Corpo e anima, ultimo lungometraggio della regista e sceneggiatrice ungherese Ildikó Enyedi, racconta l’originale storia d’amore di Endre e Mária. La cornice dell’incontro dei due protagonisti è un mattatoio con i corpi ridotti a carne, il sangue che esce a fiotti, le mani degli operai che squartano, sventrano, svuotano, cancellano ogni traccia di vita. Endre e Mária sono due persone piene di inibizioni. Endre (Morcsányi Géza), direttore finanziario del mattatoio, è un uomo menomato al braccio sinistro, ha una vita solitaria nonostante la presenza di una figlia -quindi di un passato amoroso- e teme ogni coinvolgimento affettivo. Mária (Alexandra Borbély) è l’addetta al controllo della qualità delle carni del mattatoio, una donna piena di ossessioni che evita il contatto fisico con l’altro. La vediamo in cura da uno psicoanalista infantile che probabilmente la segue da quando era bambina e che le consiglia, inutilmente, uno specialista per adulti.

Ildikò Enyedi riesce a raccontare la difficile storia d’amore di Endre e Mária alternando la dimensione disumanamente fisica del mattatoio a una immaginativa che è per i due protagonisti lo specchio di una relazione libera dai freni inibitori della coscienza.

Endre e Mária scoprono, infatti – grazie al colloquio con una psicologa imposta dalla polizia per scoprire l’autore del furto di un farmaco destinato a velocizzare l’accoppiamento dei bovini – di sognare lo stesso sogno: una corrispondenza tra realtà fisica e realtà psichica che si rivela feconda. Da quel momento, il bosco innevato diventa il paesaggio della psiche in cui Endre e Mária s’incontrano ogni notte sotto le sembianze di un cervo e una cerva, e che li aiuta, da svegli, a superare le inibizioni.

Corpo e anima è un film orchestrato per contrappunti: vita e morte, corpi d’amore e corpi macellati, brutalità e tenerezza, maschile e femminile, ironia e poesia, sogno e realtà. Ogni voce acquista senso e forza dal contrasto che alla fine magicamente si compone.  Non a caso James Hillman, a proposito di anima, dice che è l’eros la sua essenza più profonda, ossia il richiamo alla connessione a cui non ci si può sottrarre.

Ildikò Enyedi è un’artista “illusionista” capace di creare atmosfere ipnotiche e suggerire territori dell’eros oltre la realtà visibile. In Simon Magus – film del 1998- sono le rotaie di un freddo snodo ferroviario, su cui corre il treno che porta il veggente verso la scoperta dell’autore di un delitto, ad anticipare coincidenze del destino grazie alla musica incantata di The wodden prince di Béla Bartók. In Corpo e anima è la scena iniziale del bosco innevato e frusciante di vita ad annunciare il mistero dell’amore. Una totalità di corpo e anima che la regista lascia intuire attraverso l’immagine simbolica di un cervo e una cerva che stride nel contrasto con la “animalità” negata della scena successiva in cui regna il distacco di uomini e animali.

Nel film risuonano altre scritture femminili – ne parla in un’intervista la stessa regista- come i versi della scrittrice ungherese Ágnes Nemes Nagy, voce poetica tra cielo e terra, assenza e presenza.

Ildikò Enyedi ha vinto la Caméra d’or al Festival di Cannes per Il mio XX secolo (1989) e l’Orso d’oro al Festival internazionale del cinema di Berlino per Corpo e anima (2017).