Dal n.84 di Notizie minime della nonviolenza in cammino inviato dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo, riprendiamo il testo “Women of Zimbabwe arise: per chi pregate?” apparso nel sito www.wozazimbabwe.org; il testo è preceduto da una introduzione di Maria G. di Rienzo che ha curato la traduzione. “Women of Zimbabwe Arise” (Woza) e’ una delle poche organizzazioni dello Zimbabwe, composta da donne, che e’ ostinatamente disposta a scendere in strada per protestare contro la mancanza di democrazia nel proprio paese, contro l’instabilita’ economica e sociale, e le violazioni dei diritti umani. {{Le donne del Woza dichiarano di ispirarsi al movimento per i diritti civili negli Usa, alle proteste contro l’apartheid del Sudafrica, ed alla resistenza nonviolenta di Gandhi}}. Percio’ pregano, sfilano in corteo, e regalano rose a cui sono legati messaggi di pace. Dicono di prendere coraggio da uno slogan antiapartheid: “Colpire una donna e’ come colpire una roccia”. Quando la polizia interrompe le loro attivita’, obbediscono quietamente, sentendo che il loro atteggiamento svergogna costantemente le autorita’ per il maltrattamento di donne che potrebbero essere le loro madri, figlie e sorelle. Chiamano la loro coraggiosa resistenza {amore duro}: “perche’ amiamo abbastanza il nostro paese da accettare il sacrificio di essere arrestate e picchiate” (m. g. d. r.)

Cinquecento aderenti a Women of Zimbabwe Arise (Woza) ed alla nuova
organizzazione “sorella” Men of Zimbabwe Arise (Moza) hanno tenuto una veglia di preghiera nella chiesa cattolica di Santa Maria a Bulawayo, sabato 31 marzo 2007. Le attiviste e gli attivisti rischiavano l’accusa di
violazione delle recenti norme sull’ordine pubblico che vietano simili
raduni. Il giorno e’ stato scelto per commemorare il 31 marzo 2005, la notte delle elezioni parlamentari, quando oltre 250 donne furono arrestate e molte di esse picchiate brutalmente ad Harare, mentre tenevano una veglia di preghiera.

Condurre di nuovo quest’azione aveva per noi un significato speciale,
giacche’ la violenza politica sta aumentando e {{centinaia di attiviste sono
state arrestate e ferite nelle scorse settimane}}. Le preghiere si sono
concentrare sulla necessita’ che i cittadini non aspirino alla vendetta, e
che le forze dell’ordine si rifiutino di far del male alle persone. Il
servizio religioso si e’ aperto con l’inno “Nkosi Sikelela iAfrica” (“Dio
benedica l’Africa”), il canto anti-apartheid che oggi forma meta’ dell’inno
nazionale sudafricano. Dopo di che abbiamo pregato perche’ gli abitanti
dello Zimbabwe continuino a scegliere la nonviolenza e l’amore a fronte
della violenza e dell’odio, ed usino la resistenza pacifica per costringere
il governo e gli altri politici a rispondere della propria cattiva
amministrazione della cosa pubblica.

Le donne assalite nel 2005 hanno poi recato la loro testimonianza, chiedendo che {{i cittadini e le cittadine rimangano aderenti ai principi dell’azione nonviolenta}}. Dopo un po’ e’ arrivata la polizia sui furgoni cellulari. Non sono entrati nella sala, ma sono rimasti all’esterno ad osservare: fra loro, quindici ufficiali del dipartimento “Legge ed ordine”. Uno dei sergenti ha afferrato una delle aderenti a Woza in prossimita’ della soglia, e torcendole il collo e minacciandola le ha intimato di dire cosa stava accadendo all’interno.

Quando il servizio religioso e’ terminato, i poliziotti erano ancora li’.
Prima che uscissimo, l’arcivescovo Pius Ncube e’ venuto a stringere le mani a tutti i partecipanti, dicendo parole di incoraggiamento e raccomandando loro di lasciare il luogo pacificamente. Woza desidera ringraziare pubblicamente l’arcivescovo per il suo coraggio, e per il sostegno che ha dato a persone che dovevano passare in mezzo a membri della polizia gia’ ben conosciuti per aver commesso gravi atti di brutalita’. Infine anche le organizzatrici hanno cominciato a lasciare il posto, inclusa la presidente di Woza, Jenni Williams.

Uscendo, Jenni ha salutato gli ufficiali di polizia, che grazie alla ventina
di arresti finora subiti conosce molto bene. Il sergente di cui sopra l’ha
affrontata accusandola di aver partecipato ad una riunione proibita. Jenni
ha risposto che si trattava di {{una veglia di preghiera. “Ah si’?”, ha detto
ironico il sergente, “E per chi stavate pregando?”. “Per te”, ha risposto
Jenni.}}
Quella sera nessuno e’ stato arrestato.