Saccheggio di parole in libertà, scempio di parole a disposizione, avulse da qualsiasi contesto e qualunque senso: fuori dallo spazio e del tempo. Distorsione di intenzioni di chi le ha scritte, lettura deformata, lontana da altri significati.
La sorpresa è il sale della vita. È quella che ci spinge in avanti, che suscita la nostra curiosità e la ricerca, quella che ci muove verso l’ignoto, cioè verso la conoscenza. Tuttavia ce ne sono alcune che paralizzano: ci bloccano, ci lasciano (come si dice) senza parole.Ho una strana malattia: in questo paese dai guai infiniti, mi capita di essere attratta dalle piccole cose, di essere catturata da piccoli segnali, da rumori di fondo.
_ Per dirla come una volta, vedo il ramo, ma non l’albero.

Due sono le sorprese di questi giorni.

1) Non amo i blog, penso che siano uno spazio inventato per far sfogare le persone, senza che abbiano reale influenza: parla, parla, tanto facciamo noi. Offrono l’idea falsa di poter incidere, l’illusione di poter contare, di poter contribuire a modificare le cose.
_ Non ho cambiato idea neanche dopo la manifestazione del 5 dicembre, che su internet è nata ed ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone: se non si costruisce una continuità capace di proposte forti, di gambe ed organizzazione su cui far marciare una alternativa di governo, il rischio è che quel che resta è il colore viola.

Eppure (complessità e contraddittorietà delle persone!) talvolta, quando sono particolarmente arrabbiata o stimolata, mi capita di scrivere all’Unità, a commento di editoriali o di fatti del giorno.
_ Scrivo con uno pseudonimo che uso solo lì.

Per puro caso vengo a scoprire che un mio commento che era stato pubblicato su quel giornale, compare anche (stesso scritto stesso nome) come commento all’editoriale di un altro blog di giornalista televisiva: senza citazione della fonte, come se l’avessi inviato a lei. Cosa che, ovviamente, non avevo fatto.

Dunque: alcuni blog sono palesemente falsi, risultato del saccheggio di blog altrui.
_ Copia- incolla.
_ Come fanno molti studenti.

Saccheggio di parole in libertà, scempio di parole a disposizione, avulse da qualsiasi contesto e qualunque senso: fuori dallo spazio e del tempo. Distorsione di intenzioni di chi le ha scritte, lettura deformata, lontana da altri significati.

Siamo moderne: molti decenni fa erano state fatte operazioni letterarie con questo metodo. Ma quelle erano composizioni, ri-composizioni di parole d’altri in altro modo: nuove prospettive, nuova vita, nuovo senso.
_ Qui è l’indifferenza che predomina: un’indifferenza tanto violenta quanto disordinata. Tutto va bene per tutto. Tutto ed il contrario di tutto. Un disordine che non sembra preludere alla ricomposizione creativa del caos, ma all’assenza di qualunque direzione. Scompaginazione di criteri consolidati (il che non fa male) solo per scompigliare la facoltà di giudizio.

2) Aula universitaria popolata da studentesse e studenti partecipi ed intelligenti: nessuna/o conosce il mito di Edipo. Paralisi mia. Commento di qualcuno a cui l’ho raccontato: e perché degli studenti ventenni, che magari non hanno fatto il classico, oggi dovrebbero conoscere il mito di Edipo?