MARIA ROSA

Pur avendo età, censo e istruzione, le maestre non erano prese in considerazione perché donne. tanto da depennarle dalle liste elettorali. Ne parla MARIA ROSA CUTRUFELLI nel suo ultimo libro IL GIUDICE DELLE DONNE  edito da Frassinelli.

Quest’ultimo romanzo di Maria Rosa Cutrufelli si sviluppa intorno a fatti accaduti nel 1906 nella provincia di Ancona: dieci maestre, appoggiate anche da Maria Montessori, si mobilitarono ed ottennero le iscrizioni elettorali per il voto amministrativo nei rispettivi comuni,basandosi su una significativa lacuna della norma giuridica che elencava i requisiti necessari-età,censo,istruzione-per la procedura senza specificare che riguardava solo gli uomini.

Le maestre avevano età, censo, istruzione. Non erano prese in considerazione semplicemente perché donne!

Dopo la rivendicazione delle maestre, il procuratore del re fece ricorso alla corte d’appello di Ancona, presieduta da Lodovico Mortara, che confermò la scelta di ammissione delle donne alle liste elettorali ma un altro ricorso in Cassazione bocciò il giudizio del tribunale e tutto tornò nel silenzio.

Una sconfitta però non ha mai escluso la vittoria finaledi una legittima rivendicazione, come quella del voto alle donne, di cui noi quest’anno festeggiamo l’anniversario.

Il percorso è stato pieno di ostacolie il diritto di voto rischia anche oggi di essere invalidato dalla sua perdita di efficacia nella attuale realtà politica. Proprio per questo bisogna ricordare sia quanto è costato sia il primo gruppetto di donne coraggiose che in Italia hanno osato percorrere la strada della legalità per rivendicarlo, facendo emergere poi l’atavica negazione della vita pubblica alle donne non cancellandolema non nominandole lì dove non erano mai esistite.

E’ interessante leggere nel poscritto i documenti a cui l’autrice hafatto riferimento nel narrare la storia, ma il valore del romanzo non sta solo in ciò.

Purrimanendofedele allo sfondo storico che l’ha coinvolta, Maria Rosa dichiara“In questo romanzo, ho mescolato la verità alla finzione…..”evoca “ le suggestioni che mi sono venute dai libri letti o dai vecchi giornali e dai tanti documenti che ho consultato”.

Chi ha letto e amato i suoi romanzi sa che non è la prima volta che la sua creatività, sollecitata da fatti storici importanti,li ha riproposti nell’unico linguaggio, senza sbavature, semplice e aderente alla realtà, che salva la storiadall’oblio e dall’inefficacia esemplare:  quello dell’adesione simbiotica, poetica e sentimentale a fatti, passioni, sofferenze, entusiasmi.

Come dimenticare l’indimenticabile”… donna che visse per un sogno”?

Maria Rosacosì ci consente di nuovo di affidarci serenamente alla favola che ci piace, sicure che la sua bellezza ha alla base la verità. Possiamo anche scomodare ilvero storico/il vero poetico di manzoniana memoria chedice  ” i fatti, appunto,in quanto conformi alla verità per dir così materiale, posseggono al più alto grado il carattere del vero poetico”

Poeta vera è infatti la scrittrice che, con la fantasia, ha la capacità di interpretare i fattimotivandoli con situazioni, personaggi e paesaggi che emergono alla luce della sua cultura e della sua sensibilità artistica nell’incontro con il vero storico..

“Si tratta di un gioco fra chi narra e chi legge”dice Maria Rosa. Certo è un gioco, una piacevole sorpresa apprendere che all’inizio del novecento alcune coraggiose maestrine sfidano l’opinione generale, rivendicando un ruolo pubblico che ancora oggi, tra le celebrazionidell‘anniversario del voto concesso alle donne, è spesso messo in discussione da persistenti strategie discriminatorie.

Quelle donne erano maestre,non maestrine, affrontavano situazionidi lavoro duro, certo comuneanche agli uomini,manon avevano diritto di rivendicarne la gestione pubblica, di scegliere i loro rappresentanti, di proporsi come rappresentanti.

E l’autrice ci porta tra loro con linguaggio chiaro e rigoroso. Alessandra, maestra minorenne desiderosa di emancipazione vuole partecipare all’attività del gruppo ma può solo aderire e per prima cosa scopre una pratica comune tra donne, la solidarietà …”la verità è che senza di lei non mi sarei azzardata: ci vuole una buona dose di sfrontatezza per presentarsi da solaalla sala di un consiglio comunale…ma Luigia mi ha proposto di andarci insieme……..a volte penso che Luigia sia un po’ come quei pesci che mettono nei pozzi e nelle vasche per spurgare l’acqua. Ecco leiripulisce l’acqua perché tutte, in futuro possano nuotarcidentro.”

E Alessandra si innamora di Adelmo che vuole emergere nel giornalismo e si occupa del caso maestrine e diritto di voto…..“insomma sono tornata a casa con lui. C’era una luna enorme , bassae infuocata e anche se il ventomi rinfrescava la fronte avevo le orecchie calde a furia di pensare all’imperativo categorico della mamma-mai sola con un giovane!-

E Teresa,la bimba muta per aver assistito ad un traumatico aborto della madre, teneramente seguita da Alessandra, malgrado la distanza che crea tra sé e il mondo circostante con il silenzio, parla molto tra sé della cara Alessandra e,nella ressa del mercato paesano,della gioia alla vista dicose per lei proibite..”Non devo mica comprare niente, ma è bello,ah, quant’è belloguardare le pezze colorate, le flanelle ,i drappi e il panno per i grembiuli…le sete morbide delle nostre filande..!”

Personaggio storico veramente notevole è poi Il giudice Lodovico Mortara che dà il titolo al libro, posizione di prestigio questa, scelta con la quale Maria Rosa suggerisce possibili compagni nel percorso di emancipazione: uomini che svolgono onestamente e con competenza il loro lavoro e hanno sperimentato esclusione, emarginazione.

Di lui, dopo la sua sentenza favorevole alle donne, nel libro si dice

“E tutti a scrivere che sì, Lodovico Mortara è un pozzo di scienza , ma stavolta ha sbagliato di grosso , forzando la legge e interpretandola in maniera alquanto azzardata. Qualcuno arriva persino a rispolverare il suo passato….”già, anche il suo passato contava.

Era un uomo intelligente e preparato, si vorrebbe per alleato in ogni battaglia civile, ma aveva anche vissuto l’esclusione dai diritti politici e civili. Dice infatti Adelmo ” Mi sono ricordato che Lodovico Mortara è ebreo e che per gli ebrei prima delle statuto, era impossibile accedere ai gradi accademici, avere una cattedra o una carica civile..”

 

“Il giudice delle donne”(Frassinelli, pagg.252, euro 18,00)