La cronaca di questi giorni ha dato conto, tra gli altri casi di violenza sessuata, dello stupro di gruppo subito da una ragazzina quattordicenne da parte dei suoi compagni di scuola.Uno dei ragazzi ha registrato “l’impresa” col telefonino per mostrarla poi come un trofeo nella stessa scuola, come per rendere definitivo l’atto di proprietà di quella parte strappata a una giovane donna.
_ È successo fuori dalla scuola, ma ciononostante si tratta di una {{relazione malata tra giovani donne e giovani uomini contenuta anche in una scuola}}, e quindi la riguarda, come riguarda tanti istituti d’ordine e grado diverso.
_ E nelle scuole ci sono i ragazzi, gli insegnanti e i presidi.

Nelle scuole ormai si parla di tutto come se ne parla fuori. La violenza sulle donne è un reato gravissimo: forse è stato detto anche nella classe della vittima.
_ Dalla metà del 2006, cioè quando in questo Paese alcune donne hanno ripreso parola pubblica sulla violenza, una qualche lezione teorica sarà approdata anche sui banchi delle superiori, ma si sa che le lezioni teoriche non hanno senso se non seguite da una pratica.

Succede infatti che gli studenti e gli insegnanti sappiano che molestare, stuprare, picchiare, ricattare una donna solo perché si appartiene all’altro genere, è un reato, ma in realtà non lo si crede fino in fondo, e così molti “responsabili educativi” pensano di potersi sostituire alla magistratura ed agli inquirenti.

{{Nelle scuole si riproduce il criterio “dei panni sporchi che si lavano in famiglia”}}, si cerca di risolvere la cosa in via privata. Ma purtroppo di privata ci sarà solo la vittima, privata appunto del suo diritto allo studio e alla dignità. Sarà lei infatti a cambiare scuola, se non quartiere essendo “una piantagrane” se non una provocatrice.

Ai ragazzi una sospensione, una blanda sorta di arresti domiciliari e
una medaglia da macho. È così che la pratica diventa il vero paradigma della questione: {{violentare e molestare sarebbe un reato, ma il maschilismo riconosciuto di questo paese ha deciso che in pratica non lo è}}.

La scuola in questi casi non è che lo specchio di un paese che non si sente di
riconoscere che la legalità riguarda le persone anche dentro le relazioni affettive e che il rispetto è un sentimento per chi lo avverte, ma per chi non lo sente ci sono regole da osservare e far osservare.

{{La famiglia prima di tutte}}, ma poi via via tutti i luoghi “chiusi”, si danno proprie regole scritte e non scritte, che non di rado prevalgono su quelle dello stato. E dalla famiglia in poi le stime della violenza perpetrata contro le donne sono approssimative e frutto di strumentali sottovalutazioni. La stessa morte delle donne, causata da percosse e maltrattamenti, a volte anche quella per ritorsione di bambini, sfugge ad una quantificazione vicina alle realtà.

In Italia, dal nord al sud, il femminicidio è una parola che viene associata ad un eccesso dimostrativo, ad una esagerazione: in realtà si tratta di definire le conseguenze reali di un sistema che ha tra le sue fisiologie la moderazione violenta dei comportamenti femminili.

{{Il femminicidio nel nostro paese}}, come nel resto del mondo, esiste. Il nome è uno schiaffo a chi vuole ignorare, a chi pensa che le donne siano ancora disposte a considerarsi geneticamente disposte al “martirio per amore”.
Dalla metà del 2006, su sollecitazioni ed azioni politiche di donne, tra cui chi
scrive , la politica italiana è stata costretta a confrontarsi con le proprie
inadempienze e, in questo non è troppo forte la parola, con le proprie connivenze verso la violenza contro le donne. Il modesto risultato di questo consiste nel lancio di alcuni spot mediatici e l’annuncio di una legge nuova per il contrasto alla violenza sessuata (dicesi per sopraffazione fisica delle donne da parte di uomini con finalità di obbligo all’obbedienza, o con lo scopo diretto di umiliare e sopprimere).

A Marzo del 2007, i casi di femminicidio si verificano in costanza di numeri e
modalità: pure in presenza dei limiti della legge attuale, appare evidente che la disapplicazione della normativa, su un reato precisamente delineato nella
giurisprudenza italiana, coincide con l’ammissibilità “socialmente condivisa” di quest’ultimo.
_ Le conclamate emergenze legate alla criminalità organizzata, finanche quelle legate alla delinquenza negli stadi hanno, dagli ultimi mesi del 2006 a tutt’ora, sollecitato le istituzioni e il ministero competente a farsi carico di investimenti e immediati provvedimenti, che in qualche modo segnalano un interesse collettivo alla salvaguardia dei cittadini.
_ Un’assunzione di responsabilità che nessuno sente di dover mostrare verso donne invalidate, uccise, tenute in regime di illibertà.
Quello che più colpisce è come con disinvoltura e senza alcun timore di possibili proteste, nelle politiche di contrasto ai reati contro la persona, quello che provoca più danni personali in assoluto, venga automaticamente estrapolato, destinato a generici interventi sociali ed assegnato all’esclusiva competenza delle Pari Opportunità.

Sotto alcuni punti di vista, negli ultimi mesi sono maturati alcuni orientamenti, non solo culturali, peggiorativi per le condizioni di vita delle donne in generale, particolarmente in relazione ai fenomeni violenti che le colpiscono. {{L’intervento politico e sociale della chiesa cattolica}}, ampiamente supportato da sostegno economico pubblico, confermandosi come presidio sostitutivo nell’assenza colpevole dello stato nella difesa dei valori della convivenza, porta con se una serie di valori imposti, basandosi sull’autorità irrazionale del divino.

{{La chiesa cattolica}}, tradizionalmente esalta il sacrificio e la soccombenza delle donne al capofamiglia. La condanna degli eccessi “dei mezzi di correzione”, si mantiene sul piano esortativo e comunque la finalità rimane il mantenimento dell’unità familiare purché sia, anche quando comporti vistose deroghe ai diritti umani.
_ È facile constatare l’insistenza mediatica nel presentare acriticamente la chiesa cattolica come referente per la legalità e la moralità pubblica. Ciò altre a qualificare la stampa, dà conto del fallimento della politica di fronte
all’imbarbarimento delle relazioni tra persone, ma soprattutto tra donne e uomini.

{{Il clero “presidio morale”}} indica per le donne il ritorno a ruoli decisamente
contrastanti con le conquiste femminili, che tra l’altro la religione di stato
considera immorali.
_ Pare che proprio sulla salvaguardia femminile, l’assenza dello stato e la presenza della chiesa stiano giocando un nuovo patto di convivenza tra dimensione pubblica e dominio religioso. {{Il vero oggetto del contendere, appare ormai chiaro, nella discussione su laicità e dominio etico del Vaticano, è la libertà femminile.}}
_ Questo si può verificare riandando ai momenti alti di conflitto sulla legge 40, le libere
unioni, le esortazioni a trasgredire l’applicazione della legge sull’aborto, la
condanna pubblica delle libere scelte sessuali e sulla maternità.
_ {{Ci sono ulteriori responsabilità del sistema mediatico}}, anche nello spostamento dell’attenzione dalle vittime verso gli esecutori materiali. Molto rilievo è stato dato alla condizione di presunta deprivazione che precede l’assunzione dell’identità “da bulli”.

{{Degli errori relazionali, dell’incuria educativa di maschi e femmine}} fa
parte sicuramente anche il sottacimento dei danni, della rilevanza penale delle azioni e “l’eccesso di argomentazioni” a favore dei delinquenti. Sono state proprio le donne a porre in discussione la validità delle politiche repressive a senso unico, ma tutto questo non può sfociare nel ritorno all’invisibilità del danno e delle vittime.
_ Dopo una iniziale enfatizzazione, seguita alle azioni politiche femministe di cui s’è detto, lo stesso ministero delle Pari opportunità sembra assistere impotente a quanto avviene nei presidi dell’ordine pubblico: la dissuasione delle vittime alla denuncia, fino a vere e proprie pressioni indebite (una donna a Napoli è stata strattonata fuori dal commissariato da un agente).

{{Le precise responsabilità del Ministero dell’interno}} non vengono neanche prese in considerazione. Nelle scuole e nelle università i frequenti episodi di violenze e molestie non riescono a giungere alla denuncia come nel caso dal quale parte questo ragionamento.
_ {{Le proteste in atto da parte dei centri antiviolenza}} hanno ben poca possibilità di ascolto da parte di assemblee elettive che spesso si esprimono in modo approssimativo se non irridente, con l’aggravante di annoverare eletti non estranei a fatti di violenza sessuata.
_ {{Anche le scandalose opinioni di note personalità politich}}e in materia di dignità femminile sembrano rientrare nella fisiologia e nella normalità culturale del nostro paese.

La crescita dei reati femminicidi anche nelle strade non pare allarmare: la mobilità femminile sempre più appare affidata alla “protezione maschile”
A Marzo 2007, le risorse destinate al contrasto pubblico alla violenza sessuata, sembrano registrare molte discussioni e un calo nella quantità.

La difficoltà derivante dal trovarsi di fronte ad un sistema che si fonda
saldamente sul predominio degli uomini sulle donne, sull’esclusione decisionale e politica della dimensione femminile, può essere considerato un motivo sufficiente anche solo di temporanea desistenza della denuncia e della rivendicazione femminista, di fronte al pericolo attuale corso da donne e bambine? Un pericolo che risponde inoltre a commerci, vantaggi, scambi politici, che apparentemente tutti sostengono di condannare.
_ Alla domanda molte rispondono responsabilmente col lavoro, l’impegno e la denuncia. Non si può non dire però che invece molte, aggiungono la loro indifferenza a quella maschile.

Si è affermata, e si afferma, tra donne impegnate su più fronti progressisti e
pacifisti, l’idea che la morte violenta di donne nel nostro paese, non abbia la
dignità politica “rivoluzionaria” e scardinante rispetto agli equilibri dati del
potere, e che sia anzi una battaglia “di retroguardia”, fino a rendere in visibile ai loro occhi una tragedia che invece riconoscono nei luoghi di guerra o di “sfruttamento delle multinazionali. Il femminismo al quale giustamente si
richiamano, è lo stesso che ha insegnato a tutte a leggere la condizione delle donne in qualsiasi luogo a partire dal proprio. Il femminismo, mondialista per sua natura, ha costruito una mole di saperi di cui tutte godiamo, partendo dal sé.

{{
Il destino delle donne immigrate nel nostro paese}} sicuramente risente
dell’arretratezza e del maschilismo riconosciuto in tutti gli schieramenti politici Italiani. La loro condizione, anche tra i progressisti, si ritiene trainata dalle loro comunità di riferimento.
_ Questo ragionamento risente di quel vuoto di logica
che ci ha condotto a fare grandi battaglie per gli immigrati, ignorando, forse
uniche in Europa, i segni dell’acido sui volti delle donne, l’oppressione di costumi che mai sceglieremmo per noi stesse.
_ Questo atteggiamento ha tra le sue conseguenze una sorta di svuotamento della differenza radicale delle donne in politica. Sembra inutile dirlo, ma va evidentemente ribadito che un movimento delle donne che sottolinea la centralità e la pretesa del contrasto alle violenze, non ha bisogno di ulteriori passi nel mobilitarsi contro tutte le guerre e contro e le strategie delle multinazionali.
_ La credibilità e l‘affidabilità del messaggio “sul governo delle cose” che le donne hanno elaborato merita di ritornare alla sua dignità. Per far questo è necessario ridimensionare l’effetto trainante di soggetti politici che nelle pratiche superano e non affrontano i nodi dell’esclusione femminile, mettendo a margine la lotta attuale all’uccisione e alla discriminazione sessuata.

Il {{contrasto alla violenza e al femminicidio è un obiettivo immediato, ma anche un metodo politico}} che qualifica la proposta “della convivenza pacifica tra generi”.