A Roma, il 25 aprile 2008 sul Ponte dell’Industria dalle 10 alle 11: musica e parole di donne, in ricordo delle dieci donne resistenti, giustiziate dai nazifascisti sul ponte di ferro per aver tentato l’assalto al forno Tesei. L’assemblea femminista di via dei Volsci 22 ha invitato tutte le donne, le femministe e le lesbiche romane a due giorni di resistenza femminista aperti nella serata del 24 aprile in sede con proiezioni di documentari (“Staffette” di Paola Sangiovanni e “Le ragazze del ponte” di Emanuela Giordano), testimonianze, riflessioni, racconti.Il 7 aprile 1944 sulla strada che conduce al Portuense, in prossimità del “Ponte di ferro”, {{alcune donne insieme ad anziani e ragazzi tentano di forzare l’ingresso del forno Tesei per impadronirsi del pane destinato ai tedeschi}}. SS e fascisti intervengono, caricano la folla, trascinano dieci donne, le allineano lungo la spalletta del ponte, aprono il fuoco e le uccidono.

Non siamo in tante a conoscere questo come tanti altri episodi in cui le donne hanno resistito al regime fascista per garantire non solo la propria sopravvivenza ma quella dell’intera collettività. Le lotte di resistenza delle donne sono sempre taciute, relegate nel privato e non riconosciute dalla storiografia e dalla politica ufficiale, patriarcale, maschile. Ma {{la resistenza delle donne al patriarcato, allo sfruttamento del lavoro, al fascismo in tutte le sue forme, la sentiamo nella pelle, è iscritta nei nostri vissuti e nei nostri corpi, e riconoscerla, nominarla, darle valore è un atto di resistenza in sé.}} È riconoscerci come soggetti capaci di reagire, è trovare forza nella forza delle altre, è scoprirci parte della stessa storia.

La nostra resistenza è pane quotidiano perché lottare è la forma di esistenza che abbiamo scelto in una società che nega, stravolge e si appropria continuamente di ciò che siamo.

{{Il fascismo non sono soltanto il ventennio o gli squadristi contemporanei}}, ma anche le gerarchie, l’ordine, il controllo, lo sfruttamento del lavoro che addomesticano e alienano il nostro sentire, è la famiglia come valore assoluto, è la retorica della sicurezza che strumentalizza la violenza contro le donne per legittimare politiche razziste e di controllo sociale.

La {{nostra pratica antifascista}} vive nell’antisessismo quotidiano perché siamo convinte che non si possa praticare l’antifascismo senza interrogarsi su sessismo, eterosessismo e machismo, cioè logiche autoritarie, di controllo e di sopraffazione che fanno parte della cultura fascista e che permeano le leggi dello stato ma anche le nostre relazioni e i nostri vissuti.

La nostra pratica antifascista è la {{resistenza quotidiana all’ordine patriarcale}} che ci rende corpi appropriabili e, in quanto tali, violabili. Corpi espropriati per vendere merci, tette per caldaie, sorrisi per birre, voci suadenti per offerte telefoniche. Corpi violabili nel chiuso delle case e delle famiglie, dove è quotidiana l’appropriazione dell’affettività, dei corpi e del lavoro delle donne da parte degli uomini. Corpi violabili negli spazi pubblici, dove le aggressioni verbali e fisiche vorrebbero ricondurci alla sottomissione patriarcale e dove le lesbiche sono oggetto di stupri punitivi di chiara matrice fascista per “rieducarle” e costringerle all’ordine eterosessuale.

{{I nostri corpi si ribellano}} alla funzione di riproduzione e di soddisfazione del piacere e dei bisogni degli uomini che ci viene assegnata, rifiutano l’espropriazione e i tempi imposti del lavoro produttivo e riproduttivo, si muovono fuori e contro i confini della famiglia e dell’eterosessualità obbligatoria. Oggi come ieri continuiamo a resistere!

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25 aprile 2008 al ponte dell’industria dalle 10 alle 11 musica e parole di donne}}
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in ricordo delle dieci donne resistenti giustiziate dai nazifascisti sul ponte di ferro}}

{assemblea femminista di via dei volsci 22}