Il testo che segue è stato scritto in risposta all’attacco portato da Giuliano Ferrara e da altri all’autodeterminazione delle donne, un episodio che ci ha sdegnato più che mai anche per la sua pretestuosità. Vi invitiamo ad aderire per affermare che non è più possibile accettare discorsi sulla nostra pelle fatti per fini politici e interessi di parte. Ci piacerebbe anche che questa fosse un’occasione per approfondire il dibattito fra noi su questi temi, restando consapevoli che la Legge 194 del 1978 non deve essere messa in discussione.{{Dead women walking}}

{{Il patriarcato da bar}} è il modo più semplice che ha il simbolico patriarcale e maschilista di fare presa e di riprodursi all’interno del discorso comune, della chiacchiera riportata e non ragionata, dello stereotipo senza argomentazione e logicità. Tutto questo si ritrova nell’ultima idea di Giuliano Ferrara, quella di prendere adesioni per una grande moratoria sull’aborto. Ma nell’intento di aprire nuovamente questo discorso stantio c’è anche la malafede di coloro che fanno di ogni discorso un’arma politica contro l’avversario per cui, con il PD debole sulla bioetica e di fronte ad una bella figura internazionale del governo ottenuta con il voto all’ONU sulla moratoria per la pena di morte, Ferrara e altri hanno deciso di {{strumentalizzare l’aborto}} per aumentare i malumori nel governo e sperare in un cedimento sui nodi scoperti.

Siamo davvero stufe che i nostri corpi e le nostre vite vengano invase da discorsi opportunistici e di bottega. Ci appelliamo a Giuliano Ferrara perché rivolga la sua crociata altrove: mai pensato di diventare animalista? {{La questione della libera scelta della maternità non deve più essere argomento su cui imbastire lotte per poltrone e potere politico}}.

Utilizzare {{la moratoria sulla pena di morte}} per fare un parallelo con l’aborto è arrampicarsi sugli specchi. Infatti non c’è nesso logico tra una decisione che per legge uno Stato prende per togliere la vita di qualcuno che è nato ed ha diritti anche se ha commesso qualche grave delitto, e la decisione di una donna di far nascere, amare e crescere un figlio o di non poterlo fare per motivi che riguardano le sue singole e personalissime decisioni di vita e di coscienza.
_ Già lo Stato italiano si è arrogato diritti di decisione per parte delle donne, ponendo limiti alla libera maternità attraverso {{le limitazioni imposte dalla 194}} e con il diritto all’obiezione di coscienza, e decidendo per noi su quando e come avere dei figli o non averne. Si è raggiunto {{il paradosso della Legge 40}} del 2004 con la quale lo Stato ha preso chiara posizione su come bisogna che noi donne abbassiamo la testa alle decisioni degli altri, a decisioni ideologiche e di principio, perché non possiamo scegliere liberamente di avere dei figli neanche in caso di problemi di sterilità.

{{Il femminismo italiano}}, come ha ricordato {{Adriana Cavarero}} intervistata da {Il Foglio}, ha già ribadito che sul corpo e sulla sessualità, sulle decisioni di vita delle donne non si deve legiferare, pertanto nessun appello ad un “diritto universale” a favore di ipotetici nascituri può permettersi di andare a contrastare con {{il diritto di autodeterminazione (autonomia) e di libera scelta}} che è tra l’altro anche uno dei fondamenti della bioetica, e che spetta a ogni donna.

Il che deve coinvolgere le donne e gli uomini in ogni parte del mondo, per una decisione matura rispetto alla nascita di un figlio che è un progetto di vita, un impegno fondamentale perché questo nuovo nato abbia possibilità di una vita felice e sviluppare tutte le sue potenzialità. E non funziona neppure l’argomentazione che vuole {{le donne vittime di una selezione delle nascite in paesi considerati meno civili di quelli europei}}, questa tragica piaga infatti non si vince con un’ipotetica imposizione statale alla nascita ma con il miglioramento delle situazioni economiche delle donne e con i diritti politici effettivi dati alle donne. Solo così e con una cultura dell’autodeterminazione le donne di questi paesi saranno libere di scegliere quanti figli avere, e solo se non saranno costrette a mandare le loro bambine a prostituirsi o a venderle come spose bambine, allora la nascita delle loro figlie sarà una gioia e non un dolore mortale.

Noi donne, di nuovo trattate pubblicamente come contenitore da maneggiare in talk show abbiamo ora il compito di gridare forte non solo {{il nostro NO a queste strumentalizzazioni}}. Dobbiamo pubblicamente rifiutare il ruolo di “dead women walking” che vogliono appiopparci, perché in questo gioco mediatico siamo noi le sottoposte a pena di morte simbolica.

{{In questa società}} nella quale il diritto alla vita è sempre più messo in pericolo, e non certo per le scelte della popolazione femminile ma semmai per la cultura scellerata maschilista che ci considera proprietà del marito, del fidanzato, del padrone, dello Stato, noi donne dobbiamo rivendicare la nostra responsabile autodeterminazione.

Ci chiediamo infine come mai lo pseudo-neo-tomista Giuliano Ferrara non abbia invocato gli universalissimi principi della vita e della difesa degli innocenti quando volenterosamente il suo governo appoggiava – quella sì – la silenziosissima strage di innocenti in Afghanistan e Iraq. C’è da chiedersi infatti come mai {{il realismo politico di certi maschi rimanga tale per quanto riguarda la guerra}} – ultima e preziosissima ratio della politica di cui solo loro colgono l’essenza – e si trasformi in un melenso idealismo che difende i feti quando si tratta del corpo femminile. Ferrara – e molti uomini con lui – è realista e cinico quando si tratta delle bombe in Iraq, diventa idealista e mistico quando si tratta del corpo delle donne.

Che dire infatti di quei {{bambini carbonizzati dalle bombe al fosforo bianco lanciate sull’Iraq}} dagli aerei americani: innocenti forse non lo erano più per il fatto di essere venuti al mondo dalla parte sbagliata? Perché ci fu il silenzio, allora, su quella vera e propria strage di innocenti – vivi e coscienti – avallata dall’occidente?
_ Quello è sì uno dei tanti crimini contro l’umanità passati sotto silenzio per il quale le madri gemono e continueranno, inascoltate, a gemere.

{Monia Andreani, Olivia Guaraldo, Francesca Palazzi Arduini, Emma Schiavon}

– {{Per adesioni}}: andremonia@genie.it

{{Hanno già aderito}}:

Alisa del Re (Università di Padova), Renate Siebert (Università della Calabria),
Cristina Papa (Il paese delle donne),
Raffaella Lamberti (Associazione Orlando),
Fernanda Minuz (Associazione Orlando),
Giacomo Casarino (Università di Genova),
Rosanna Ambrogio (Centro documentazione Pace onlus Ivrea),
Pia Covre,
Antonella Malvestiti,
Monica Cerutti (Consigliera Comunale Torino),
Franca Balsamo (Università di Torino),
Paola Di Cori (Università di Urbino),
Maria Grazia Negrini (Bologna),
Anna Badino,
Mirella Sartori,
Alessandra Vincenti,
Stefania Sinigaglia,
Patrizia Caporossi,
Anna Malaguti,
Susanne Franco,
Concetta Malvasi,
Roberto Cagliero (Verona),
Laura Tosi,
Mauro Donolato,
Giuliana Beltrame,
Michela Sandrelli,
Anna Vasta,
Luisa Capelli (Direttrice editoriale Meltemi, Roma),
Mariangela Sirca,
Ludmila Bazzoni,
Shaul Bassi (Università Cà Foscari di Venezia),
Ida Fazio,
Lucilla Mancini,
Francesca Ciardi,
Paola Magnarelli,
Emilia Magnarelli,
Maria Rita Lodi,
Wilma Plevano,
Oriana Cartaregia (Genova),
Nicoletta Giorda (Torino),
Patrizia Veroli,
Laura Lanzillo,
Daniela Pietta,
Chiara Martucci,
Enza Panebianco,
Barbara Borin (Avvocata Vicenza),
Angela Genova,
Marta Vigorelli,
Gaia (Maqui) Giuliani,
Valeria Villani,
Annabel van Baren (Utrecht, the Netherlands),
Beppe Pavan (Uomini in Cammino – Pinerolo),
Antonietta del Brocco,
Chiara Bonfiglioli (Utrecht),
Daniela Fringuelli,
Alessandra Cimini,
Luciana Orofino,
Teresa Mattei,
Silvia Dal Molin,
Marina Bolletti (Padova),
Lorenza Accorsi,
Laura Toffetti,
Teresa Cassani,
Piera Vaglio Giors,
Maria Clotilde Amadori Giuffrida,
Paola Massaro,
Valeria Maione (Università di Genova),
Serena Tarocco (Verona),
Titti Castiello,
Camilla Mazza,
Wivie Benaim,
Alice Pettenò,
Ivana Stefani (Alessandria),
Nicoletta Poidimani (Milano),
Alessandra Chinaglia (Psicoterapeuta),
Lorenzo Bernini,
Paola Mura (Università di Ferrara),
Sonia Doronzo,
Marina Maestrutti,
Sabrina Basili,
Cecilia Stefanelli,
Elisabetta Pesole,
Patrizia Diamante,
Aida Ribero,
Isabella Tolfo,
Giuliana Cavalli,
Maria Grazia Mauti,
Maddalena Brentarolli,
Carlotta Pedrazzoli,
Annusca Campani,
Paola Bassi,
Caterina Grassi,
Silvana Meroni,
Carla Fortis,
Maria Teresa Della Mura,
Assunta Signorelli,
Diego Risuglia,
Laura Fantone,
Rosella Simonari,
Barbara Archesso,
Irena Marceta,
Cristina Aste,
Giusy Esposito,
Daniela Schillaci (Palermo),
Valeria Vitali,
Lia Arrigoni (Verona),
Ferdinanda Vigliani,
Barbara Marinelli,
Elena Brambilla,
Grazia De Michele,
Maria Angela De Michele,
Antonia Cannone,
Maria Luisa Gizzio,
Lee Salter (University of the West of England),
Iole Mizzuni,
Marianna Loy,
Jack Salbergo (Segreteria Provinciale PRC Verona),
Catia Manfredi (Sinistra Democratica Reggio Emilia),
Stefania Pollastri,
Stefania Panfili,
Marco Pettenella (Verona),
Franca Castelli,
Marco Utili,
Maria Teresa Cassini,
Barbara Mazzotti,
Donata Cavazza,
Franco Cilenti e Redazione di Lavoro e Salute,
Gabriella Cappelletti (Bologna),
Gabriella Malaguti,
Chiara Bartoli,
Daniele Montorsi,
Patrizia Gubellini,
Stefania Gatta,
Patrizia Cortopassi,
Nadia Branchetti,
Monica Morandini (Reggio Emilia),
Giovanna Jannuzzi,
Daniele Verzetti,
Francesca Mazzola,
Sandra Capri,
Simona Ricci,
Carolina Tinoco,
Monica Incerti,
Mirca Stefanini,
Angelo Berca,

(per aderire inviare una email all’indirizzo andremonia@genie.it )