E’ domenica e sono appena tornata dal meeting internazionale di Blockupy Frankfurt organizzato da varie realtà europee dal 17 al 19 maggio nel cuore della finanza europea, Francoforte, sede della Banca Centrale Europea. Il mio zaino ancora pieno e sporco di terra mi guarda dal muro bianco del salotto. Inizio a svuotarlo e subito una nuvola di polvere si sparge per la stanza immergendola in un’atmosfera tedesca.
_L’obiettivo era quello di bloccare per tre giorni le arterie principali della città fermando di fatto le attività economiche e finanziarie della BCE e delle principali banche tedesche.

{{Andiamo a Francoforte}}

Il programma comprendeva assemblee e {acampadas} nelle piazze con {workshop} e momenti di condivisione politica e culturale a veri e propri blocchi stradali, {blitz} e {flash mob} in giro per le strade per terminare infine con un grande corteo generale che andasse ad assediare la {city} finanziaria. Filosofi, intellettuali tedeschi e attivisti stranieri come Michael Hardt avrebbero arricchito la tre giorni con dibattiti e riflessioni sulla fase di crisi politica ed economica che stiamo vivendo. Nel corso dell’ultima settimana le autorità tedesche hanno deciso però di sgomberare i presidi che già occupavano le piazze principali della città dichiarando illegali le manifestazioni cittadine dal 16 al 18 maggio e permettendo invece il corteo finale di sabato.
Partiamo da Roma mercoledì 16 maggio, ci aspettano almeno dodici ore di pullman. Lasciamo piazzale del Verano sotto un cielo bianco alla volta della fredda Francoforte. Durante la notte e all’alba di giovedì ci arriva la notizia che un folto gruppo di attivisti berlinesi è stato fermato dalla polizia tedesca che li ha prima perquisiti e poi arrestati con l’obiettivo di rimandarli indietro, scopriamo in seguito che lo stesso gruppo è stato poi rilasciato e nuovamente accerchiato in un paesino alle periferie di Francoforte. I berlinesi riusciranno in seguito a raggiungere la città in una lunga camminata notturna. Il termine Daspo, tanto sbandierato in Italia da ministri e tutori dell’ordine negli stadi e nelle piazze studentesche, inizia a circolare per il nostro pullman e subito ci rendiamo conto che il {meeting} internazionale di {Blockupy} si trasformerà presto in una tre giorni di semplice assenza di diritti e libertà di movimento.
La {Polizei} infatti inizierà a fermare ed arrestare ragazzi e ragazze in modo totalmente arbitrario imponendo fermi che vanno dalle due ore fino ad un massimo di novantaquattro. Il reato è quello di manifestazione non autorizzata e viene punito o con un provvedimento che vieta la libertà di movimento in certe zone della città per un determinato lasso di tempo (equivalente del Daspo) o con il foglio di via dal centro di Francoforte (la cui zona rossa cambia nel giro di poche ore) ed infine con la detenzione in carcere fino al processo per direttissima.
Verso le undici della mattina di giovedì 17 ci fermiamo in un autogrill tedesco e mentre diamo da mangiare ai cigni di un laghetto vicino capiamo che da lì in poi dovremo percorrere strade secondarie, la polizia di tutti i {Land} tedeschi è stata chiamata a raccolta dal sindaco francofortese e sta girando per le autostrade di tutta la Germania. Corriamo il rischio di essere fermati ed arrestati. Così verso le quattro del pomeriggio varchiamo le soglie della città e arriviamo al campeggio: non era affatto scontato.
Contemporaneamente al nostro lungo viaggio migliaia di persone intente a bloccare piazze e strade sono state a loro volta bloccate dalla polizia e circa duecento sono state arrestate. Sappiamo da alcuni compagni che 77 attivisti italiani che già si trovavano su territorio tedesco sono fra queste. Montiamo le tende. La notte passa tranquilla e umida.

{{Le regole del gioco}}

La mattina del venerdì ci vengono spiegate le regole del gioco: in Germania la {kefiah} o gli occhialini da nuoto (usati ad esempio dai Notav per proteggersi gli occhi dai gas CS) sono considerati armi bianche, anche una semplice sciarpa atta a coprire il viso può provocare un fermo o un arresto. Infine a Francoforte in questi giorni un assembramento di più di cinque persone è giudicato sospetto dalle autorità. Il gioco si chiama nascondino e non esiste la tana libera tutti.
Ligi alle norme di comportamento partiamo dal campeggio in piccoli gruppi e prendiamo la metro scintillante e puntualissima diretti verso il cuore della bestia. Lo spettacolo è impressionante. La città è deserta e dagli angoli delle vie e davanti alle chiese bianche e gotiche stanno migliaia e migliaia di blindati e volanti. Il quotidiano tran tran cittadino è stato interrotto da una vera e propria militarizzazione della città, non ci sono persone in giro, l’aria è cristallizzata, i grattacieli di vetro della finanza europea ci spiano ridacchiando dall’alto.
L’appuntamento generale con tutte le altre realtà è alla sede del sindacato sul lungo fiume. Dividendoci in coppie e assumendo un’aria candida e scanzonata ci incamminiamo, un po’ divertiti e molto abbrutiti. I biondi e imponenti poliziotti ci scrutano da molto vicino e ci guardano passare. Avranno circa la nostra età, tra loro anche moltissime ragazze, ingoio a forza un pensiero forse ingenuo che dice più o meno così: “come si fa a scegliere di diventare un poliziotto essendo donna?”.
Il lungo fiume ci accoglie con i suoi ponti moderni e i suoi prati verdi e puliti, mi affaccio alla balaustra di pietra bianca e liscia del viale e scorgo dei ragazzi appoggiati agli alberi, sembrano stanchi; d’un tratto scorgo le maniche delle magliette arrotolate e le vene blu che luccicano nell’aria frizzante della mattina. Si stanno facendo di eroina.
Altri blindati ci attendono prima del luogo dell’appuntamento. Io e un altro ragazzo ci prendiamo mano nella mano e imitati da altri di noi a breve distanza ci avventuriamo tra le camionette. Forse se facciamo finta di essere fidanzati non ci fermeranno, questa almeno è l’idea. Entriamo nella sede del sindacato e dal vuoto algido e troppo ordinato della città mi sento invasa da un vortice disordinato di volantini in tedesco, profumo di burro fuso, ragazze dai capelli rossi che dormono per terra, cani pezzati e vecchi signori dai capelli bianchi. Siamo nel quartier generale di {Blockupy Franckfurt}, territorio neutrale in cui la polizia non può mettere piede, godiamo di una sorta di diritto di asilo, solo che questa non è una chiesa ma un sindacato.
Mangiamo a quattro palmenti le leccornie croccanti e burrose del ristorante popolare e siamo di nuovo in strada. Sappiamo che nel corso del pomeriggio ci saranno dei blocchi di piazze e vie e subito andiamo a vedere di che si tratta. Il percorso non è facile e men che meno breve. Ad ogni angolo o vicolo c’è un presidio di polizia e il suono delle sirene è incessante. Oscilliamo tra il giocare a guardie e ladri e l’essere consapevoli della totale anormalità della situazione. E’ infatti anomalo che per camminare per le strade delle persone si debbano dividere in coppie e far finta di essere fidanzate.
Proseguiamo e subito facciamo marcia indietro: la polizia ha chiuso la piazza in cui si stava svolgendo il blocco procedendo quindi ad identificare e fermare i vari manifestanti, alcuni di loro sono nudi e colorati di fucsia e azzurro, altri hanno dei tamburi e dei campanellini. Ci allontaniamo dalla city finanziaria e ci infiliamo nei vicoli del quartiere a luci rosse. Il panorama cambia e siamo travolti da decine di bazar, da bar sporchi e gocciolanti e da una visione impressionante: almeno cinquanta ragazzi e ragazze sono seduti sul marciapiede di un vicolo e da buste del {take away} giapponese e da borsette piene di cerniere e tracolle tirano fuori l’armamentario per farsi di {crack} ed eroina. Li scavalco guardando per terra, alzo gli occhi e vedo la BCE. Ci sarà forse una controversa connessione tra le scelte di vita di questi miei coetanei e la banca centrale europea? Continuo a camminare interrogandomi e di nuovo vengo risbattuta fuori dal vicolo, i grattacieli e le volanti sono ancora lì.
La giornata continua sempre uguale in un enorme gioco dell’oca fatto di Daspo, divieti e giri a vuoto per la città. Poi avviene l’assurdo. Sono circa le dieci di sera e dopo essere andati all’università occupata dai {Blockupy}, altro luogo di incontro e scambio politico, decidiamo di tornare al campeggio. Per una coincidenza affatto fortuita ci troviamo ad essere in almeno trenta persone alla fermata dell’autobus che doveva portarci al campeggio. Veniamo accerchiati dalla polizia che pretende di identificarci tutti. La situazione paradossale continua per circa quindici minuti per poi essere quietata da un evento eccezionale: l’arrivo dell’autobus. Le camionette si ritirano per non provocare un ritardo sulle linee dei mezzi pubblici. Ridiamo per non piangere pensando che se fossimo stati a Roma a questo punto eravamo già a Rebibbia considerati i ritardi epici dei tanti bus capitolini.
Tra una birra scura e spumosa, una doccia calda e una battuta sui fatti della giornata ci troviamo tutti in assemblea al campeggio. Il giorno dopo, sabato 19 maggio, faremo parte dello spezzone anti-capitalista del corteo e dietro di noi ci saranno i famigerati {black block}, quelli originali. L’obiettivo è assediare la {city} finanziaria opponendo resistenza alla polizia, saremo a mani nude e a volto scoperto. Andiamo a dormire in un’atmosfera un po’ ansiosa e un po’ curiosa.

{{Il corteo e ritorno}}

Un caldo raggio di sole ci accoglie scaldando gli animi e dopo un’occhiata furtiva allo zainetto con dentro acqua, documenti e due assorbenti mi aggrego agli altri alla volta della metro. Prima del concentramento in piazza stazione c’è un incontro con le altre realtà europee all’università. Ciò che noto di più è la padronanza dell’inglese e i blocchi pieni di appunti delle tre ragazze tedesche di {Interventionistische Linke} che dirigono l’assemblea. La discussione verte sul prossimo {meeting} internazionale, le mete proposte vanno da Roma a Madrid. E’ quasi mezzogiorno, è ora di andare.
La piazza è stracolma di gente, c’è il movimento anticapitalista francese Attac, la sinistra istituzionale tedesca di {Die Linke}, il gruppo spagnolo {Democracia real ya}, gruppi greci e realtà italiane dai centri sociali di Napoli fino al profondo nord est per finire con gli autonomi tedeschi di {Interventionistische linke} e altre decine di attivisti sciolti.
Formiamo i cordoni umani e tra una pacca sulla spalla e un coro No tav serpeggiamo tra la folla per collocarci nel corteo. Dietro di noi un ragazzo dall’accento tedesco intona bella ciao e noi lo seguiamo a ruota, un po’ di adrenalina si scioglie nelle ultime strofe della ballata e così partiamo. Il percorso è lungo circa tre km, da un lato abbiamo i grandi palazzi del lungo fiume, dall’altro un infinito cordone di polizia. L’acqua ci osserva placida e grigia e il brusio di almeno due elicotteri ci accompagna dall’alto. Sfruttando le braccia solide di un ragazzo di Pisa mi faccio issare sulla folla e scopro che siamo tantissimi, non si vede la coda! A pochi metri da noi scorgo la polizia che fa irruzione nel corteo per isolare il blocco nero. Lo accerchia da tutti i lati e lo accompagna per tutto il tragitto, come fosse impacchettato. Giriamo e ci inoltriamo piano piano tra i primi grattacieli di vetro e ferro della {city}. Le banche e le sedi delle assicurazioni ci scrutano dalle loro vetrine trasparenti. Una pioggia di merendine al cioccolato e di bottigliette d’acqua ci cade in testa: due vecchine gemelle vestite di rosso ci salutano dalla loro finestra alta e severa. Gridiamo “grazie, grazie” e continuiamo.
Un parco alla nostra sinistra ci suggerisce che siamo nei pressi della BCE. E poi eccola. L’enorme grattacielo tozzo e spesso ci fa arrestare. Circa 30 000 persone guardano il punto nevralgico della Troika, scatta un coro “Mario Draghi, stiamo arrivando!”. Inondiamo il parco e i vialetti che conducono all’entrata della banca e la occupiamo. Dopo giorni di divieti e fermi migliaia di persone si sdraiano, camminano, mangiano e vivono in libertà. Non c’è rigore o austerità che tengano.
Dopo un po’ decidiamo di abbandonare il presidio, la gente inizia a scemare e confluiamo nuovamente nel quartiere a luci rosse. Alla mia destra quattro ragazze tondeggianti stanno affacciate alla finestra e guardano i miei compagni con aria ammiccante. Sono {sex workers} e quel palazzo rosa da cui si affacciano è un bordello. Le salutiamo torniamo in campeggio pronti a ripartire.
Francoforte in questi ultimi giorni è stata l’espressione di quella che Weber chiamava il “monopolio della violenza legittima” tramite un dispiegamento di polizia senza precedenti atto a vietare e limitare la libertà di espressione e di movimento di migliaia di persone. La socialdemocrazia tedesca, tanto invidiata per il suo progresso economico e per il suo livello di rispetto dei diritti civili dell’individuo, ha mostrato negli ultimi giorni la sua vera natura. La BCE guarda dall’alto la città, le strade profumano di pulito e i miei coetanei e coetanee si fanno di eroina. Le uniche terre franche di questa città sono il sindacato, l’università e il quartiere del sesso e dello sballo. Ognuna delle tre è l’espressione di un’evasione, il punto sta nel capire quale sia funzionale o no al sistema divino della banca e della governance internazionale e quale invece può suggerire un’alternativa.
Rientriamo in Italia e scendendo verso Roma la polizia ci ferma per chiederci se siamo un pullman di tifosi. Stasera all’Olimpico si gioca Juventus Napoli. Ci lasciano passare.

Zoe Vicentini