Nel 2015, la Women’s International League for Peace and Freedom (Wilpf), compirà cent’anni, e se li porta benissimo, con un profluvio d’iniziative internazionali di cui andrebbero fiere le più di mille donne di vari paesi d’Europa e d’America che la fondarono il 28 aprile del 1915, all’Aja, durante il Congresso internazionale che s’opponeva ai venti di guerra della Prima Guerra mondiale. Durante il ‘secolo breve’ che tra le tante innovazioni ha contato la bomba atomica, la [Wilpf->http://wilpfitalia.wordpress.com/chi-siamo/] – la prima delle organizzazioni internazionali di donne per la Pace e la Libertà – è cresciuta di numero e di autorevolezza, unica organizzazione non governativa di donne con lo status consultivo presso l’Onu e dunque con rappresentanza permanente presso Ecosoc, Unicef, Unesco, Fao, Oil, sede internazionale a Ginevra, due uffici internazionali (Ginevra e New York), e molte sedi nazionali.

In cent’anni, il binomio Pace e Libertà ha ispirato molti programmi (i tre attuali riguardano i diritti umani, il disarmo, l’Agenda Women e Peace and Security), sempre affrontati con un ‘approccio integrato’, “l’unico possibile per indirizzare le questioni relative alla differenza di genere, elemento chiave per la costruzione di una pace equa e sostenibile.”

Tipica della Wilpf, e contributo alla sua longevità, è stata l’adesione di donne molto diverse per provenienza ed esperienze, tendenze politiche e filosofiche, che fino a oggi non hanno smesso di analizzare, divulgare e concorrere ad abolire le cause politiche, sociali, economiche e psicologiche della guerra; a lavorare per la pace nella giustizia sociale, per il disarmo, i diritti umani, i diritti dei bambini e delle donne. Non a caso, la coordinatrice del convegno, {{Antonia Sani}}, responsabile della Wilpf-Italia (che, dal 1989, ha un proprio statuto), è anche coordinatrice dell’Associazione Nazionale per la Scuola della Repubblica, co-presidente dell’Associazione federativa femminista internazionale (Affi) con sede nella Casa internazionale delle donne di cui la Wilpf ha partecipato all’iter costitutivo.

Tre socie Wilpf hanno ricevuto il Premio Nobel, due per la Pace ([Jane Addams->http://it.wikipedia.org/wiki/Jane_Addams], 1931, [Emily Green Balch->http://it.wikipedia.org/wiki/Emily_Greene_Balch], 1946) e una per la medicina ([Rita Levi Montalcini->http://it.wikipedia.org/wiki/Rita_Levi-Montalcini]).

Dopo la sottolineatura del particolare impegno delle socie italiane verso le popolazioni in via di sviluppo oppresse da conflitti armati e dalle disuguaglianze socio-economiche, l’educazione per la Pace e l’intercultura, la democratizzazione dell’Onu, il diritto alla sovranità alimentare, è giunto il ricordo per [Rosa Genoni->http://it.wikipedia.org/wiki/Rosa_Genoni], unica italiana tra le ‘madri costituenti’ il Comitato Internazionale delle Donne per la Pace e la Libertà all’Aja (1915) poi Wilpf (1919), e per [Teresa Mattei->http://it.wikipedia.org/wiki/Teresa_Mattei], ‘madre costituente’ della Repubblica (liste del Pci) e della Wilpf-Italia.

{{Viola Giuliano}}, della Wilpf international, che dalla sede di Ginevra segue il “programma disarmo”, [Reaching Critical Will->http://www.reachingcriticalwill.org/] (Rcw), e la celebrazione del centenario, ha affrontato l’argomento della messa al bando delle armi nucleari, al centro del convegno romano del 20 giugno promosso da Wilpf-Italia e da Loc, ricordando che la costitutiva opposizione della Wilpf alle tradizionali dottrine militari e al ricorso alla guerra, trova oggi un preciso rimando negli sforzi messi in campo per l’abolizione delle armi nucleari che “non possono essere considerate dei deterrenti nè una garanzia della sicurezza nazionale e della stabilità internazionale.”

Armi di una potenza devastante “che sembrano ispirare ammirazione, invece che disgusto e che oggi possono essere affrontate da un’angolazione nuova, quella umanitaria, che ha già dato buoni risultati nelle precedenti campagne contro le mine antiuomo, le munizioni a grappolo e le armi chimiche.” (V. G.) La narrazione fantastica sulle armi nucleari “va decostruita per evidenziare la loro potenzialità letale e mettere sotto gli occhi del mondo le conseguenze concrete di una loro esplosione dovuta a folli decisioni politiche di pochi, errori o involontarietà (ndr. come ammise J. F. Kennedy)” (V. G.).

L’impatto effettivo di quelle armi è tale da sconvolgere, a breve e a lungo termine, ogni ambito della vita, della salute, della riproduzione, delle attività umane, e non solo. Occorre affrontare questioni vitali come lo sviluppo, la povertà e la fame.”
Una sola esplosione in un solo Paese coinvolgerebbe un’area ben più vasta dei suoi confini e le conseguenze non sarebbero parabili da un singolo Stato o da una singola organizzazione umanitaria. Alla morte e alla distruzione, seguirebbero l’interruzione della fornitura di cibo, di beni e di petrolio, il crollo dell’economia locale, malattie, migrazioni coatte o forzate.
Se l’arma nucleare non discrimina tra sessi, età, stati sociali e di salute, le sue conseguenze sarebbero inevitabilmente sproporzionate per le comunità più vulnerabili del globo.

La prospettiva umanitaria sembra favorire l’empatia verso un tema che ha sempre creato molte diffidenze ed è stato demandato spesso all’ambito tecnico-logistico. L’attuale rilancio del tentativo di messa al bando del nucleare, per motivi prioritariamente umanitari, ha già ottenuto lo sblocco del dibattito sul nucleare; la fuoriuscita dagli ambienti ristretti degli addetti ai lavori; l’aumento del senso di una responsabilità corale che chi sostiene la richiesta della messa al bando delle armi nucleari per scongiurare un pericolo globale.

Tra gli obiettivi della Wilpf, c’è la negoziazione di un Bando che, al contrario delle obiezioni correnti, “non indebolirebbe ma rafforzerebbe il Trattato di non proliferazione nucleare risultato lacunoso e/o inefficace, specie rispetto all’art. VI (l’unico ad avere un valore vincolante). Un Bando “non alternativo ma complementare al Tnp per rendere illegali le armi nucleari e scoraggiarne l’acquisizione e/o la moltiplicarle.
Nell’elenco delle motivazioni (sito Rcw, Preventing collapse: the NPT and a ban on nuclear weapons), compare quella che l’Italia “non possa chiamarsi fuori dalla negoziazione con la scusa dei pregressi impegni con la Nato, anche se è chiaro che il Bando avrebbe delle implicazioni per l’alleanza Nord-Atlantica, con particolare riferimento alle politiche degli Stati circa hosting e pianificazione.

Tuttavia, alcuni Stati membri della Nato (es. Spagna, Danimarca, Norvegia), hanno sviluppato politiche nazionali che non consentono il dispiegamento di armi nucleari sul loro territorio. Non vi è motivo di credere che vietare le armi nucleari impedirebbe all’Italia di cooperare militarmente con gli alleati della Nato. Tanto più che i riferimenti alle armi nucleari all’interno delle dottrine di sicurezza della Nato trovano spazio in policy documents, come il Concetto strategico, che non costituiscono alcun ostacolo giuridico.”

La Wilpf-Italia ha perciò promosso, sotto l’ombrello dell’[International campaign to abolisch nuclear weapons->http://www.icanw.org/] (Ican) una campagna internazionale e, insieme alla Loc, l’Appello al Governo italiano ‘[Esigiamo il disarmo nucleare totale->http://wilpfitalia.wordpress.com/]’, ispirato al monito dei due pacifisti {{Stéphan Hessel}} ed {{Albert Jacquard}}, sulla “responsabilità della nostra generazione di impedire un crimine immenso, irreparabile, assoluto”.

Non ci resta che aspettare, come primo appuntamento, il 26 settembre, Giornata Onu per il Disarmo e augurare, con largo anticipo, alla Wilpf, un buon centenario che festeggerà a The Hague, dove la Lega è nata, in Olanda.