Le riflessioni che Marisa Rodano ha voluto condividere con le associazioni e i gruppi che aderiscono all'”Accordo di azione comune per la Democrazia paritaria”.Ho seguito la discussione sulle nomine, perché si è svolta, via mail, sull’indirizzario dell’”[Accordo di azione comune per la Democrazia paritaria->https://www.womenews.net/spip3/ecrire/?exec=articles&id_article=9356]”. Comprendo la frustrazione di molte amiche, che avevano tutti i titoli per aspirare a far parte del CDA RAI e si sono viste scavalcate o ignorate dalle associazioni della società civile, alle quali l’on Bersani aveva chiesto di segnalare due nomi.

Ho trovato assai interessanti le considerazioni, scaturite da questa vicenda, in merito alla {{incapacità delle donne di fare squadra;}} mi riferisco, ad esempio, alle osservazioni di {{Irene Giacobbe}}, (“manca una grande assemblea delle donne”),{{ Cristina Molinari,}} (“non una donna ma presenza bilanciata”), Serena Romano (“perché siamo così disorganizzate?), {{Francesca Brezzi }} (“creare una rete delle reti”), {{Serena Dinelli }} ( “Potremmo dire che finora siamo scarsamente riuscite a creare un ponte tra il nostro desiderio e che l’esserci delle donne implichi anche qualcosa di innovativo rispetto alle logiche di potere esistenti. Anche tutto questo (ma certo non solo questo) ha fatto ostacolo finora alla possibilità di trovare ampi accordi efficaci, che ci facciano contare”.)

Tali considerazioni mi hanno sollecitata a intervenire, perché penso da tempo cose analoghe. Mi chiedo da anni come mai, mentre ci sono tante donne competenti, capaci e anche affermate nel mondo della cultura, dell’università, delle professioni, dell’economia, ecc. e ci sono tanti gruppi, comitati, associazioni, reti, fondazioni che conducono campagne, promuovono convegni, elaborano idee, le donne, come genere e come forze organizzate, {{non riescono a pesare, a influire sulle scelte, a essere un soggetto della scena politica}}; il che, a mio avviso, non significa la designazione di donne a posti di potere, che non mi sembra debba competere alle associazioni o ai movimenti delle donne, ma dovrebbe essere{{ il logico risultato di una situazione in cui le donne siano di diritto la metà in tutti i luoghi in cui si decide}}, e perciò essere scelte non dalle donne, ma dagli organismi ed enti a ciò deputati. Essere soggetto politico è secondo me molto di più che segnalare candidature (per i pochi posti concessi o strappati), implica la capacità di esercitare influenza sulle scelte generali nella politica e nell’economia.

Avevo chiuso il mio {{libro sulla storia dell’UDI }} con questa frase: “Sarebbe ora che le donne, forti dell’autonomia personale conquistata riuscissero a trasformarla in consapevolezza che la loro alterità, se messa in rete e se capace di superare la frammentazione, potrebbe divenire la forza motrice di un radicale cambiamento economico, sociale e politico.” L'”Accordo di azione comune per la democrazia paritaria”, a cui oggi aderiscono 40 associazioni e gruppi, è {{un tentativo di raggruppare quante più forze femminili possibili}} per cercare di condurre un’azione più coordinata ed efficace attorno a un obiettivo, quello della parità nella rappresentanza, nelle istituzioni, nei partiti politici, nei media, in base alla convinzione – cito dal testo dell’accordo – che ” Le donne, con la loro capacità di iniziativa e di cura, competenza e intelligenza, attenzione e cultura sono un soggetto decisivo per un’azione diretta a salvare l’Italia dal degrado e ad avviarne una rinascita”.

Credo si debba riconoscere che qualche risultato è stato raggiunto perché {{la democrazia paritaria è diventata oggetto sia di azioni condotte congiuntamente dalle aderenti all’accordo, sia di azioni condotte autonomamente da singole associazioni aderenti all’accordo e anche da associazioni e gruppi non aderenti;}} è insomma divenuto – credo grazie alla nostra iniziativa, perché prima non era così – un obiettivo largamente condiviso, il che fa sperare che, insistendo, si possa ottenere un cambiamento dell’atteggiamento dei parlamentari uomini e dei partiti.

Insomma con l’Accordo di azione comune {{un primo nucleo di aggregazione tra associazioni e gruppi femminili, compresa SNOQ}} (che è essa stessa un raggruppamento di diverse entità), si è posto in essere. Qualche effetto lo si è già visto nella composizione delle giunte locali. La stessa legge ora all’esame del Senato sulle modifiche alle norme elettorali degli enti locali, anche se ad avviso di alcune di noi, insufficiente, è un primo passo nella giusta direzione.

Non sarebbe allora utile adoperarsi per allargare ad altre associazioni, gruppi e movimenti {{questo primo nucleo, costituito dall’Accordo}}? Le amiche intervenute nel dibattito potrebbero attivarsi a tale scopo?
E’ evidente che azioni analoghe, cartelli appositi si potrebbero costruire su altri temi, ad esempio il femminicidio e la violenza contro le donne, oppure sui servizi sociali per l’infanzia e la famiglia; le stesse aderenti all’Accordo potrebbero decidere di darsi ulteriori obiettivi.
Che ne pensate?

Ma intanto è urgente e indispensabile avere le vostre proposte e i vostri impegni in merito al seguito da dare alla riunione del 12 giugno scorso (tenutasi presso la casa internazionale delle donne) per {{esercitare la dovuta pressione (email bombing?) sul Parlamento }} che, oltre alla legge sugli enti locali, ora al Senato, sta discutendo del finanziamento pubblico dei partiti e del loro status e dovrebbe affrontare il tema di una nuova legge elettorale politica.