Giovedì 22 giugno 2017 ore 18,00 nell’Aula Magna Complesso di Santa Cristina  in Via del Piombo, 5 si parlerà del libro  con l’autrice Rosi Braidotti  che si confronterà con Carla Faralli, Rita Monticelli, Angela Balzano. Il dibattito sarà introdotto e moderato da Raffaella Lamberti

Quando si diffondono le asfissianti retoriche della politica dell’emergenza e le passioni negative come la paura, diventa oltremodo facile instaurare uno stato di crisi e guerra globali e permanenti.

Lo vediamo negli Stati Uniti di Trump e, con diversa sceneggiatura e diversi protagonisti, in Europa.

Ma i bianchi corpi high-tech non valgono più dei corpi dei migranti che l’Europa respinge cinicamente. Nel bel mezzo del clamore tecno-politico e della paranoia securitaria Braidotti ci chiede:

E’ ancora possibile immaginare pratiche e teorie politiche affermative, capaci di diffondere alternative sostenibili e orizzonti sociali di speranza e di resistenza?

Che strumenti abbiamo per non consegnarci al nichilismo, per non chiuderci in noi stesse/i rifiutando l’altra/o?

 

L’invito del libro è a tornare a pensare il corpo nella sua immanenza, sostenibilità e complicità con i regimi tecnologici. Muovendosi a zig zag tra potenti etiche politiche, da Spinoza a Donna Haraway, da Foucault a Deleuze, Braidotti ci ricorda che abbiamo pratiche trasformative all’altezza della sfida: dalle Riot Grrrls alle Pussy Riot, passando per le cyborg-eco-femministe e le attiviste antirazziste e antispeciste.

Innumerevoli irriverenti e cattive ragazze rivendicano autodeterminazione, creano nuovi immaginari e nuove forme di affettività. Muse ispiratrici per modelli di soggettività alternativi a quelli costruiti sull’isolamento, queste cattive ragazze ci insegnano che le modalità di resistenza alle violenze e alle contraddizioni del presente viaggiano di pari passo alla creazione di stili di vita in grado di sostenere i desideri di giustizia sociale.

 

Cristina Gamberi il 5 maggio di quest’anno scriveva su InGenere

Per una politica affermativa. Itinerari etici è l’ultima opera pubblicata in Italia da Rosi Braidotti.

Si tratta di un volume uscito all’inizio del 2017 per Mimesis, che raccoglie cinque saggi della filosofa di origine italiane, tre dei quali appaiono per la prima volta in versione italiana, preceduti da una articolata introduzione scritta a quattro mani con Angela Balzano, che è anche traduttrice del volume.

La prima parte del libro è composta da tre saggi tutti accomunati dalla riflessione sulle pratiche femministe oggi diffuse a livello globale. Braidotti guarda infatti al movimento delle donne che oggi è attivamente impegnato nella politica della vita quotidiana e rivendica la capacità del femminismo di aver saputo inventare delle modalità alternative per affermarsi come soggetto politico. Ne sono un esempio le pratiche culturali e politiche di un gruppo eterogeneo di artiste femministe che nel mondo dell’arte, della letteratura e della musica hanno avviato una ricerca su come raffigurare un soggetto fluido, queer e nomade, reinventando, con ironia e l’uso della parodia, dei nuovi linguaggi sul corpo.

E lo dimostra il cyborg, la figurazione metà umana e metà macchina di Donna Haraway, a cui Braidotti dedica una attentissima disanima.

 

In campo politico Rosi Braidotti guarda all’attivismo socio-culturale del collettivo femminista russo delle Pussy Riot a cui dedica un lungo saggio. La riflessione di Braidotti prende avvio dalla scelta da parte delle Pussy Riot di compiere le azioni di guerrilla con il volto mascherato. Secondo la filosofa, il gesto di sottrarre il proprio volto permette alle Pussy Riot di contestare la  “viseità”, ossia la funzione politica della centralità del viso su cui si basa la visione egemone della soggettività (p.72).

Le pratiche sovversive delle Pussy Riot sferrano dunque una critica radicale al soggetto logocentrico, e si schierano a favore di ciò che Braidotti chiama la depersonalizzazione e desoggettivazione, ossia il sottrarsi alla riconoscibilità visiva e politica, perchè “nessuna identità – compresa quella LGBTQ – può dirsi estranea alla regola della mercificazione e della territorializzazione informatica” (p.78).

Il cuore della riflessione di Braidotti trova posto tuttavia nella seconda parte del libro incentrata sul tema dell’etica sostenibile e sul significato della politica nel mondo attuale. Il punto di avvio di Braidotti è la critica al capitalismo “avanzato” – termine contestato da Braidotti perché in realtà il capitale cela un’economia politica il cui unico obiettivo è il profitto, generatore di paura e terrore, la cui logica è quella di distruggere ogni futuro possibile e annientare l’azione sociale collettiva e l’immaginazione politica (p. 121). Reagire a questo orizzonte globale contrassegnato dalla sofferenza e dalla vulnerabilità dei corpi, dal lutto e dalle passioni negative, vuol dire per Braidotti costruire orizzonti sociali capaci di speranza e sostenibilità a livello collettivo.

Mentre l’interesse per la politica è in declino e nel discorso pubblico trionfa la morale (intesa come attuazione di protocolli e regolamenti prestabiliti), l’autrice rivendica un’etica affermativa, ossia un discorso sulle forze, sui desideri e sui valori che funzionano come modelli ‘potenzianti’ di divenire – termine che Braidotti prende a prestito da Deleuze.

Nella riflessione di Braidotti sull’etica affermativa confluiscono due pensieri. Il primo è da ricollegare alla sua teoria di un soggetto sempre situato, incarnato e inscritto nelle condizioni della sua storicità, ovvero ciò che lei stessa ha teorizzato come soggettività nomade: “il vero oggetto della ricerca etica non è il soggetto universale né il suo nucleo individuale – la sua intenzionalità morale, o coscienza razionale – bensì gli effetti di verità e potere che le sue azioni hanno nel mondo” (p. 126).

Dall’altra, richiamandosi all’etica di Spinoza, Braidotti elabora un modello di pragmatismo etico, che intende l’etica come prassi volta alla produzione di modelli affermativi di relazione e che a sua volta si collega con la corrente filosofica del materialismo incarnato e la sua concezione non unitaria del soggetto.

Il libro prosegue dunque il percorso di riflessione che Rosi Braidotti ha iniziato a partire dagli anni ’90: da una parte il dialogo con la filosofia francese post-strutturalista di Michel Foucault e Deleuze e Guattari e dall’altra le teorie femministe, in particolare Donna Haraway, Adrienne Rich e Luce Irigaray, nelle opere fondamentali Dissonanze (1994) e Soggetto nomade (1995), che hanno contribuito a ridefinire il pensiero femminista della differenza.

Come i testi precedenti, anche questa raccolta di saggi è contrassegnata dallo stile inimitabile di Braidotti, che è anche uno stile di pensiero: è affamato di neologismi nel continuo tentativo di creare nuove letture di un presente in costante trasformazione ed è animato da una grande passione politica, perché mai come in questa fase, sembra dirci l’autrice, la riflessione teorica deve rispondere alla necessità di indicare nuovi immaginari sociali ed efficaci prassi politiche. Anche a partire dal corpo, che è un tema da sempre caro all’autrice che ne ha indagato a fondo la complessità.

La bellezza del volume risiede nella capacità di Braidotti di aggiornare il pensiero critico ad un contesto in cui i mutamenti economici e sociali appaiono il più delle volte confusi e aggrovigliati, indicando itinerari etici, e quindi politici, basati su un soggetto incarnato e fluido. Il pensiero di Braidotti si è sempre distinto per la capacità di offrire dei percorsi di comprensione del reale zigzagando fra cultura popolare e riflessione teorica, sottolineando la centralità del femminismo per una azione trasformativa sul presente. Si tratta comunque di un testo teorico complesso che non rinuncia a misurarsi con la riflessione filosofica e culturale contemporanea, alle volte anche in senso critico (Badiou e Žižek). Molto attenta la redazione della traduzione italiana, corredata da una ricca e aggiornata bibliografia

Ringraziamo per l’immagine lo special project  “GUERRILLA GIRLS” di CHEAP street poster art festival 2017  – Bologna –  Italy – photo Anna Fabrizi