Non riesco più a tollerare questo uso del corpo delle donne, e in questo caso di un corpo devastato dalla violenza fisica, allo scopo di sollecitare curiosità calpestando la sofferenza, dignità e il diritto al pudore personale. Ho scritto al Direttore di un quotidiano importante perché non possa avere più l’alibi di non sapere cosa molte donne pensano del modo della stampa di parlare di loro e delle violenze fisiche, ma non solo, che subiscono. Non passa giorno che non mi capiti di leggere sui giornali, o di vedere per strada manifesti, o in edicola copertine, o in TV esposizioni di donne che mi offendono e che come offendono me, offendono la dignità della maggioranza della popolazione italiana. Sarà la solita goccia nel vaso, ma una volta o l’altra questo vaso riuscirà a traboccare?

{{Gentile Direttore,}}

ho letto due articoli su Repubblica di oggi sulla morte della povera donna aggredita a Roma, e ho alcune considerazioni da fare. {{Leggere una descrizione porta ad immaginare, ed immaginare è come vedere}}. Le pare giusto far vedere una donna, incapace ancora una volta a difendersi perchè morta, e morta nel tentativo di difendersi, farla “vedere” così? Mi spiego: innanzitutto Bruno Perrano si sente in dovere di informarci che la vittima “aveva ancora i pantaloni abbassati” mentre in Cronaca si sente il bisogno di specificare che “aveva i pantaloni abbassati ed era senza slip e con il maglione alzato”. Strano che non ci abbiano detto se aveva o meno il reggiseno.

Caro Direttore, non basta la sofferenza, l’umiliazione, la dignità umana fatta a pezzi che la poveretta ha subito e per la quale è addirittura poi morta? – sofferenza e umiliazione che se fosse sopravvissuta l’avrebbe in parte uccisa per sempre, perchè dalla violenza sessuale non si guarisce mai totalmente – {{serve un’ulteriore umiliazione, un’ulteriore calpestare la sua dignità di persona e di donna specificando questi particolari che non aggiungono altro, se non offesa alla sua dignità e al suo pudore, ad un episodio di violernza sessuale?}}

L’altra considerazione è sul fatto che molto rilievo, giusto, al di là delle descrizioni tese a stimolare malsane pruderie, è dato all’accaduto. {{Ma che ne è delle violenze che quotidianamente donne meno rappresentative, meno socialmente elevate subiscono?}} mi riferisco alle inumane sofferenze che le donne costrette a prostituirsi per il sollazzo degli uomini italiani – non quindi solo rumeni o extra comunitari – subiscono quotidianamente, tra l’indifferenza di coloro che giustificano queste ignominie con la scusa che la prostituzione è il mestiere più antico del mondo e che al massimo riescono a fare multe per intralcio al traffico. O anche la violenza fatta alle donne “normali” che spesso inutilmente denunciano abusi e violenze e chiedono protezione, senza essere ascoltate, salvo poi rimanerne vittime.

La descrizione offensiva della povera signora, vittima di un’atroce violenza, l’indifferenza verso le altrettanto atroci sofferenze quotidiane di tante altre donne e verso il continuo esporre nei media, sulle riviste, su manifesti giganteschi, corpi di donne come fossero pezzi di carne al mercato fanno parte di {{un’unica cultura che gli uomini italiani, anche quelli al potere, difendono, visto che non vi si oppongono}}.
Come difendono il diritto di un genitore di fede musulmana di segregare in casa la propria figlia perchè vuole vivere da italiana, con la motivazione che è la sua cultura, salvo poi indignarsi se una Corte di giustizia straniera riduce la pena ad un italiano perchè è la sua cultura segregare e violentare una donna.

Caro Direttore, è vero quello che si pensa di noi. {{La cultura italiana considera ancora la violenza sulle donne, a tutti i livelli, tutto sommato giustificabile, salvo poi usarla, quando serve.}}

La ringrazio per la eventuale attenzione,

{{Laura}}