Gentiloni alla Fiera del Levante a Bari dichiara: «E’ un momento cruciale per la nostra economia e per il percorso che il Paese sta affrontando. Ci sono notizie incoraggianti: la crescita è andata oltre tutte le previsioni fatte fino a un anno fa, il Paese può vantare performance notevolissime soprattutto in alcuni settori». Ma «le difficoltà non sono certo alle nostre spalle. La crescita è andata oltre le previsioni, alcuni settori in particolare come l’export e vedremo tra un pò anche il turismo. Eppure sappiamo che le difficoltà non sono alle spalle. Quel che conta è che la percezione del contesto economico in cui lavoriamo sia migliorata, consapevoli e orgogliosi che dietro queste cifre c’è il lavoro di migliaia di persone che hanno attraversato questa crisi, anche in Puglia….La ripresa economica ha prodotto conseguenze positive in termini sociali: il numero di occupat* in Italia è tornato ai livelli del 2008 che erano livelli record con 23 milioni di persone al lavoro e il lavoro degli ultimi anni ha quasi interamente recuperato i posti perduti negli anni della crisi più acuta. Dal 2008 al 2013 si sono persi un milione e novantamila posti di lavoro, oltre novecentomila sono stati recuperati negli ultimi tre anni».

Ma in Puglia come in altre parti del sud d’Italia continua ad esistere il caporalato con i suoi metodi di sfruttamento inqualificabili. Così il 20 agosto di quest’anno la Flai Cgil ha chiesto  l’istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta su questo fenomeno e sullo sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici in agricoltura.

“I casi di morti sul lavoro, e le tragedie umane, che si stanno susseguendo in questi giorni in agricoltura denunciano un sistema che non regge più. Essi parlano di caporalato, che è un odioso sistema di collocamento al lavoro e di ‘servizio all’impresa’, che sa di anni passati e che si pensava non esistesse più. Le denunce della Flai Cgil, che da anni vengono fatte in tutto il paese, hanno portato alla luce questa pratica ripugnante che solo da pochi anni è riconosciuta come reato penale e punita da una legge che, seppure abbiamo fortemente voluto, risulta di difficile applicazione perché non interviene verso le aziende che si servono dei caporali e non tutela i lavoratori, soprattutto se immigrati, nel momento in cui vogliono sporgere denuncia.    Queste tragedie parlano però di un sistema di sfruttamento, di cui il caporalato è solo un aspetto, nel quale sono costretti a cadere i lavoratori agricoli in molte zone del nostro Paese. O si accettano quelle regole (sotto salario, orari di lavoro lunghissimi, tutele e diritti inesistenti) oppure non si lavora. E chi ha bisogno di un reddito per la propria famiglia accetta in silenzio e spesso nella paura. E ciò che accade denuncia un’altra cosa che alla Flai Cgil è stata sempre nota: il caporalato e lo sfruttamento degli operai agricoli non riguarda solo i lavoratori immigrati ma anche gli italiani.

Il ministro Martina fa bene a prendere posizione e il caporalato va combattuto in maniera ferma e decisa come la mafia, anche perché la situazione è molto complessa. Oltre a punire chi si serve dei caporali, si devono escludere dai finanziamenti pubblici e della PAC quelle imprese scoperte a sfruttare gli operai agricoli. Inoltre, non esiste un luogo di incontro della domanda e offerta di manodopera in agricoltura e la Rete del Lavoro di Qualità, che pure potrebbe essere un utile strumento di controllo del mercato del lavoro agricolo, rischia di partire monca di quella parte che ancora giace alla Camera nel ‘Collegato agricolo’ e di essere poco efficace se non sarà in grado di espellere le imprese illegali dalla Rete stessa. Perciò chiediamo al ministro che spinga per una rapida approvazione del Collegato agricolo e che alla ‘Rete’ possano iscriversi, e restare iscritte, solo quelle imprese che applicano le leggi ed i contratti di lavoro.

L’agricoltura italiana è fatta anche da eccellenze dove ci sono imprese che rispettano le regole e subiscono la concorrenza sleale di chi le viola. Perciò, a maggior ragione, questa catena di sfruttamento dei lavoratori va combattuta con tutte le forze possibili di un paese civile e democratico. Senza alcun tentennamento e nessuna ambiguità anche da parte delle istituzioni, di coloro cioè, che devono fare i controlli e portare avanti le denunce. Perché, se un’altra cosa ci dicono questi casi, è proprio il fatto che queste tragedie si consumano in un clima di silenzio, paura ed omertà, nel quale molti sanno e fanno finta di non sapere e molti altri, che sarebbero deputati ai controlli, si sono arresi al fatto che questo sia un sistema che esiste da sempre e che non si possa sconfiggere riportando la legalità”.

Giovanni Mininni, segretario nazionale Flai Cgil.