In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne Migranda e Associazione Trama di Terre invitano a sottoscrivere il seguente appello
Per adesioni: migranda2011@gmail.comAdama è una donna e una migrante. Mentre scriviamo, Adama è rinchiusa nel CIE di Bologna. È rinchiusa in via Mattei dal 26 agosto, quando ha chiamato i carabinieri di Forlì dopo essere stata derubata, picchiata, stuprata e ferita alla gola con un coltello dal suo ex-compagno. Le istituzioni hanno risposto alla sua richiesta di aiuto con la detenzione amministrativa riservata ai migranti che non hanno un regolare permesso di soggiorno. La sua storia non ha avuto alcuna importanza per loro. La sua storia – che racconta di una doppia violenza subita come donna e come migrante – ha molta importanza per noi.

Secondo la legge Bossi-Fini Adama è arrivata in Italia illegalmente. Per noi è arrivata in Italia coraggiosamente, per dare ai propri figli rimasti in Senegal una vita più dignitosa. Ha trovato lavoro e una casa tramite lo stesso uomo che prima l’ha aiutata e protetta, diventando il suo compagno, e si è poi trasformato in un aguzzino. Un uomo abile a usare la legge Bossi-Fini come ricatto. Per quattro anni, quest’uomo ha minacciato Adama di denunciarla e farla espellere dal paese se lei non avesse accettato ogni suo arbitrio. Per quattro anni l’ha derubata di parte del suo salario, usando la clandestinità di Adama come arma in suo potere.

Quando Adama ha dovuto rivolgersi alle forze dell’ordine, l’unica risposta è stata {{la detenzione nel buco nero di un centro di identificazione e di espulsione }} nel quale potrebbe restare ancora per mesi. L’avvocato di Adama ha presentato il 16 settembre una richiesta di entrare nel CIE accompagnato da medici e da un interprete, affinché le sue condizioni di salute fossero accertate e la sua denuncia per la violenza subita fosse raccolta. La Prefettura di Bologna ha autorizzato l’ingresso dei medici e dell’interprete il 25 ottobre. È trascorso più di un mese prima che Adama potesse finalmente denunciare il suo aggressore, e non sappiamo quanto tempo occorrerà perché possa riottenere la libertà.

Sappiamo però che {{ogni giorno è un giorno di troppo}}. Sappiamo che la violenza che Adama ha subito, come donna e come migrante, riguarda tutte le donne e non è perciò possibile lasciar trascorrere un momento di più. Il CIE è solo l’espressione più feroce e violenta di una legge, la Bossi-Fini, che impone il silenzio e che trasforma donne coraggiose in vittime impotenti.

{{Noi donne non possiamo tacere mentre Adama sta portando avanti questa battaglia.}} Per questo facciamo appello a tutti i collettivi, le associazioni, le istituzioni, affinché chiedano la sua immediata liberazione dal CIE e la concessione di un permesso di soggiorno che le consenta di riprendere in mano la propria vita.

Per informazioni e aggiornamenti: www.migranda.org

– {{La buona notizia}}

La sera del 30 novembre Adama è uscita dal lager bolognese. Ne siamo
felici e le auguriamo di liberarsi al più presto anche dai percorsi di
“protezione sociale” .
Rimane aperta, in ogni caso, la questione Cie. La violenza nei
confronti delle donne e degli uomini rinchiusi in quei lager non può
essere, per noi, occultata dall’ipocrisia istituzionale di una sinistra
che usa la terribile storia di una donna per rifarsi una verginità
politica dopo aver creato, oltre un decennio fa, quei lager per
migranti.
_ Una vergogna” l’aveva definita il
sindaco, e tutta la sinistra si è mobilitata. Dopo la denuncia di
Migranda è intervenuto il ministro degli interni Anna Maria Cancellieri
promettendo una “verifica scrupolosa” e un approfondimento in tempi
rapidi.
_ Per questo, e perché la memoria storica non sia un passatempo ma una
pratica, riteniamo importante pubblicare la riflessione di alcune
compagne romane sulla genealogia dei Cie.
[
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