Dal rapporto Eige (European Institute for Gender Equality) si evince  che ‘indice sull’uguaglianza di genere  2017 esamina  i progressi compiuti  e le sfide affrontate  per  conseguire l ‘uguaglianza  di  genere  in tutta  l’Unione  europea  dal  2005  al  2015.  Utilizzando  una  scala da  1 (totale  disparità)  a  100  (totale  parità),  l’indice misura le differenze  tra donne  e uomini  in domini  chiave nell’ambito  delle  politiche dell’UE (lavoro, denaro, cono­ scenza, tempo,  potere  e salute). L’indice misura inoltre  la violenza  contro  le donne  e le disuguaglianze  intersezionali.  Si  tratta  di  domini  satellite  che rientrano  nel quadro  dell’indice  sull’uguaglianza  di genere,  ma  non  hanno  un impatto  sul  punteggio  complessivo. Le disuguaglianze  intersezionali  mostrano  come  il genere  interagisca con  l ‘età,  l’istruzione,  la  composizione  della  famiglia,  il  paese di  nascita e  la  disabilità.  L’indice sull ‘uguaglianza  di  genere  fornisce  risultati  per  ciascun dominio  e sottodominio sia per  l’UE che per i suoi  28  Stati membri. Hanno contribuito al risultato italiano la “sensibile diminuzione delle differenze di genere in quattro domini di studio: lavoro, ricchezza, conoscenza e potere”. In particolare, sono “l’istruzione delle donne italiane e la loro capacità decisionale ad aumentare negli ultimi dieci anni in modo tale da rendere massima a livello europeo la diminuzione delle differenze rispetto alla situazione degli uomini in questi settori”.

LAVORO – una spinta non irrilevante è venuta dal 2012 ad oggi grazie alla legge proposta dalle parlamentari del PD Lella Golfo e alessia Mosca, che prevede che un terzo dei posti dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali delle società quotate e partecipate pubbliche sia riservato al genere meno rappresentato. Questo ha permesso all’Italia di posizionarsi fra le best practise europee: dal 5,9% del 2008, infatti, si è superato il 30% di presenze femminili nei board delle società quotate. Sul fronte dell’istruzione, poi, aumenta, anno dopo anno, anche il livello di educazione delle ragazze, che, si sa, si laureano prima e con voti più alti rispetto ai compagni di corso. Le differenze vere, però, poi si riscontrano nel mondo del lavoro: occupazione, differenza salariale di genere, mortalità professionale dopo la maternità, poche donne ai vertici manageriali delle aziende, poche anche ai livelli più alti nelle università e così via.

 Certo a ben guardare i numeri  c’è da sottolineare che almeno in Italia la situazione è migliorata. Ci sono, infatti, 12 Paesi europei in cui le differenze di genere sono andate aumentando invece che diminuire nell’ultimo decennio. Una fra tutte la Germania, che comunque resta due passi davanti a noi. Oppure la Finlandia, che resta in ogni caso terza in classifica. Tutt’altro che una consolazione, quindi.

VIOLENZA  – Ogni anno, nel nostro paese, la violenza contro le donne costa 26 miliardi di euro. Si tratta di una spesa sociale composta dagli effetti della perdita di produzione economica, dal maggiore utilizzo di servizi e dai costi personali. Lo stima il rapporto Eige (European Institute for Gender Equality) – presentato ieri 8 ottobre 2018 a Roma in una conferenza organizzata dalla stessa Eige e dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio – che parla di un fenomeno che pesa in totale quasi 226 miliardi di euro nei 28 paesi dell’Ue. Il rapporto conferma i Paesi del Nord Europa alle prime posizioni, con Svezia e Danimarca che svettano. L’Italia, passata dal 26esimo al 14esimo posto in classifica, è stata, però, menzionata come Paese in cui il miglioramento delle condizioni delle donne è stato più evidente, anche se restiamo comunque sotto la media europea.