Se le leggi non ci hanno mai riguardate è pur vero che oggi queste si consumano fino in fondo sui nostri corpi, ci usano come ci usa il neoliberismo. Un appello ad una presa di posizione diretta rispetto ai meccanismi di strumentalizzazione dei nostri corpi.

Paestum non è stata uguale per tutte.

L’indizione originaria, mirata in primo luogo a costruire un dialogo costruttivo tra femminismi diversi, situati in parole e pratiche diverse, ha fatto emergere lo iato che intercorre tra una presa di parola politica più spostata su ciò che accade fuori di noi e una presa di parola tesa a consolidare la pratica di relazione tra donne.

Se è vero che il conflitto finale per alcune è stato un “colpo di spugna”, per molte altre è stato un far emergere la contraddizione, probabilmente troppo assopita nelle plenarie, con qualche punta di conflitto più esplicito nei tavoli.

Al di là del conflitto vorremmo continuare la discussione e vorremmo anche rilanciare il nostro desiderio, il nostro bisogno, di non far cadere nel nulla l’esigenza di molte, seppure non di tutte, di prendere parola pubblica sul decreto femminicidio.

Se le leggi non ci hanno mai riguardate è pur vero che oggi queste si consumano fino in fondo sui nostri corpi, ci usano come ci usa il neoliberismo.

Pertanto, come venuto fuori anche in chiusa dell’assemblea, pubblichiamo qui {{un appello}} a cui chiediamo di aderire come singole, per continuare lungo questo crinale di presa di posizione diretta rispetto ai meccanismi di strumentalizzazione dei nostri corpi. Il decreto 93/2013 in discussione in questi giorni in Parlamento per la conversione in legge, inserisce norme di contrasto al femminicidio con una forte impronta secutitaria in un pacchetto in cui si dichiara la donna come un “soggetto debole” da proteggere anche da se stessa, tanto da toglierle il diritto di autodeterminazione compresa la possibilità di revocare la querela, e dando maggior potere al sistema di controllo poliziesco.

Per questo qui diciamo che tutto ciò, viene fatto non nel nome delle donne, appunto “Non in mio nome”.

Adesioni

(oltre al blog di Paestum, aspettiamo la vostra email con nome, cognome e decreto femminicidio: “Non in mio nome” all’indirizzo di posta elettronica noinmionome@gmail.com)