Ricevo molti inviti a prendere parte a iniziative volte a costituire un “nuovo soggetto politico” non renziano ecc.ecc. Condivido questo proposito, ma osservo che si tratta, più o meno dichiaratamente, di fare il partito dei comunisti e delle comuniste (quasi sempre dimenticate, trascurate, anche se siamo la maggioranza stabile del proletariato mondiale). Amen!

Dunque dichiaro subito che non da oggi ho affermato che il partito è uno strumento che non può essere usato in una società complessa e che bisogna trovare nuove forme della politica. L’ho detto fino alla noia, a cominciare da una proposta che avanzai e fu un po’ discussa sul “manifesto” appena incominciò -decenni fa- il dibattitto sulla “partitocrazia”. Siccome non ho ricevuto nè risposte nè obiezioni significative, ripeto che non prenderò parte ad alcuna delle molte iniziative previste per il 70° anniversario della Resistenza, per la osservanza della Costituzione, per l’antifascismo e continuo la mia solitaria lotta, sperando che si ritenga degna di risposta anche la voglia di teoria politica espressa da una donna. Va bene che il titolo di teorica del marxismo non viene ricosciuto nemmeno a Rosa Luxemburg, preferendo lodare il suo martirio, ma io sono poco incline ad esso e preferirei che si muovessero obiezioni fondate alle mie proposte: sono cocciuta e se sbatto la testa contro un muro, si rompe il muro e non la testa.

La seconda dichiarazione che rendo è che per fare della nostra amata Costituzione un testo venerabile, una modifica bisogna assolutamente fare ed è l’abrogazione dell’art. 7: non si può dichiarare laico un paese che tratta i diritti della libertà religiosa per la confessione maggiormente praticata in Italia, in un trattato internazionale inserito nella Costituzione, sicchè un altro stato può osservare criticare decidere ecc. per le cattoliche e i cattolici. Non si può dire che la Repubblica italiana sia costituzionalmente uno stato laico.

E torniamo al partito, uno dei capolavori del pensiero politico, ma non ” una forma ideale eterna”, bensì uno straordinario strumento di azione. Per agire bisogna sapere dove si è: siamo dunque -così pare a me – a una crisi strutturale e globale del capitalismo, secondo me anche finale. La domanda cui bisogna cercare risposta è “dobbiamo uscire dalla crisi o dal capitalismo in crisi?” la domanda non è mia, che però la assumo citando, bensì di Samir Amin che anche lui non smette di ripeterla aggiungendo elementi di analisi. Molto pregevole il testo sul fascismo rinascente nel tardo capitalismo .

Pensando a tutto ciò e ad altro ancora proposi che ci si mettesse a costruire un “sistema pattizio tra forme politiche”, elencando le questioni che raggiungono l’orizzonte generale della politica e pattuendo con convenzioni ecc.: riesporrò pian piano il tutto e vi prego di aiutarmi ad alimentare il dibattito, mandando questo testo e i successivi anche ad altre liste o gruppi di vostra conoscenza. Grazie, il seguito a presto

dalla mailinglist “lidia menapace”