Care donne,
sono bravissime quelle di noi che, soprattutto giovani, hanno ripreso a dare visibilità a un genere che, ancora una volta, è a rischio di irrilevanza, anche se aumentasse il numero delle nostre rappresentanti
istituzionali.
Tuttavia, bisognerà che “tutte” le donne prese in mezzo dai
poteri maschili – parlano a loro nome, fanno loro lezioni di etica e ne
condizionano la vita – alzino la testa e dicano la loro: le lavoratrici e le
precarie, ma anche le giuriste e le mediche, le maestre e le studenti, le
assessore e le imprenditrici.
{{Le cattoliche, soprattutto}}.

Sono le più colpite, perché tutte accomunate a quella Binetti che difende
la vita embrionale, ma non ha mai parlato delle vite perse in guerra o sul
lavoro.

E’tradizionale l’ignoranza dei cattolici italiani che conoscono poco e male
le stesse ragioni della loro appartenenza: la Chiesa ai fedeli richiede più
obbedienza che conoscenza. Senza quest’ignoranza, sarebbe impensabile la
strumentalizzazione della fede: altrove, il monito è rivolto, ovviamente in
forma pubblica, solo ai seguaci e non presume il governo delle istituzioni
o il fiancheggiamento elettorale.
Le donne credenti si domandano {{perché mai la condanna delle pratiche
abortive si rinnovi solo in Italia e in Spagna}}, paesi in cui l’aborto da
tempo è regolato da leggi non permissive, ma che stanno per andare ad
elezioni. In Italia leaders politici di destra o di centro-destra, assumono
la difesa della vita come sostenitori della chiesa, a prescindere dal
dichiarato ateismo o dai divorzi. I radicali, non contestati dalla curia se
alleati alla destra, sono giudicati incompatibili con i cattolici del
centro-sinistra.
Che lo facciano i politici piace poco; ma piace ancor meno che il Papa
ammetta al bacio dell’anello Giuliano Ferrara, inventore, con il cardinal
Ruini, della “moratoria degli aborti” che intende proseguire quella contro
la pena di morte vittoriosamente sostenuta all’Onu dal governo Prodi.

L'{{incongruità}} è palese: la pena di morte viene comminata da governi ed è
questione di politica generale, mentre l’aborto è scelta privata consentita
dalla legge e non è un obbligo. Tuttavia chi si addormenta davanti al
“grande fratello” può essere facilmente imbonito: Ferrara ci prova perfino
fondando un partito. Ora ci si contrappone a Veltroni; prima a Romano
Prodi, uomo politico di sicura fede cattolica e fedele ad una sola moglie,
ma osteggiato dal Vaticano che gli preferisce il pluridivorziato Sarkozy
sperando in un cambiamento della legge sulla laicità.

Eppure {{l’aborto resta, per le donne, una cosa seria}}. Chi ha conosciuto la
stagione del referendum richiesto dalla Democrazia Cristiana, ricorda che {{i
cattolici non ubbidirono}}: due terzi del paesi votò per conservare la 194.
Allora c’era il prezzemolo, il tavolo di cucina, le morti di donne
pietosamente coperte dal silenzio. Anche per le cattoliche, non diverse
dalle altre, tranne che per {{un peso di coscienza, se possibile, più grave:}}se avessero rivelato il peccato al confessore sarebbero state scomunicate;
così tacevano, ricevevano la comunione e si sentivano condannate.

Votarono
per la legge, anche quelle più obbedienti, perché pensavano alle figlie e
alle meno fortunate.
E’ bene non dimenticare, perché oggi non c’è più il ferro da calza (oppure
solo per le immigrate), ma non si è perso {{il perbenismo}} e c’è da temere che
sussista una fascia di clandestinità che riesce a trovare gli euro
necessari per un trattamento privato e non varca la soglia del consultorio.

{{Difficile, infatti, in certe province sconfiggere l’ipocrisia}}: chi
frequenta le parrocchie sa che non può usare neppure i contraccettivi;
quindi disubbidisce in silenzio, anche se ormai senza più sensi di colpa.
La chiesa sa, ma interviene con il divieto, non con la carità.
Le donne credenti aspettano da sempre che la chiesa evangelizzi i maschi.
Come tutte, avrebbero un {{“principio non negoziabile”,}} come usa dire il
Papa: è la “{{maternità libera e responsabile”}} , espressa anche nella legge
194. Le stesse integriste sarebbero d’accordo. Perché le maternità sono
gestite responsabilmente dalle donne, ma le gravidanze non sono libere. Gli
uomini che volessero veramente eliminare l’aborto, non dovrebbero far altro
che leggere il Vangelo. Dio non inviò un angelo a Maria per comunicarle che
era incinta: le annunciò la Sua predilezione. Lei diede “liberamente” il
suo assenso: è il fiat che rende grande la Madre di Dio. Se le cose
andassero come non vanno, il rapporto sessuale dovrebbe ottenere il
consenso della donna alla disponibilià al concepimento; in caso contrario
sarebbe doveroso prevenire con i metodi contraccettivi.

La Chiesa era
pervenuta, con il contestato concilio Vaticano II, a privilegiare l’amore
tra gli sposi, ma è rimasta ingabbiata nella {{tradizione del matrimonio
finalizzato al concepimento e al remedium concupiscentiae}} (espressione che
dovrebbe essere cancellata dal lessico civile e religioso). Finalità
patriarcali e arcaiche; offensive non solo della donna, vittima del potere
dell’uomo, ma anche della civiltà di relazioni che escludano la violenza e
l’egoismo. Per dignità gli esseri umani debbono poter privilegiare
responsabilità e libertà.

Ma le donne non possono avere “principi non negoziabili” e hanno accettato
{{la mediazione: l’aborto}}. Non per masochismo (chi desidererà mai un
raschiamento?), ma perché si trovano a dover sostenere da sole i limiti di
tutte le società che, di fronte a una gravidanza non voluta, reagiscono
come se le donne concepissero per partenogenesi e l’uomo non c’entrasse.
Nascono così le 194 e i dolori delle donne.

Per questo {{nessuno ci può dare lezioni}}, neppure gli scienziati i cui
avanzamenti medici apprezziamo e vorremmo gestiti con noi. Tanto meno i
politici, che rimediano alle disparità con erogazioni di benefici che non
equivalgono i diritti e che omologano a sé le donne chiamate a gestire gli
interessi della società. E meno ancora gli uomini di religione che, vittime
del celibato, al massimo sono capaci di pietà, ma ignorano tutto dell’animo
femminile, della cui esistenza hanno a lungo dubitato.