“I versi di Nicoletta, sulla vita, le rose, le regine, le sorelle, l’infinito, le suppliche, la primavera o Via Cavour sono le sete che dipingeva sua madre, mia prozia. Fiori e ancora fiori in una famiglia dove la magia è nelle albe e nelle tavole imbandite, sui muri e sugli aneddoti segreti, che seguono il loro corso, Nord e Sud, di generazione in generazione” scrive Flavia Fernandez rinnovando il legame con Nicoletta Nuzzo, cugina argentina di cui condivide la bisnonna Maria e una parentela che sulle due coste atlantiche ripete gli stessi nomi,“…come in un mantra sacro.”

“Una famiglia di donne forti (…) con l’attitudine familiare ad esprimersi attraverso le arti” ereditato da una donna con molte “doti manuali – pennelli e sapori – e con quella postura principesca dal collo lungo, così ben messo, e piccoli occhi d’oliva, sicuramente consumati da tanto osservare. Le ragazze laggiù e le ragazze di qui” sottolinea Fernandez nella postfazione di Anfibia: raccolta poetica bilingue, tradotta in spagnolo da Carlos Vitale, uscita quest’anno, in cui sono ancora più sentite e preziose le relazioni del presente e della memoria.

In copertina, Rosso cadmio, olio su tela di Pina Nuzzo.

Pugliese di nascita, umbra d’adozione, Nicoletta Nuzzo s’ispira alle piccole cose, agli incontri con persone, animali, piante e oggetti. La sua grammatica evolve nella lucida consapevolezza della presa sul mondo della parola poetica, l’unica cui si affida e che le ha consegnato, dall’esordio (Cronache di un gatto perfezionista, 2006), menzioni e premi, compreso il nostro (Il Paese delle donne, sezione poesia), con un edito singolo (Portami negli occhi, 2011) e una ricerca antologica realizzata insieme a Silvana Sonno e Federica Ziarelli (Un’oscura capacità di volo, Poete e poetiche nell’Umbria d’oggi, 2020).

Anfibia è l’essere nata divisa nel respiro tra cielo e terra quasi due vite e così queste poesie sono sospese tra lo stupore e la sofferenza, ci sono molti interrogativi e la forza di un femminile e maschile che si tendono la mano come forze universali” sottolinea Nuzzo, “…per questo ho sentito necessaria una presenza accesa e calorosa di mia cugina Flavia”: giornalista, attiva nella vita culturale di Buenos Aires, custode del filo che unisce la parentela.

Anfibia io / con le pezze delle cicatrici sulla pelle verde, / tremi, ti crepi e ti dici è questo il destino che dicono? / Mi ribello sono gravida io / e non porterò il nulla come eredità, / custodisco un tubetto di azzurro, / che colorerà la mia cenere.

(Passaggio, p. 11)

Info: Nicoletta Nuzzo, Anfibia, Rupe Mutevole, Pg, 2020; Isbn 978-88-6591-645-2