Pubblichiamo il testo di una lettera aperta di Giovanna Scassellati, ginecologa presso il San Camillo di Roma, alla Ministra Livia Turco.Le scrivo prima di tutto come cittadina delusa di questo modo di governare la res pubblica. Ho fatto parte della commissione ministeriale nel Ministero della Sanità per la stesura delle linee guida sulle MGF (Malformazioni Genitali Femminili); dopo varie riunioni, sono stata invitata ad un incontro con Lei, al quale non ho potuto partecipare per motivi familiari, per una giornata di studio con relatori indicati da Vaifra.

Ora non voglio scendere in dettagli, perché potrebbe essere sgradevole, ma credo sia giusto che Lei sappia che il metodo utilizzato non è stato condiviso da tutti i membri della Commissione.
_ Ho lavorato in Inghilterra con il Prof. Gordon, esperto OMS, in un Ospedale londinese per aiutare le donne con Mutilazioni genitali femminili (MGF).
Da marzo 2007 sono responsabile de Centro Regionale per le mutilazioni genitali. Trovo ridicolo che in una Commissione ci siano quelli buoni e quelli cattivi o semplicemente i più ossequiosi.

Tengo a precisare che con l’associazione AOGOI, alla quale sono iscritta dal lontano 1986, abbiamo edito un libro sulla violenza alle donne con un capitolo sulle MGF scritto da me.
_ Forse lei non mi ha voluto mai incontrare dopo la bagarre giornalistica riguardo al consenso informato sull’accanimento terapeutico sui bambini con malformazioni gravi.
_ Vede, proprio dai compagni di sinistra dirigenti del mio ospedale, che Lei peraltro ha visitato prima di essere eletta ministro, sono stata messa sotto inchiesta, inchiesta superata in maniera brillante, anche perché veramente noi aiutiamo le coppie in questa scelta dolorosa, come nessuno fa.

Lei ha istituito una Commissione: mi stupisce che all’interno della stessa, ad esempio, non sia presente la presidente della FIAPAC (Federazione Internazionale Aborto e Contraccezione) dott.ssa Mirella Parachini; io faccio parte di questa Società internazionale e noi operatori, pur costretti a lavorare senza strumenti essenziali come il Mefegyne (R468), da 22 anni in uso in Francia ed in quasi tutta Europa, continuiamo ad operare con molta umiltà.
_ Abbiamo una visione diversa dalla Sua perché andrebbe cambiata la legge 194, essendo passati 30 anni dalla sua entrata in vigore.
_ Vede Lei forse ha degli ottimi collaboratori, ma essi sembrano distanti dai desideri delle donne.

Non so se leggerà mai questa mia lettera senza che nessuno la censuri.
La Commissione che si è insediata al ministero sulla “salute delle donne” sicuramente al suo interno annovera donne autorevoli, ma non sempre rappresentative.
_ Sono donne preparate, scienziate, intellettuali, ricercatrici, operatrici, il cui contributo sarà essenziale per il rigore e la serietà che si intende dare ai lavori della Commissione. Ma è anche un altro motivo della mia scelta che vorrei fino in fondo esplicitare. Non vi possono essere efficaci politiche a favore della donne senza le donne protagoniste delle scelte. {{Non si promuove empowerment “contro” ma neppure “in nome” ma “con” le donne.}}
_ Penso allora sia indispensabile la presenza delle “utenti”, mi passi il termine.

La Commissione sulla salute della donna, come dice il Ministro, non può fare a meno del contributo delle persone per la cui salute si cerca di lavorare bene.
_ Per creare empowerment dovrebbero esserci anche le donne comuni, quelle che usano i servizi, che spesso soprattutto in ginecologia e ostetricia si trovano davanti a situazioni quantomeno strane e strumentali.
_ Anche qui poi non ci può essere una sottocommissione sulla “salute riproduttiva”, dove non c’è nessuno degli operatori che fa parte della FIAPAC che si occupa da anni di “salute riproduttiva”.

Spero che Lei comprenda che esistono altri punti di vista diversi dai Suoi.
_ Avevo creduto nella Sua elezione ed invece mi sono vista più volte respinta e non ascoltata e per di più scavalcata da personaggi quantomeno ambigui.
_ Mi auguro un sincero chiarimento e magari in futuro una più attiva collaborazione.