Perché Berlusconi è stato semplicemente oscurato, dopo l’ultimo tentativo di restare per un momento ancora sulla scena fatto con il videomessaggio?
Si possono dare della cosa due spiegazioni principali. Qualche giorno dopo le dimissioni dell’ex-premier in una puntata di Ballarò Paolo Mieli giornalista e opinionista, ex-direttore del Corriere della Sera ha fatto un’affermazione da cui vale la pena di cominciare.
_ Ha detto all’incirca che Berlusconi se n’è andato in modo più tranquillo, meno drammatico di quanto si poteva temere.

Non si sa se Mieli pensasse a una rivolta popolare oppure, più credibilmente, a violazioni delle norme democratiche superstiti da parte di una persona che ha troppo da perdere per accettare l’idea di un’alternanza con un governo nemico o comunque sottratto alle sue capacità di pressione e ricatto. Per altro erano in molti/e a pensare che la fine del berlusconismo avrebbe potuto rivelarsi un passaggio complicato.

I processi in sospeso, il conflitto di interessi, gli scheletri piduisti e mafiosi nell’armadio lo espongono infatti a rischi che non vuole e non può correre. Come i dittatori asserragliati in un bunker, da cui non possono uscire se non stanati dal nemico perché ne hanno combinate troppe e temono la resa dei conti, Berlusconi se ne sarebbe costruito uno proprio, in cui resistere fino alla fine.

Allora perché le cose sono andate diversamente? Perché Berlusconi è stato semplicemente oscurato, dopo l’ultimo tentativo di restare per un momento ancora sulla scena fatto con il videomessaggio?
Si possono dare della cosa due spiegazioni principali.

La prima è che il cavaliere non se n’è andato per una rivolta popolare, ma per le iniziative di poteri nel loro insieme più forti del suo.
_ La seconda è che ci sono fondate ragioni per credere che non se ne sia per nulla andato, al di là del fatto che in futuro si ricandidi o meno al ruolo di capo del governo.

Sarebbe perciò facile commentare i festeggiamenti e i brindisi che hanno accolto le sue dimissioni con ironia. Basterebbe accennare a ciò che con Monti ci aspetta e allo spazio che si apre a un’opposizione di destra, a cui certo l’ex-premier fornirà visibilità e danaro.

Sarebbe facile, ma lievemente ottuso. Le dimensioni dell’esultanza sono state maggiori di quanto mostrato dai media: qualche centinaio di persone ha cominciato e poi “il centro di Roma è un fiume di umanità antiberlusconiana”, scrive Salvatore Dama su Libero, il quotidiano meno sospettabile di interesse a enfatizzare le manifestazioni di giubilo. Ma si è brindato anche nelle case e negli uffici e quel respiro di sollievo collettivo merita un commento un po’ meno superficiale.

Bisogna operare una indispensabile distinzione. C’è stato un antiberlusconismo deteriore, quello che negli ultimi 17 anni ha assolto la funzione di alibi delle scelte peggiori della sinistra e che ha fatto più danni di Berlusconi stesso. Ne esiste però anche un altro, che è diventato col tempo il discrimine a livello popolare non tra chi vota a destra o a sinistra, ma tra chi gode di un minimo di intelligenza e civiltà e chi per sua disgrazia non le possiede. Nelle dinamiche di costruzione di senso politico, la ripulsa etica ed estetica di Berlusconi, dei suoi alleati e della sua corte ha svolto una funzione importante.

E’ vero che essa ha fatto spesso da sostegno all’antiberlusconismo deteriore, ma è anche vero che una forza politica più radicale della sinistra italiana avrebbe potuto farne invece una leva per la delegittimazione di un’intera gerarchia sociale.

Lasciamo perdere le gaffes, i nani, le ballerine, il Circo ecc. di cui già troppi hanno detto e scritto. Tutte cose vere naturalmente, ma che forse non colgono fino in fondo la gravità del fenomeno Berlusconi. L’ex-premier nel corso della sua carriera politica ha violato tutte le regole del politicamente corretto e non con un atteggiamento post, talvolta inopportuno ma altre volte utile come critica dell’ipocrisia.

La sua scorrettezza politica è interamente pre, da persona che ha vissuto del tutto al di fuori dell’evoluzione culturale dei decenni successivi alla seconda guerra mondiale.
_ In più di un’occasione si è rivolto ai suoi seguaci con il saluto romano che, dopo un numero di secondi sufficiente a rendere chiaro il messaggio, ha trasformato in un “ciao”, piegando le dita e agitando la mano.
_ Ha raccontato barzellette sulla presunta avarizia degli ebrei, senza rendersi nemmeno conto di cosa diavolo stava dicendo.
_ La sua idea delle donne vive in un immaginario pre-femminista e non è certo un caso che la prima spallata l’abbia ricevuta proprio dalle manifestazioni del 13 febbraio.
_ Ha mentito spudoratamente, imbrogliato, corrotto, calunniato, si è fatto leggi ad personam l’ultima delle quali contro l’ex-moglie Veronica… Insomma tutte le cose che sappiamo e che rendono comprensibili i brindisi per il solo piacere di esserselo tolto per un po’ dalla vista.

Contrariamente a ciò che raccontano le tesi complottistiche di destra e di sinistra Berlusconi è caduto nel più trasparente dei modi.

Dopo il voto alla Camera sul rendiconto generale, passato con 308 favorevoli e 321 non votanti, di cui 11 del centro-destra, ha dovuto semplicemente prendere atto di non avere più i numeri. E di essere arrivato alla fine di un percorso di crisi durato per quasi tutto l’anno 2011, durante il quale ha perso l’appoggio di quanti ne avevano determinato la nuova ascesa nel 2008. Non godeva più del consenso della Confindustria, che da mesi aveva aperto le ostilità attraverso le dichiarazioni della sua presidente e portavoce Emma Marcegaglia. Siamo stufi di essere lo zimbello internazionale, aveva detto a settembre la signora e aveva poi continuato a incalzare il governo con il ritornello del tempo scaduto.

Aveva perso l’appoggio della Chiesa cattolica, che non aveva interesse a restare a far la guardia al bidone della spazzatura, malgrado i servigi che quel bidone le aveva reso con l’approvazione di alcune assurde leggi integraliste. Con la sue sapienza di potere la burocrazia vaticana ha sempre evitato di lasciarsi trascinare dalla crisi delle forze politiche che pure l’avevano servita e ossequiata. Successe così con Mussolini che il Vaticano aveva celebrato come uomo della Provvidenza e che scaricò al momento opportuno, quando fu chiara la direzione in cui andavano le correnti della storia. Forse anche le vicende legate al bunga-bunga hanno contato qualcosa, perché non è immaginabile che il clero potesse reggere a lungo l’incoerenza tra la propria sessuofobia e le ossessioni sessuali esibite dal nuovo uomo della Provvidenza.

Aveva perso il consenso popolare come hanno dimostrato le amministrative, con la vittoria a Milano di Pisapia e a Napoli di De Magistris e soprattutto come hanno dimostrato i 27 milioni di Italiane/i che sono andati a votare i referendum sull’acqua e sul nucleare.
_ Infine Berlusconi non poteva più contare sulla fedeltà della propria banda. Sulle ragioni che hanno determinato la rottura con Fini e il successivo venir meno dei numeri non vale la pena di indagare. Sono quelle che è facile immaginare: conflitti di potere, ricatti reciproci, preoccupazioni per ruoli e poltrone eccetera. Vale invece la pena di soffermarsi sulle ragioni di fondo del fallimento dell’ultimo governo Berlusconi.

La prima e la più importante è la crisi, cominciata nel 2007 negli Stati Uniti e che si è aggravata nel 2011 soprattutto in Europa. Essa ha reso ancora più arduo ciò che già era arduo: tenere insieme il blocco elettorale che il cavaliere aveva costruito con atti, parole e omissioni contro la stagione di Romano Prodi. Di questo blocco facevano parte ovviamente anche ampi settori popolari che Berlusconi ha attratto con i soliti espedienti della destra e che ha poi bastonato.
_ Esiste tuttavia un limite oltre il quale bastonare il popolo elettore non è facile né prudente in un sistema politico che si regge comunque su verifiche elettorali. Non per caso la crisi del governo Berlusconi si è risolta con una momentanea sospensione della democrazia liberale e con l’entrata in scena del cosiddetto governo tecnico.

Quanto alle presunte interferenze internazionali, bisogna aver chiaro di che cosa davvero si parla. Le pressioni dell’Europa ci sono state ovviamente, ma sarebbe inappropriato considerarle pressioni esterne. Vale per queste lo stesso discorso con cui rispondiamo, quando chi governa si dichiara costretto dalle intimazioni dell’Europa a prendere un certo provvedimento, detto con un eufemismo impopolare.

L’Unione è un patto tra élites economiche europee, a cui le italiane partecipano allo stesso titolo e con lo stesso statuto di quelle francesi o tedesche. Naturalmente valgono per il capitalismo europeo ciò che vale per ogni capitalismo: il più forte è in vantaggio, la concorrenza è feroce e la speculazione è una delle sue normali espressioni.

La Germania è economicamente più forte e l’apertura dei mercati l’ha ovviamente avvantaggiata, consentendole di appropriarsi di una quota maggiore di profitti e di avere un peso relativo maggiore. Ma la sovranità nazionale non c’entra un bel niente; c’entrano piuttosto il modo in cui funziona il capitalismo mondializzato e finanziarizzato e i suoi rapporti con la dimensione nazionale della politica.

A ben vedere Berlusconi e il centrodestra sono quelli che più guadagnano dalla soluzione della crisi con la costituzione del governo Monti. Le altre possibilità sarebbero state per loro ben più pericolose. Se l’esito fossero state davvero le elezioni a breve termine, che hanno invocato a gran voce nei giorni più caldi della crisi, il centrosinistra avrebbe quasi certamente vinto.
_ O comunque c’erano buone possibilità che vincesse. Se l’ex-premier invece avesse tentato comunque ancora di ricucire e corrompere e se per avventura la cosa gli fosse riuscita, avrebbe dovuto applicare la ricetta della Bce con l’effetto di restare schiacciato poi nelle elezioni del 2013.
Con il governo Monti Berlusconi ottiene nello stesso tempo di mantenere la maggioranza al Senato, di tenere il nuovo governo sotto ricatto e di poter preparare la rivincita, cominciando dalla nuova narrazione che i suoi media hanno già cominciato a costruire.

Il cavaliere e il suo partito si presentano alla pubblica opinione come vittime, costrette a cedere da ragioni di forza maggiore, ma che non condividono e che subiscono insieme alla grande maggioranza del popolo elettore. La Lega da parte sua continuerà a presentarsi come l’unica opposizione e se per ora la messa in scena non appare particolarmente efficace, ai primi colpi inferti da Monti le cose probabilmente cambieranno.

Questo non vuol dire che la rabbia e le imprecazioni siano solo una messa in scena. L’interesse di una parte non è mai la sommatoria degli interessi dei singoli, il narciso gigantesco dell’ex-premier ha ricevuto colpi non lievi nei giorni della crisi e l’idea di trovarsi dalla stessa parte del PD e di Fini non poteva che essere imbarazzante per molti/e. Ma tant’è…hanno vinto alla fine gli interessi più concreti, con un occhio però al prossimo futuro.

Non vale la pena di disquisire sulle sorti personali di Berlusconi, se come uomo politico è finito o risorgerà dalle sue ceneri. Il problema non è questo, il problema è che non è un uomo politico qualsiasi e che dispone di quello di cui non dispongono altri uomini politici in Europa. Tanti soldi e un impero mediatico che non molla e che solo la politica può continuare a difendere efficacemente.
_ Perciò uno schieramento populista, fascistoide e razzista (oggi con l’alone dell’oppositore) disporrà in Italia di mezzi di gran lunga superiori a ogni altra che a sinistra possa vedere crescere il suo spazio.

Quanto alla nuova narrazione le televisioni, i quotidiani, i blog che Berlusconi controlla con accenti diversi raccontano tutti la stessa storia. Viene prima di tutto la negazione: PDL e PD sosterranno insieme lo stesso governo, ma l’una e l’altra negano con forza la collaborazione. Siamo alternativi al centrosinistra…lavoreremo con la Lega…insieme al governo mai… ripetono ad ogni occasione gli esponenti della destra. Segue poi un argomento che ha invece un nucleo di verità, anche se fa ridere il pulpito da cui viene la predica.
_ E’ quello della democrazia violata, del “colpo di mano in guanti bianchi”, come racconta Giuliano Ferrara.
_ Quelli che più guadagnano dalla sospensione della resa dei conti elettorale sono quelli che più gemono perché “si impedisce agli Italiani di votare” (ancora Ferrara).
_ “Colpetto di Stato” è il titolo di prima pagina del quotidiano Libero del 12 novembre. “Questa settimana, a nostra insaputa, siamo diventati una Repubblica presidenziale”, scrive nell’editoriale Belpietro e nel numero del giorno successivo Maria Giovanna Maglie spiega la dinamica del “complottone” che ha sbalzato Berlusconi e di cui è stato regista Napolitano con il contributo di Tremonti e Frattini, a cui viene addossata la responsabilità della guerra in Libia.

La Padania ha ovviamente accenti anche più forti e parla di scippo della democrazia e di una volontà popolare che non conta più nulla. Due temi si rafforzano con il passare del tempo: la perdita di sovranità nazionale per l’ingerenza di Germania e Francia e quello delle mani nella tasche degli Italiani.

Tuttavia dal racconto della destra non ci si deve aspettare coerenza, perché nello stesso tempo si fa notare che Monti si limiterà ad applicare misure che erano già nel programma del governo e nella lettera alla Bce. Cosa per altro assolutamente vera. Ma la coerenza dei discorsi non conta. Hitler non conquistò la maggioranza dei Tedeschi all’idea che gli ebrei erano tutti comunisti e tutti banchieri?
_ Quel che conta è il volume e la quantità dei megafoni che ne diffondono i messaggi. E in questo la destra è in assoluto vantaggio, visto che ancora oggi nessuno sembra avere la forza di imporre limiti al potere mediatico di Berlusconi.
_ Quando Monti avrà ben bene bastonato il popolo elettore, senza pagare alcun prezzo, un’opposizione populista sarà già pronta allo scontro elettorale.