tessuto per l’abito delfo

Ieri 4 ottobre si è aperta  al Palais Galliera – Musée de la Modede la Villede Paris – la mostra Fortuny. Un Espagnol à Venise a cura di Sophie Grossiord e realizzata con la partecipazione  della Fondazione Musei Civici di Venezia – Museo Fortuny e il Museo del Traje di Madrid.

Gli abiti e i  tessuti creati da Mariano Fortuny sono al centro della  retrospettiva fino al 7 gennaio 2018.

L’esposizione presenta duecentocinquanta opere – di cui oltre centocinquanta provenienti dalle collezioni della Fondazione Muve – che raccontano la grande varietà d’ispirazione e produzione del geniale ed eclettico artista spagnolo nel campo della moda e della produzione di tessuti d’arredo, inventore nel 1909 del celebre e raffinatissimo abito Delphos, quintessenza della sua straordinaria inventiva.

In particolare sono 95 i pezzi che provengono da Palazzo Fortuny – tra dipinti, fotografie, documenti, libri, disegni, matrici e prove di stampa abiti, spille e velluti di seta stampati – cui si aggiungono 3 incisioni e 1 dipinto (Autoritratto di Mariano Fortuny) da Ca’ Pesaro e 2 tessuti antichi da Palazzo Mocenigo.

autoritratto di Mariano Fortuny

Oltre a ciò, sempre dalle collezioni Muve, giungono a Parigi 59 fotografie moderne, stampe a inchiostro eseguite a partire da negativi originali dell’archivio privato di Mariano Fortuny tramite un intervento di digitalizzazione e restauro virtuale e 3 proiezioni video  realizzate con immagini provenienti sempre dall’archivio dell’artista.

La mostra ‘immerge’ letteralmente ichi la visita  nell’eleganza senza tempo dell’arte tessile di Fortuny, ispiratasi all’ellenismo, molto in voga nel primo Novecento, ma permeata anche di influenze bizantine, rinascimentali e orientali, come testimoniano le straordinarie creazioni di abiti in velluto di seta che tanto ‘ammaliarono’ le donne della sua epoca: dalla Marchesa Casati alla Contessa Greffulhe, da Eleonora Duse a Isadora Duncan, da Peggy Guggenheim a Oona Chaplin.

La mostra è accompagnata da un raffinato catalogo curato da Sophie Grossiord (Éditions Paris Museés, 2017).