I giornali oggi danno notizia che ad una manifestazione di donne a Kabul contro il codice della famiglia che consente al marito di stuprare la moglie, altre donne a cui la legge sembra stia bene hanno opposto insulti e maschi integralisti sassate.

Sorvolo su riflessioni varie che l’informazione suggerisce. Riferisco invece la {{sentenza}} n.24906/2008 della {{Corte di Cassazione italiana}} che si è pronunciata {{contro l’applicazione sostanziale dello status di rifugiato alle straniere clandestine}} che ne fanno richiesta per evitare, se rimpatriate, le mutilazioni genitali femminili [Mgf] e le condizioni di sudditanza a cui sarebbero sottoposte nel loro paese.

La Corte dice che la pratica della clitoridectomia e dell’infibulazione “è una condizione generale di tutte le donne del paese stesso e come tale priva della necessaria individualità postulata dalla convenzione di Ginevra del 1951”. Quindi mancano “i presupposti per l’adozione di una misura temporanea del divieto di respingimento in relazione al concreto rischio di trattamenti personali degradanti nel paese di provenienza”.

A prescindere dall’art. 3 della Convenzione, relativo ai valori fondamentali delle società democratiche e dalla protezione estesa ai casi di Mgf dalle Corti di Gran Bretagna, Canada e Australia, {{la Corte europea dei diritti dell’uomo}} ha equiparato le mutilazioni genitali femminili ai trattamenti disumani e degradanti contrari appunto all’art.3 della Convenzione stessa.

Tali precedenti non dovrebbero essere ignoti ai giudici della Cassazione italiana. Resta, quindi, un solo giudizio: {{sono talebani. A quando le sassate?}}