“Quando la macchina del terrore colpisce e/o utilizza i bambini/i giovani come vittime o come attori negli attentati intende dare segnali concreti e simbolici sul fatto che la sua strategia, oltre che incidere nel presente, incide sul futuro della società colpita”. Lo scrive Laura Silvia Battaglia, giornalista e scrittrice esperta di Medio Oriente, in un post su Facebook scritto a poche ore dall’attentato di Manchester in cui hanno perso la vita 22 persone e altre 50 sono rimaste ferite, soprattutto giovani e adolescenti che avevano appena assistito al concerto della cantante americana Ariana Grande, idolo delle teenager.

Laura Silvia Battaglia ricorda altri attentati in cui tra le vittime o tra gli attori c’erano bambini o adolescenti: l’attentatore del 9 ottobre 2014 in piazza Tahrir a Sana’a (Yemen) si fece esplodere in una banca tenendo per mano due bambini; l’attentato (59 morti e 140 feriti), rivendicato da Wilaya Sana’a, “segnò l’inizio di una serie di attacchi che precipitò il Paese in uno stato di estrema debolezza, preparandolo ala guerra civile”; il 25 marzo 2016 un attentato uccise 29 ragazzi che assistevano a una partita di football nello stadio di Baghdad, “l’attentato, rivendicato da Isis, aveva la funzione di colpire nello specifico la gioventù di Baghdad, già vittima di centinaia di attentati dal 2006 a oggi ma mai con un’attenzione cosi mirata e pervicace e pronta ad impegnarsi nel contrasto al terrorismo nell’esercito o in unita speciali”.

Nella battaglia di Mosul, più della metà degli attentatori suicidi sono teenager. “Tutti i reporter sul posto hanno raccolto storie orrende di bambini radicalizzati, strappati alle famiglie oppure orfani, cresciuti a pane e apocalisse, resi certi che non valga la pena di vivere se non per morire”, scrive la giornalista.

“L’attentato di Manchester sembra un altro Bataclan ma non lo è. Segna una pietra ‘miliare’ devastante e simbolica nella narrativa dei terroristi in Europa. Di fatto, agisce nel presente per proiettarsi nel futuro. Dichiara che i figli di questa Europa non hanno diritto a vivere. E soprattutto chiede implicitamente, a chi per ora assiste impotente, di conservare questa memoria e di crescere dei vendicatori bambini all’altezza dei terroristi, per innalzare lo scontro al livello massimo e minare ogni convivenza civile – scrive Battaglia – Lo abbiamo già visto abbondantemente in Medio Oriente ed è una storia che, con sgomento, si allarga e si ripete”.