Di nuovo, come ai tempi di Maria Goretti, la dicotomia puro e impuro trova nel corpo e nell’esistenza femminile l’esempio e il paradigma.Per le donne che ora hanno un’età tra i 65 e gli ottanta, il culto di {{Maria Goretti}} fa parte della memoria infantile e adolescenziale. Non c’era catechismo nelle parrocchie che non comprendesse anche la narrazione della vita della piccola dodicenne di Latina, figlia di poveri contadini, assassinata da un ventenne che voleva violentarla. Venne presentata per decenni, anche con un film, come l’icona della purezza per non aver “ceduto” alle “voglie insane” del giovane maschio. In quel non aver ceduto ci stava in realtà un messaggio: aveva voluto fino al martirio mantenere la verginità da offrire a suo tempo al maschio marito. In realtà si era difesa, come ancora accade, contro la brutalità della violenza sessuale. Maria Goretti fu elevata a modello per le giovani in un clima ancora profondamente e tenacemente sessuofobico, per trasmettere un insegnamento: le donne devono resistere agli uomini naturalmente portati al sesso fin dalla pubertà.

Maria Goretti vergine prima di avere il diritto, con un matrimonio, di divenire madre, spiegò per decenni a partire dal fascismo,{{ il destino delle donne.}}

Le cose sono davvero cambiate? Sì e no. E’ appena uscito un libro autobiografico che narra {{la vita di una suora quarantenne che è stata una sorta di Maddalena con conversione successiva}}, e che potrebbe proporsi implicitamente come Maria Goretti (vivente!) per le giovani donne e non solo.

Titolo del libro: I{o ballo con Dio, la suora che prega danzando}, ed. Mondadori 2013

{{Suor Anna Nobili }} ha scritto la sua autobiografia con{{ Carolina Mercurio. }}
Anche lei, come Maria Goretti, appartiene a una famiglia povera e, in più, assai problematica.

Il padre era abbastanza violento con la moglie che lo lascia e inizia ad avere altre relazioni. Anna cresce e diviene adolescente in un contesto di debolezza delle figure genitoriali. Scopre di essere portata al ballo e lo fa diventare la sua professione. Ma farà anche la cubista e inizierà presto a cercare spasmodicamente affetto dagli uomini che la “useranno” sessualmente. Il libro è percorso interamente da una visione pessimistica dell’altro sesso incline a usare le donne per il proprio piacere egocentrico.

Fin dalle prime pagine Anna, giovane dei nostri tempi e pertanto libera sessualmente e anche promiscua, testimonia un’assenza totale di piacere. Scrive: “A me fare l’amore non piace per niente, non mi dà nessuna sensazione, se non un brutto senso di fastidio. Io lo faccio per lui, così’ come mi faccio bella per lui mentre tutti mi guardano, lui è distratto a guardare le altre. “

E ancora: “Mi sento felice, ogni sera incontro ragazzi nuovi con cui consumo il consumabile. Uno mi bacia e niente più, uno mi tocca e basta e poi arriva quello o quelli con cui faccio tutto. Ognuno prende quello che vuole o che capita e così via fino a esaurimento giornaliero del repertorio.”.

Descrive l’ambiente delle discoteche come luogo di perversioni svariate tra alcool, frastuoni e balli.

Ma poi si arrende al bisogno interiore di trovare una via di uscita di senso e approda in una parrocchia frequentata da anime belle e pure di giovani , le cui relazioni sono sempre di una comunanza all’insegna dell’amore gratuito. Ragazzi e ragazze che lietamente attendono il matrimonio per avere relazioni sessuali. Loro e i preti, le vogliono bene e non pretendono di usare il suo corpo e la sua bellezza.

“Io non sono quello che gli altri vedono di me. E’ orribile, io cerco l’amore, solamente l’amore.”: grida a chi, in discoteca dove fa la cubista, le ha riso in faccia al suo narrare di Gesù, dandole della puttana.

Ormai è sulla strada della conversione che la porterà alla castità totale con la consacrazione religiosa in una congregazione femminile bresciana.

Scrive: “ Non corpi insaziabili e menti dopate, non sbornie di sesso, non intrecci anonimi di arti e di umori, non pezzi di carne sul banco della dissolutezza. Il mio amore è quiete, è meditazione, è luce, è incognita. “

La conversione è il ribaltamento totale rispetto al passato: {{dalla sessualità sfrenata e senza senso (e senza piacere) alla castità donata al Cristo.}}

Però il ballo è salvo. Anna Nobili va anche alla trasmissione della {{Bignardi}} e conquista gli spettatori con il suo viso bello e la gestualità semplice, non da suora pre’conciliare. Alla fine del’intervista si esibirà in un ballo competente. Ha aperto una scuola, la Holi Dance-Danza Santa a Roma dove insegna a bambini/e e a adulti.
Con la professione religiosa si riconcilierà con il padre, perché ha trovato il Padre Celeste e lo accompagnerà nella fase finale della sua vita.

Suor Anna ha anche trovato una famiglia nelle consorelle e descrive la vita conventuale con evidente eccessiva idealizzazione, come se non si sapesse quali dinamiche conflittuali si scatenano spesso in questi ,apparenti, candidi luoghi femminili. La sua storia autobiografica sembra seguire la falsariga dell’antologia ecclesiale. Descrive la povertà estrema della città di Manila che visita dopo quattro mesi di volontariato quando è in fase di conversione, senza chiedersi quali sono le cause sociali e politiche. Descrive le attività e gli obiettivi delle suore della congregazione nei termini dell’amore per il prossimo e della donazione religiosa delle consacrate, tacendo sui legami con il potere del denaro e le ambizioni degli ecclesiastici.

La Chiesa è il luogo dove lei, che non ha avuto “carezze , cure, conforto, spiegazioni, rimproveri, premi , punizioni”, di un padre, trova tutto e di più vivendo la rinuncia alla sessualità agita con gli uomini.

{{Il “ballo per Dio” esibisce un corpo femminile}} che non si fa più oggetto di sguardi erotici.

Come scrive nella prefazione il vescovo di Palestrina mons. Domenico Sigalini , suor Anna accompagna, con il ballo, tanti giovani “per capire e vivere la corporeità come dono di Dio ed espressione profonda della interiorità di ogni esistenza, la danza come espressione di gioia pulita e fresca per tutti…”.

Gioia pulita ….di nuovo, come ai tempi di Maria Goretti, la dicotomia puro e impuro trova nel corpo e nell’esistenza femminile l’esempio e il paradigma.