però sembra che l’imprinting riproduttivo resti legato a quello della “natura”, cioè viaggi ancora sul binario erezione-penetrazione-piacere-orgasmico-eiaculazione-fecondante. Il primo massimo piacere, l’amore sessuale, l’erotismo genitale posto al centro, al fondamento della vita stessa. (Freud).

Ma queste fasi della sessualità maschile sembrano così legate e fissative da rimanere quasi identiche a quelle riproduttive dell’homo erectus. Altrimenti non si spiega come possa essere possibile che l’uomo provi piacere praticando, in un rapporto d’amore con una donna, la stessa sessualità che usa per stuprare e straziare la donna del nemico in guerra (dalle Sabine alle Bosniache).

Certo a volte si creano {{strani, inestricabili incastri e spostamenti di ruoli da una casella all’altra della griglia normativa imposta dal maschile}}. Se il corpo materno impaurisce perché ti fa figlio, dal suo buio caldo che pure vorresti ritrovare (reinfetazione), allora ti inventi un altro corpo di donna da desiderare, se-ducente, corpo da comprare e possedere, corpo desiderato ossessivamente, corpo di schiava adorante…….allora è facile poi il passaggio che rende l’uomo schiavo di una schiava (achille e briseide?).

{{Ma come è potuto accadere?}}
_ Non smetterò mai di chiedermi, e di chiedere a voi, se questo tarlo vi ha assillate, cosa avete studiato e capito, quali analisi e risposte vi siete date. Certamente illuminanti. Lo so.

{{Lea}} ha dato un contributo enorme con questo suo libro. Eppure con tutta l’onestà e la profondità che ha messo in campo, non mi pare che si sia data una risposta chiara su questo punto.
I verbi usati in tutto il lavoro sono: escludere, relegare, sottomettere, confinare, dominare, svilire, inferiorizzare, costringere. Tutti significano, si riferiscono a un’azione violenta, a un uso della forza di un soggetto su un altro. A un esercizio di potere, del potere maschile sulle donne.

Allora{{ nasce tutto dalla forza, dalla costrizione fisica}}? attenzione: la donna delle caverne trascinata per i capelli dal maschio con la clava arriva solo nella vignettistica dell’800, ci dicono i paleontologi.
{{oppure da parte delle donne….}} (è terreno difficile, lo so, scivoloso, ambiguo. Un azzardo lo capisco, o forse solo un’intuizione). E’ stata una riflessione, una scelta utilitaristica, sapiente? Una decisione pensata con il corpo? Una specie di primordiale co-gestione?
Ma poi come si e’ arrivati all’inferiorizzazione, allo svilimento, alla negazione di esistenza e di liberta’, al dominio incontrastato? Perche’ e come lo abbiamo permesso, sopportato per secoli?

Siamo nel 2011 {{il pensiero, i corpi e la libertà femminile abitano il mondo}} (non sempre e non tutto, ma è accaduto “l’imprevisto” nella storia umana) posso rivolgermi e rivolgervi, con la sicurezza e serenità che questo accadimento mi dà, la domanda che sta spesso rintanata nella mia testa e nella mia pancia?

Si puo’ cercare, trovare, immaginare una qualche assunzione di decisione, di scelta di responsabilita’ delle donne in quel processo di divisione?
oppure puo’ affondare fin li’ la nostra reticenza a svelare, a nominare, l’eventuale responsabilita’? che a questo punto mi piacerebbe quasi rivendicare per uscire una volta per tutte dal “destino di vittima sacrificale”.

{{Posso domandarlo senza scandalo o ipocrisie?}} senza risponderci subito:
_ 1) Nooo le donne sono state costrette con la forza fisica dal maschio fin dall’inizio e poi tutto è venuto di conseguenza (fino a oggi? allora ci vorranno altri 2 o 3mila anni per vedere qualche cambiamento)
_ 2) oddio, eccone un’altra che colpevolizza le donne!!!

{{Vi dico di me.}}
_ Le risposte che nel corso di questi anni cercavo di ipotizzare, dipendevano dal periodo e dallo stato dell’umore.
_ Nei {{periodi di riflusso del movimento e di mia depressione personale e/o politica }} mi assaliva un dubbio (straziandomi): ma le donne saranno inferiori veramente? ma avranno nel dna qualcosa che non va, che le ha tenute in condizioni insopportabili ma che continuano a sopportare dalla preistoria, dal medio evo, dall’800 ad oggi? (con {{Edda Billi}}, quando proprio volevamo farci del male, lo chiamavano {{il dna della serva-schiava}}, “sennò un si spiega”diceva) hanno subito per paura? oppure saranno state tutte masochiste? cosa ha impedito loro di dire BASTA, di farla finita? o di rispondere finalmente alla guerra con la guerra? cosa le ha legate? cosa ha impedito loro di reagire e conquistare la libertà? cosa hanno pensato di sé e quale è stato il limite di sopportazione che si sono date?
_ Nei {{giorni più ottimisti}}, lasciavo fare al corpo, alla pancia e con saggezza mi rispondevo: certo all’inizio della storia è stato necessario rimanere, era sempre incinta, stava nella caverna ad allattare ed occuparsi del cibo e del fuoco, mentre il maschio poteva muoversi più rapidamente e uscire a procurare il cibo anche lottando per la sua conquista. E poi……..le donne hanno inventato il focolare, l’agricoltura, il linguaggio, si prendono cura dei corpi e forse hanno scelto, deciso che sarebbe stato più sano, più utile e più piacevole stare lì invece che costruire piramidi, andare in miniera, in fabbrica, in guerra a uccidere e morire.

Forse le ha legate{{ un cordone, reale e simbolico, con i figli nati da sé.}} Cordone eterno, inscindibile, pena la caduta di ambedue nell’indistinto degli esseri viventi e non più umani??
Uomini amati forse non fino alla negazione di se stessa (il femminismo non avrebbe potuto avere luogo e parola) ma alla condanna di un perdono, anch’esso eterno, per l’odio che dimostrano loro in mille modi (e che dicono trattarsi di amore). Perdono come si fa con i bambini e le loro malefatte? Oppure perdono anche per se stesse e per quel cordone che ci fa il passo sempre più corto e che non ci decidiamo a tagliare?

Forse {{da qualche parte, non detto, non nominato, c’è stato quasi un patto, un contratto}}, che è stato, come dire, rispettato, onorato, quasi garantito dalla natura che non ha i concetti di inferiore e superiore, buono-cattivo. La natura E’, si muove, vive con leggi che non hanno nulla a che fare con le categorie che gli umani tentano di affibbiarle. ({{Chissà, invece, chi ha inventato “natura matrigna” ?}}) Questa specie di co-gestione fino a un certo punto deve aver funzionato. Poi qualcosa deve aver rotto l’equilibrio, la simmetria, forse l’armonia. E quel contratto-non-detto-non-scritto è costato caro alle donne che l’hanno impugnato per prime.

Man mano che si andava delineando l’unica e assoluta certezza della discendenza materna (una genealogia femminile?) il maschio ha rilevato definitivamente la sua insanabile disparità nel processo generativo, fino a viverlo come “l’insostenibile potere del corpo femminile”. Ma{{ l’Amore già c’era….. non restava che bilanciarlo con la Violenza della guerra al soggetto che tanto lo turbava.
}}

Nella storia ci sono state Rivoluzioni borghesi, industriali, proletarie. Si deve arrivare alla seconda metà del 900 per vedere la Rivoluzione del femminismo. La prima e unica riflessione, e pratica politica, che partendo dalla radice della “condizione femminile” affrontasse il “{{fattore molesto}}” delle civiltà, la divisione dei ruoli sessuali, l’inferiorizzazione, l’esclusione delle donne dalla vita pubblica e il conflitto tra i sessi caratteristica solo della specie umana.
E’ vero che è stata l’unica rivoluzione che non ha fatto morti…….. ma qualche ferita grave l’abbiamo procurata. E abbiamo avuto anche qualche triste episodio di fuoco amico.

{{Il Femminismo ha cominciato a riscattare il corpo dal buio}}, dal privato, dall’oggettivizzazione e dai triti dualismi materno/vizioso, puttane/madonne, bello/brutto, magro/obeso, privato/pubblico.
Lo ha messo al centro della scena, lo ha portato in piazza, riportandolo all’attenzione dell’universo mondo sotto una luce nuova. Si muove libero da lacci materiali (saltano i reggiseni) e simbolici (i dover essere). Esprime gioia, creatività, libertà, intelligenza e forza. Il dato nuovo: la bellezza e la forza insieme. Ed ecco i{{l corpo della Barbarella di Jane Fonda, la comandante di Alien Sigurney Weaver, Wonder Woman o Lara Croft di Angelina Jolie.}} C’erano già state: le {{M.me Curie, Indira Gandhi, Golda Meir e Margareth Tatcher}} ma erano quasi {{entità senza corpo}}. Ora entra in scena il corpo pensante, corpo esperienza, corpo sessuato, corpo plurale, finalmente intero, è il corpo del femminismo, è il “corpo politico”.

La sintesi “il corpo (l’utero) è mio e lo gestisco io”. Afferma: {{Io sono il mio corpo}}. Le donne sanno che sono corpo, perché sono corpo-che-dà-corpo, perché sanno che{{ il corpo sa, pensa, decide}}.

E’ l’esplosione della scoperta, della riappropriazione, del sapersi, del guardarsi, del narrarsi da sé. Del dire di sé, per sé, da sé. Fuori dallo sguardo dell’altro. E ancora: “ il personale e’ politico” è stata la nostra rivoluzione copernicana. {{Quello che succede a una persona-donna nel privato è cosa che riguarda la politica tutta e svela e mette in rilievo il conflitto tra i sessi.}}

Non stiamo qui a ricordare la banalizzazione e lo scempio della vulgata della “femminista che odia i maschi”. Ecco: {{il conflitto tra i sessi (che è poi la guerra di “un” sesso all’altro),}} questo campo è rimasto sempre monco. Noi abbiamo indagato la nostra sessualità, tentato di riandare alle radici della nostra identità per smascherarne l’interiorizzazione dei modelli maschili ( o quanta emancipazione di destra abbiamo favorito!!!!).

Abbiamo fatto {{autocoscienza}} e prodotto pensiero e pratiche politiche che lo portassero alla luce e nell’agenda della politica.

Ma la politica è incarnata in corpi maschili, nei loro immaginari, si fonda sulla loro cultura , sulla loro scienza e sul loro desiderio. E’ quasi ininfluente che a volte siano anche corpi femminili. Guardate come cercano di camuffarsi bene {{Hillary Clinton e Angela Merkel nelle loro striminzite giacchette dei tailleurs con il pantalone maschile regolarmente con la riga}}, però con quel che di corto per far vedere la scarpa serissima con un poco di tacco.

Noi donne abbiamo fatto la nostra parte di “pensiero e azione” e continueremo a farla. Perché questo mondo è abbastanza invivibile da richiederne il cambiamento. Sappiamo che l’unica cosa che paga – per le donne – è la radicalità,{{ l’andare alla radice}}. E continueremo perciò a smascherare e a denunciare i falsi cambiamenti e le false rivoluzioni, i tentativi di usarci nelle loro guerre fratricide, (visto come abbiamo ridotto il patriarcato) e le chiamate ad uscire dal silenzio (a noi?) e le richieste di sdegno a comando.

Ma {{se gli uomini non si decideranno a far la loro parte,}} riconoscendo che il conflitto parte da loro e dalla loro sessualità e non metteranno in discussione se stessi e la loro concezione del potere, temo che il compito diventerà ancora più difficile di quanto non sia stato finora. E’ stato difficile per noi non saperci e non viverci più “vittime”……. per loro deve essere doloroso e difficile (e per i democratici quasi impossibile) guardare il faccia il “carnefice” che fonda inequivocabilmete la loro identità.

Ma basterebbe poco: {{guardarsi allo specchio e volersi di nuovo umani}}: fragili, dipendenti, impauriti come siamo tutte/i noi nell’universo.

{Intervento svolto in occasione della presentazione del libro alla Casa Internazionale delle Donne (Roma, 11 maggio 2011)}

{{Lea Melandri}}, {Amore e violenza.Il fattore molesto della civiltà}. Bollati Boringhieri ed., 2011, pp.145, €15,00