Un commento in forma di messaggi a quanto si legge sulla stampa.{{Primo messaggio}}

Leggo {{dalla strip rossa dell’Unità}} le risposte in un dibattito del sindaco di Roma, Gianni Alemanno: “l’uomo e la donna compiono sempre gli stessi peccati, al contrario di quanto affermavano i marxisti, ma ciò non vuol dire che uno si debba rassegnare. Io ritengo che la prostituzione debba essere un fatto privato. Io con le prostitute? No, mai. Non ne ho bisogno. Sono sposato.”

Alemanno non pensa bene del marxismo, ma dovrebbe leggere in Engels un bel confronto analogico fra la prostituta e la moglie, condizioni entrambe proprie dell’ipocrita mercimonio della famiglia borghese che condannava la prostituta malfamata a vendersi e obbligava la sposa rispettata ad essere venduta, perfino con una dote, all’uomo scelto dal padre e a doversi concedere indissolubilmente al “dovere coniugale”.

Per la seconda volta, dopo il manager che si rilassa pagando un corpo femminile di cui ci ha reso nota l’intervista Repubblica la settimana scorsa, la stampa invita le donne a compiangere una moglie. Alemanno non “ha bisogno della prostituta perché è sposato”. Solo per questo? e gli altri maschi? Ma soprattutto: {{che cosa crede che sia la dignità della donna?}}

{{Secondo messaggio}}

Sempre la stampa, quella locale questa volta. Il vescovo di Bologna Ernesto Vecchi è stato invitato a benedire il locali di un nuovo ambulatorio Ausl ed ha approfittato dell’occasione per benedire anche le linee guida che, più o meno implicitamente, autorizzano la presenza del volontariato cattolico nei consultori, secondo la proposta dell’assessore regionale alla sanità Bissoni. Dice il vescovo auspicando la collaborazione: “non vogliamo fossati, ma la libertà per le donne di decidere”. Eccone un altro, che non si sa se perché è prete o perché, come Bissoni, è uomo, dimostra di pensare che le donne sono deficienti.

Sembra impossibile doverlo ripetere ancora: {{è per la loro libertà che le donne vogliono mantenere i termini attuali della legge}}. Allora ridiciamolo, al vescovo, ma soprattutto a Bissoni: le donne non desiderano farsi mettere i ferri in corpo, vorrebbero avere i figli che desiderano, non tutti quelli che capitano a causa delle pulsioni sessuali che i maschi si figurano superiori e irrefrenabili.

{{I vescovi}} potrebbero pensare all’irresponsabilità maschile nei concepimenti e provare ad evangelizzare gli uomini. Mentre {{gli assessori}}, oltre a fare le stesse meditazioni, dovrebbero fare lo sforzo di capire che la rappresentatività istituzionale non risponde all’elettorato di un solo genere, ma viene delegata anche dalle donne. Entrambi, poi, {{vescovi e assessori, pensino alle conseguenze}}: se una donna teme di non essere libera, rivendica l’autonomia della clandestinità. Se le strutture pubbliche non la garantiscono, non siamo più ai tempi del prezzemolo o del ferro da calza: qualche centinaio di euro per un medico, magari anche obiettore, al quale far ricorso ormai lo si trova facilmente. Preferite così? Noi no.