Tutto comincia con la teoria degli opposti estremismi.
Quando la conflittualità sociale, che veniva dagli anni ’60, diventò
lotta di classe, negli anni ’70, le forze così dette “democratiche”, che
comprendevano un vasto schieramento, dal PCI alla DC, dai partiti così
detti moderati a quelli liberali, propagandarono il concetto di opposti
estremismi.Si tentava,in questo modo, di {{far perdere i connotati politici}} alle
lotte, sottraendole alle idee che le sottendevano, per farle rientrare
nel concetto di violenza pura e semplice.
Si voleva far {{dimenticare che la società è divisa in classi}}, che ci
sono oppressi e oppressori, che lo Stato così detto “democratico”
esercita violenza tutti i giorni, in maniera diretta ed esplicita ed in
maniera indiretta e subdola, attraverso le istituzioni, che la
configurazione fascista è una delle tante usate proprio da questo
sistema a seconda delle necessità, e si volevano ottenere due risultati
importanti : confondere l’aggredito con l’aggressore, mettere sullo
stesso piano chi la violenza la subisce e chi la esercita e porre le
istituzioni e le forze così dette “moderate” come neutrali e al di sopra
delle parti.

Questa operazione che trascinava con sè anche la stessa Resistenza, fu
attuata attivamente e consapevolmente dalle forze socialdemocratiche.

E’ proprio questo il meccanismo che permette a principi fortemente
reazionari e classisti di passare.

Attraverso la teoria degli opposti estremismi, facile, falsa e
fuorviante, è stata propagandata {{una condanna della violenza che
identificava questa con le lotte di chi tenta di ribellarsi}}, sottacendo
la violenza vera, quella che viene esercitata quotidianamente dallo
Stato e dal suo braccio armato ufficiale, cioè le strutture
repressive,dal suo braccio ufficioso, cioè i fascisti, dal suo braccio
travestito e cioè le istituzioni in tutte le loro manifestazoni
variegate e multiformi.

E lo Stato ha continuato e continua a esercitare violenza, mentre è
stato operato un annacquamento delle lotte attraverso la proposizione
delle lotte corporative come vincenti e delle lotta di classe come
“estremista”, “violenta” e con connotati di delinquenza comune.

Il cancro del revisionismo storico ha operato in maniera subdola e
continuativa fino alle aberrazioni della rivalutazione dei “ragazzi ” di
Salò e di improbabili “canti” di ragazze fasciste.

Anche le componenti socialdemocratiche del movimento femminista hanno
fatto la loro parte, facendo passare la “condanna di ogni violenza” e il
rifiuto di “ogni ideologia”, come se questa loro posizione non fosse
un’ideologia, oltre tutto, ben a sostegno del sistema che concede
dignità solo alla sua visione del mondo.
L’operazione portata avanti dal{{ femminismo socialdemocratico}} ha
consegnato le donne agli esperti, alla violenza del sistema patriarcale
e alla melassa del politicamente corretto.

Teoria degli opposti estremismi,revisionismo storico, ideologia
neoliberista ci hanno condotte , passo passo, fino ad oggi.

Nel 2009, alcune componenti femministe socialdemocratiche hanno tolto,
ufficialmente,la discriminante antifascista dalla loro posizione : da
antisessiste, antirazziste,antifasciste sono diventate solo antisessiste
e antirazziste come se si potesse essere antisessiste senza essere
antifasciste e antirazziste senza essere antifasciste, arrivando a
collusioni e a connivenze con la polizia e con Casapound e con altre
realtà similari.

Nel 2011, “Se non ora quando?” ha rilanciato dio,patria ,famiglia
insieme alle fasciste “buone”.
E, sempre nel 2011, alcune che si dichiarano femministe, hanno
condannato la presunta “violenza” delle/dei resistenti della val di Susa
e delle/dei solidali contro i Cie creando il clima favorevole per il
loro arresto e la loro repressione.

Noi lo ribadiamo, per noi{{ il femminismo è antisessismo, antirazzismo,
antifascismo.}}

Solidarietà a Femminismo a Sud!

{{GLF-Gruppo di Lavoro Femminista-Roma
contro i Cie e contro il controllo sociale}}
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