A Bogotà è in fase di approvazione un progetto che impone (non consiglia) ad istituzioni e mass media l’uso di un linguaggio includente e non discriminante nei confronti delle donne. In Italia, nonostante gli sforzi di molte amministratrici e giornaliste, il traguardo è ancora lontano.Se questo progetto, fortemente voluto dalla consigliera di Bogotà e Presidente della Commissione del Plan, Angela Benedetti, sarà approvato, rappresentanti istituzionali e giornalist* dovranno utilizzare “un linguaggio sessuato ed includente” in ogni contesto pubblico e anche nella redazione degli atti amministrativi.

Anche se le donne hanno fatto grandi progressi nel campo dell’educazione, le donne in Colombia rappresentano solo il 12% tra coloro che siedono al Senato e non raggiungono l’8,5 alla Camera.
_ A Bogotà le consigliere elette sono solo 9 e rappresentano il 20% tra coloro che compongono il Distretto cittadino.

“Davanti alla discriminazione permanente di cui è fatta oggetto la donna attraverso l’uso del linguaggio sessista – ha dichiarato Benedetti – è necessario promuovere tra cittadini e cittadine di Bogotà una cultura capace di superare le barriere, anche attraverso l’uso di un linguaggio includente e non discriminatorio”.

In Italia un simile progetto, sulla spinta delle tante riflessioni portate avanti [studiose femministe sul linguaggio sessuato->http://www.cdsdonnecagliari.it/?Title=Bibliografia-sul-linguaggio-sessuato&PID=76], era stato promosso dall’ex ministro della Funzione pubblica, Bassanini, che, alla fine degli anni ’90, aveva individuato nel linguaggio usato dalle istituzioni il metro della relatione tra la pubblica amministrazione e la cittadinanza.

Infatti all’interno del [Manuale di Stile->http://www.funzionepubblica.it/chiaro/manuale1997.htm], pubblicato a cura dello stesso Dipartimento, si legge: “La lingua non è solo uno strumento di comunicazione attraverso cui vengono trasmesse informazioni e idee. Essa
riflette nei suoi usi la società che la utilizza. Nello stesso tempo, però, la lingua influenza la società nel modo di pensare, di giudicare, di classificare la realtà. Dietro forme ed espressioni linguistiche di uso comune spesso si celano pregiudizi sociali, culturali e sessuali che, chi usa la lingua, trasmette anche senza volerlo. Per evitare usi discriminatori nei confronti di persone di razza, religione e
sesso diverso occorre fare attenzione alle loro caratteristiche sociali, culturali e sessuali”.

Da allora molte regioni si sono dotate di linee guida per la valorizzazione dell’identità di genere e dell’immagine femminile nella comunicazione isitituzionale (come ad esempio la [Regione Piemonte->http://www.consiglioregionale.piemonte.it/organismi/org_cons/cons_femm/dwd/linee_guida_imago.pdf], alcune, come l'[Emilia Romagna->http://www.scribd.com/doc/9381798/Linee-Guida-Egover-Definitivo] anche per quanto riguarda la comunicazione in Rete) ma purtroppo l’indifferenza con cui i politici (e l’uso del maschile non è casuale), hanno accolto quel progetto lo ha di fatto affossato.

Non sono mancati in questi anni [gruppi di lavoro->http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/867A807F-CBF0-405D-B150-8FEE39BCCB13/0/Interno.pdf] che hanno continuato a lavorare intorno al tema del linguaggio della pubblica amministrazione, e soprattutto tesi di [giovani studiose->http://www.consiglieraparita-provincialodi.it/DOCUMENTI/La_lingua_italiana_e_il_genere_aspetti_in_evoluzione%20.pdf] sul tema, ma effettivamente il tema sembra di nuovo uscito dall’agenda politica.

Anche il Parlamento europeo ha prodotto molti materiali sull’uso del linguaggio di genere all’interno dei propri atti, ben sintetizzati dal documento [ La neutralità di genere nel linguaggio usato al Parlamento europeo->http://reterei.eu/gruppi/neutralitagenere.pdf] (del 2008) sulla cui quarta di copertina leggiamo “Il Parlamento europeo si impegna a utilizzare {{un
linguaggio neutro dal punto di vista del genere}} nelle sue
pubblicazioni e comunicazioni, ed è la prima istituzione
a fornire linee guida specifiche sul linguaggio neutro
dal punto di vista del genere in tutte le lingue di lavoro
comunitarie”.

Il linguaggio sessuato lascia il posto al “linguaggio neutro dal punto di vista del genere”.

Un segno dei tempi?