Dalla mailing list Luciano Martocchia – Pescara riprendiamo questo intervento della direttrice alle comunicazioni del gruppo femminista Madre (per “Znet”, gennaio 2008 – trad. Maria G. Di Rienzo)A Bassora, la seconda città irachena per estensione, il 2008 ha avuto inizio con l’annuncio della percentuale di {{donne assassinate dalle milizie islamiste durante il 2007.}} I funzionari cittadini hanno riportato il 31 dicembre che 133 donne sono state uccise e mutilate nel corso del 2007, i loro corpi infilati in bidoni dell’immondizia con cartelli che ammonivano le altre a non “violare gli insegnamenti islamici”. Ma gli autisti delle ambulanze, che hanno il compito di girare per la città al mattino presto per raccogliere i cadaveri, confermano ciò che i residenti di Bassora continuano a dire, e cioè che i numeri sono molto più alti.

I volantini degli assassini non sono molto originali. Di solito accusano le donne di essere {{prostitute o adultere}}. Ma le uccise sono {{in realtà mediche, insegnanti, giornaliste}}. E questo lo sappiamo per certo, perché {l’Organizzazione per la libertà delle donne in Iraq} (OWFI) si è presa l’ingrato compito di visitare gli obitori della città e di cercare di individuare il numero e il tipo degli omicidi. L’OWFI dice che la maggioranza dei cadaveri appartenevano a “laureate in medicina, professioniste, attiviste e impiegate”.

Il loro crimine non è la “promiscuità”, ma bensì {{l’opposizione alla trasformazione dell’Iraq in uno stato islamista}}. Questa sanguinosa transizione è stata il principale trend politico sotto l’occupazione statunitense. Non è un mistero chi stia assassinando le donne a Bassora. Le forze sciite potenziate dall’invasione Usa terrorizzano le donne sin dal 2003.
_ Nel giro di poche settimane dall’invasione questi gruppi avevano creato {{squadre mobili per la “Propagazione della virtù e prevenzione del vizio”,}} a cui molti iracheni si riferiscono semplicemente come alle “gang della miseria”. Hanno iniziato controllando le strade, molestando e picchiando le donne che non si vestivano o non si comportavano come a loro piaceva. Le forze della coalizione non hanno fatto nulla per fermarle, e presto queste milizie hanno aumentato la dose di violenza, sino a torturare ed assassinare chiunque essi vedano come un ostacolo alla trasformazione dell’Iraq in uno stato islamista.

Nonostante la chiara natura politica di questi omicidi, i media statunitensi e occidentali generalmente descrivono la violenza contro le donne irachene come {{una sfortunata parte della “cultura” araba o musulmana}}, intendendo che la violenza di genere sia una derivazione dell’Islam. Naturalmente questo ha un uso politico: aiuta a disumanizzare i musulmani, e giustifica l’intervento Usa nei loro paesi. E’ altrettanto utile a deflettere l’attenzione dai molti modi in cui la politica statunitense ha ignorato e favorito la violenza contro le donne irachene, come l’appoggiare candidati politici che avevano apertamente dichiarato di voler “estirpare” i diritti delle donne.

Ma in effetti, {{la “cultura” da sola spiega molto poco}}. Tutti i comportamenti umani hanno dimensioni culturali, ma la cultura è solo un contesto, non una causa o una giustificazione alla violenza, in Iraq o altrove. Ha più senso qui l’esame del genere, e di quel sistema di potere nelle relazioni la cui risorsa principale per la propria perpetuazione è la violenza contro le donne. Non c’è niente di “musulmano” in questo sistema eccetto i suoi sostenitori, che però sono anche ebrei, cristiani e hindu, i quali usano cultura e religione per razionalizzare il giogo posto sulle donne.

Se spostiamo il focus dalla cultura al genere, ecco che si rivela un sistema di dominio praticamente universale. {{Yanar Mohammed}}, la fondatrice dell’OWFI, descrive le uccisioni di donne a Bassora come “una campagna per restringere le donne entro la sfera domestica, e por termine alla partecipazione femminile negli ambiti politici e sociali.” Paragonate il suo commento alla conclusione di {{Amnesty International rispetto ai femminicidi di massa in Guatemala}}: l’ondata di violenza “reca con sé un messaggio perverso: le donne dovrebbero abbandonare gli spazi pubblici che si sono conquistate per lo più con grandi sforzi personali e sociali, e rinchiudersi in un mondo privato, rinunciando al loro ruolo nello sviluppo della nazione.”

Le parole descrivono bene gli intenti degli islamisti iracheni, i quali però hanno poco in comune con gli assassini di donne in Guatemala, eccetto questo:{{la rigida aderenza a un sistema di dominio basato sul genere}}. Invece di lamentare la “brutalità” dell’Islam, i media occidentali dovrebbero cominciare a tirare linee fra i punti che segnano l’occupazione Usa e il potenziamento dei gruppi che usano la violenza contro le donne come una strategia per imporre la propria agenda politica. Potrebbero cominciare dal fatto che il Pentagono ha addestrato, armato e finanziato quelle stesse milizie che oggi uccidono le donne di Bassora.

Scritto per {Znet}, gennaio 2008
_ Traduzione di Maria G. Di Rienzo