A Reggio Emilia, nella mailing list del sito refahre, c’è una discussione intensa su Susanna Camusso, neo segretaria della Cgil. L’avevo accesa io, per vedere cosa se ne pensava, colpita dallo strano silenzio che aleggiava sulla sua elezione, facendole gli auguri nella speranza che almeno il simbolico del sindacato cambiasse.Le risposte immediate sono andate dal: se son rose fioriranno, ma aspetto quello che
dirà Maurizio Landini (il reggiano neo segretario della Fiom che proviene dal
lavoro in fabbrica), a le rose hanno anche le spine (di un importante esponente
della Sel locale) che ha già deciso dalle prime mosse di Camusso che sbaglia tutto.
Si continua con un: non mi basta che sia donna (di una dirigente di primo piano
della Cgil reggiana forse appena pensionata) a un accondiscendente ex segretario
della stessa Cgil reggiana (ora di Sel), che glissa sul sesso e cita un proverbio
cinese sul colore dei gatti che recita: basta che prendano i topi. Un signore invece
è fiducioso su Camusso, ma afferma esplicitamente che non importa se si parla al
femminile o al maschile, perchè il sesso non conta e non è poi così fondamentale
che si capisca quello del segretario (o segretaria?) anche linguisticamente. E una
signora racconta il suo orgoglio femminile e fa pure lei gli auguri a Camusso.
Infine un’amica riprende il fastidio linguistico per dire che se anche questo
disturba un motivo discriminante ci sarà.

Che dire, se non che è cambiato proprio il simbolico della Cgil, e che credo
occorra riconoscerlo come fatto?
Ho sbagliato anch’io nell’auspicarlo negli auguri perchè in realtà era già
avvenuto: con l’elezione.

Mi pare sia questo il dato da capire e che il pericolo stia tutto qui: nella
capacità di accettarlo o meno e che da lì dipenda il resto della storia.
Siamo in grado di cogliere che una grossa percentuale del sindacato più grande
d’Italia, tra cui moltissimi uomini, si è messa nelle mani di una donna?

Spero di sì, ma vedo che la difficoltà è grande. Sembra di leggere uno scacco
maschile e persino femminile innominabile. Ma perchè serpeggia a Reggio(!)
una sfiducia che nemmeno il cambio del simbolico sembra disinnescare, fino a
negargli quasi l’esistenza?
Se non si vede il nuovo che è nato, tra donne e uomini che frequentano il fare
ufficiale della politica nel regno della sinistra, è come non si volesse vedere la
realtà del cambiamento davanti agli occhi, e in quest’ottica dove si va?
Speriamo non le si chieda, come sempre, di diventare un uomo, copiandolo
(Marcegaglia insegna, anche se si intravede un cambiamento ora), ma di rappresentare
invece il desiderio di cambiamento, anche quello degli uomini.

Perchè forse è proprio questo che non si vuole vedere: non si vuole vedere che il
pensiero per lo più maschile che ha diretto il più grande sindacato di sinistra
italiano ha deciso per un cambiamento radicale. Anche se in periferia sembra si
sentano orfani di padre (o di patriarcato…?).

Sarà un caso che non si voglia far emergere il cambiamento del maschile? Perchè di
questo si tratta: non solo c’è stato il cambio da uomo a donna nella Segreteria
della Cgil, ma soprattutto lo hanno voluto gli uomini e quindi sono loro ad aver
deciso la modificazione del proprio sguardo politico.
C’è stata una trasformazione simbolica inaspettata e forse sotteranea, ma non
invisibile. Anche se comunque adesso il gioco è ancora tutto in mano a loro.

Continua uno scontro tra maschi per il potere, ma in maniera diversa rispetto a
prima e le donne potranno fare la differenza lì dentro, nel gioco tra il nuovo e il
vecchio e il conflitto che sviluppa. A patto che le donne facciano le donne, i
colleghi sindacalisti ne hanno un tremendo bisogno e lo hanno detto nell’urna.

Sarebbe invece utile chiedersi a questo punto, uomini e donne nuovi, cosa si vuole
cambiare, trasformando una sfiducia palpabile, in una ricerca utile per non sprecare
un’occasione a sinistra. Il tutto in ottica unitaria, che non veda solo la perdita
di potere del pensiero maschile, ma cerchi il nuovo che egli stesso ha espresso.

Tutto da costruire certo, forse anche al centro.
La responsabilità è collettiva e individuale, maschile e femminile, se non si
vuole tornare subito a formule abusate e ormai svuotate dall’interno (penso al
conflitto di classe come sostituzione di quello di sesso…) che non portano a nulla
se non a prolungare le divisioni tra uomini e donne ormai stantie e vissute fin
troppo male.
Occorrono formule inedite, utili ad entrambi i sessi, che tengano conto dei loro
differenti modi di vivere che devono assolutamente incontrarsi e che per ora non
hanno bucato o lo hanno fatto abbastanza poco nel sindacato così come nella
sinistra, ma che le donne e il femminismo stanno da tempo esprimendo.

E questo
cambio nella direzione della Cgil è l’occasione da prendere al volo.
Certo è un lavoro lungo, a cui la diffidenza e basta come difesa e soluzione non
serve come strumento. Anche questo fa parte di un già visto interno che non ha
prodotto e che forse è ora di abbandonare senza troppi drammi.

Mi chiedo e chiedo, nella sinistra del dopo Cofferati: e se fosse stato eletto un
uomo, invece di una donna, le reazioni reggiane o di altre periferie, sarebbero
state uguali? Di certo comunque il nuovo negli uomini non sarebbe nato.