Riceviamo da Giancarla Codrignani e pubblichiamo il suo saluto-ricordo che sarà pubblicato su “noi donne” di marzo.Ciao, Adele. Non dico addio, perché anche lei non ha voluto congedi definitivi e ci ha fatto sapere dopo che era già andata via.

E’ bene che lo sappiano anche quelle che non l’hanno conosciuta: tutte le donne del nostro paese hanno imparato da lei e le sono debitrici. Era una radicale, la sola che avesse fatto la Resistenza; aveva il senso dello stato, ma senza indulgenze per quello che di non conforme ai diritti partiti e governi disponevano. Ma il suo massimo impegno era soprattutto a favore delle donne.

Sullo strazio di vita e di dignità rappresentato dalle centinaia di migliaia di aborti clandestini che avvenivano nel nostro paese, ha alzato la denuncia al massimo livello, finendo in carcere per aver dichiarato, in una pubblica manifestazione, un’interruzione di gravidanza mai avvenuta.

Quello scandalo aprì la breccia per tutte e risvegliò nella società la responsabilità di fronte alla così vasta e rimossa piaga sociale.

Io, come tante, ero rimasta una “ragazza perbene”, che conosceva l’esistenza dell’aborto, ma non si era mai resa conto che, forse, una compagna di scuola aveva vissuto quel dramma nel silenzio. La testimonianza di Adele mi fece capire: partecipai al movimento e, poi, fui sua compagna in Parlamento, nell’impegno per la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e, poi, per la campagna referendaria. Se la legge rimase, difesa da due terzi dei votanti – un esito che dimostrò il peso dell’autorità femminile nelle famiglie, in cui anche i cattolici votarono con i laici – è per quello scandalo voluto da Adele.

Credo di averla conosciuta bene, nel rigore appassionato e nella dolcezza; e quando ascoltavamo i suoi interventi a Montecitorio, tra le critiche maligne dei maschi, sapevamo di avere davanti davvero una “bella” figura di donna.

Una carezza, Adele, a nome di tutte.