La scrittrice romana si è spenta in Umbria, dove viveva da molti anni. L’impegno politico e sociale, ma anche l’esperienza di un figlio con un grave malattia psichica, sono stati al centro della sua letteratura

RAFFAELLA DE SANTIS  la ricorda in un articolo pubblicato su la Repubblica.it

Clara Sereni

Clara Sereni, morta a Perugia all’età di 71 anni, diceva che gli scrittori si dividono in quelli che stanno bene quando scrivono e quelli che patiscono. Lei si metteva nella seconda categoria. Diceva di fare fatica perché per lei scrivere era un’operazione di chiarimento, un modo per fare ordine, per cercare di capire la propria esperienza e qualcosa del mondo che la circondava. Nel suo ultimo libro, Via Ripetta 155,  raccontando la sua giovinezza di ventenne nel Sessantotto parlava al plurale di una generazione: quella dell’eskimo, delle feste dell’Unità, delle canzoni di protesta. Il libro, pubblicato da Giunti nel 2015, era arrivato in finale al Premio Strega.

Clara Sereni ha avuto una vita bella e complicata. Nata a Roma nel 1946, in una famiglia ebraica, era figlia di Emilio Sereni, dirigente di primo piano del Pci. Del padre, della madre Xenia Silberberg, a sua volta antifascista e scrittrice di origine russa, ha raccontato la storia nel bellissimo Il gioco dei Regni, considerato il suo capolavoro (la nuova edizione è uscita nel 2017 sempre per Giunti).

Il libro, la cui prima edizione è del 1993, è un viaggio dentro il proprio passato familiare e la storia del nostro paese. Nel 1991 si era trasferita a Perugia, dove tutt’ora risiedeva e dove era stata vicesindaco tra il 1995 e il 1997. La sua è stata una vita tra letteratura e politica, arte e impegno sociale. Va ricordato il suo impegno attivo: nel 1998 aveva promosso la Fondazione Città del sole-Onlus per aiutare i disabili psichici.

L’esistenza  l’aveva messa a confronto con grandi sfide. Aveva un figlio, Matteo, psicotico dalla nascita, al quale aveva dedicato gran parte delle sue energie. Nel 2004 aveva partecipato al film documentario Un silenzio particolare diretto dal marito e padre di Matteo, lo sceneggiatore e regista Stefano Rulli. Nel film compariva lo stesso Matteo. Anche quello era stato un viaggio nel lessico famigliare. Come a suo modo lo è stato un libro come Casalinghitudine (in prima edizione da Einaudi nel 1987), in cui attraverso l’universo domestico dei cibi e delle ricette raccontava di sé e degli altri. O un titolo come Merendanze (altro neologismo domestico), storia di donne che scelgono di aiutare altre donne immigrate organizzando una raccolta di fondi con una merenda/pranzo. Ecco, quella di Clara Sereni è stata una letteratura sociale, nel senso più ampio. Oggi farebbe molto bene rileggere ciò che ha scritto. In Una storia chiusa (Rizzoli, 2012) gli ospiti di una casa di riposo raccontano l’Italia di ieri. Sereni a un certo punto aveva scelto di ritirarsi in una casa di riposo, ma non voleva che lo si chiamasse ospizio: “Ho due stanze luminose, un balcone pieno di fiori”.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, appresa la notizia, ha così voluto ricordarne l’impegno: “”Ho appreso con dispiacere la notizia della scomparsa di Clara Sereni, scrittrice colta, sensibile e raffinata. Una donna che ha speso gran parte della sua esistenza al servizio della comunità e delle persone più svantaggiate”.

Tra gli altri titoli della sua opera corale: Manicomio primavera (1989), Il lupo mercante (2007), Passami il sale (2002), in cui svelava gli impicci della sua esperienza politica nell’amministrazione locale. Aveva esordito nel 1974 con Sigma epsilon (Marsilio), in cui narrava – come nel suo ultimo memoir – l’impegno politico della sua generazione. Un cerchio si è chiuso.