Il collettivo è stato sgomberato un mese fa in una giornata ad alta tensione. Bergonzoni dal palco: “Basta manganelli, che non si vedano mai più”

Le foto sono di Comune info

L’articolo è di Ilaria Venturi e Alessandro su la Repubblica.it  il 9 settembre 2017

— Migliaia di manifestanti hanno invaso le strade del centro per urlare “Riabriamo Làbas”, il centro sociale sgomberato dall’ex caserma Masini di via Orfero lo scorso 8 agosto, e adesso in trattativa per avere una sede. Il corteo è partito da piazza XX settembre, già piena nel primo pomeriggio. La band Lo Stato sociale ha aperto la manifestazione e sottolineato: “Siamo qui come cittadini frequentanti Làbas e come band”.

In corteo anche Xm24, Usb, il circolo Berneri, e una delegazione di Crash con lo striscione “Contro ogni sgombero l’autogestione. Riapriamo Làbas”. Studenti, attivisti, mamme con bambini: in tantissimi hanno attraversato pure la centralissima via Rizzoli, pedonale per i T-Days.

Al microfono interviene Francesca, una degli attivisti di Làbas, che ha dato “il benvenuto a chi ha creduto in progetti, sinergie e connessioni ribelli”. Alessandro Bergonzoni, uno degli intellettuali e artisti bolognesi vicini al centro sociale e alle esperienze portate aventi in via Orfeo, dal palco dice: “Basta manganelli, che non si vedano mai più”, ricordando quanto accaduto durante lo sgombero, e regala al centro sociale una delle sue creazioni linguistiche: “Oggi a Bologna è la presa del-laBas-tiglia. Voi fate il lavoro pulito e altri fanno quello sporco. State dando l’esempio di non essere fuori luogo. Vi daranno la Staveco: pensate la bellezza di avere gli uffici della legalità accanto a quelli della socialità“. Su questo punto, sul dialogo fra Comune e collettivo e l’obiettivo di una sede definitiva, Detjon Begaj al microfono chiarisce: “Siamo migliaia, ieri il sindaco ha ceduto” garantendo un luogo temporaneo entro due mesi in attesa degli spazi alla Staveco “ma Làbas non ha firmato la pace con Merola, nessun accordo. Làbas ha conquistato uno spazio per tutti”.

Fra le migliaia di manifestanti hanno sfilato anche membri dei collettivi Link, Uds, Xeno e Ritmolento. Hanno il volto dipinto di grigio “contro un modello di città grigio, chiuso, figlio della paura e della repressione. Noi siamo per un modello di accoglienza aperta e solidale”. Ci sono anche i contadini di Campi aperti, ospitati in via Masini (“Seminiamo resistenze” il loro slogan), ma anche i mimi (“Mimes against violence”) e la banda.

“SIAMO IN VENTIMILA”

Il corteo è partito alle 16.40 verso il centro cittadino: apriva lo striscione “Riapriamo Làbas”, chiude “Contro il Partito Della (Pd) repressione riprendiamoci tutto”. La coda del corteo comincia a muoversi

di fatto solo 15 minuti più tardi, tanta è la partecipazione, e culmina in piazza Nettuno invadendo i T-Days, la pedonalizzazione del fine settimana. “Siamo in 20mila”, urlano gli organizzatori dal camion. In via Rizzoli tutti si fermano e gridano “giù le mani da Làbas”, mentre vengono sparati fumogeni colorati e i manifestanti cantano “siam venuti fin qua per vedere riaprire Làbas” sotto lo sguardo attonito di turisti e passanti.