Seggio elettorale all’Istituto tecnico per il Turismo Cristoforo Colombo in via Panisperna Roma  – Foto Daniele Leone / LaPresse

Il Patto per le Donne  è il risultato di un lavoro collettivo, frutto dell’impegno di tantissime donne che in ogni Regione italiana lo hanno costruito dopo un lungo lavoro di ascolto e di confronto.Il Patto contiene l’elenco delle azioni da realizzare per permettere finalmente all’Italia di diventare un Paese per Donne.

Il Global Gender Gap Index 2017, del World Economic Forum, vede infatti l’Italia all’82esimo posto su 144 Paesi analizzati, e addirittura al 117esimo posto quando consideriamo la dimensione economica.Occorre comprendere che l’enorme vantaggio dell’occupazione femminile è che crea altro lavoro. Le famiglie a doppio reddito consumano molti più servizi delle famiglie monoreddito. Per ogni 100 donne che entrano nel mercato del lavoro si possono creare fino a 15 posti aggiuntivi nel settore dei servizi: assistenza all’infanzia e agli anziani, prestazioni per i vari bisogni domestici, ricreazione, ristorazione, turismo, ecc…Molti studi hanno evidenziato che un aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro del 25% entro il 2025 può aggiungere 1% alle previsioni di crescita del Pil.

#unpattoperledonne  “Il futuro che vogliamo include le donne” 

Premessa – Le persone giovani continuano ad essere tra le più penalizzate sul mercato del lavoro e, tra loro, le giovani donne lo sono ancora di più, nonostante i migliori risultati conseguiti nei processi formativi scolastici ed universitari. La difficoltà di ingresso al mondo del lavoro si sta traducendo in misura crescente nella disponibilità ad accettare lavori meno qualificati. C’è un crescente divario tra le competenze richieste dalle imprese e quelle in possesso delle giovani donne che si affacciano sul mercato del lavoro. Il così detto Skills mismatch,che in Italia si attesta al 40% – contro la media europea del 36%. –

La recessione che il Paese sta attraversando ormai da 8 anni riflette l’effetto congiunto di diversi fattori che combinati tra loro hanno avuto conseguenze rilevanti con conseguente riduzione della domanda di lavoro. I dati Istat di marzo 2016 evidenziano una lieve ripresa e per questo si ritiene necessario attivare forme, strategie, azioni più incisive per dare maggiore impulso al miglioramento in atto, non ancora visibile nel quotidiano. Il part time, inteso come scelta “involontaria”è un dato che in Italia è superiore a quello di tutti gli altri paesi europei, soprattutto per le donne. Soggetti precedentemente non attivi hanno iniziato a cercare un lavoro, spinti della necessità di sostenere la propria famiglia in questo periodo di crisi. Un fenomeno che ha coinvolto in particolare la componente femminile. Donne che non lavoravano o che erano uscite dal mercato del lavoro tornano cominciano a partecipare, spesso però in posizioni poco qualificate. Se nelle statistiche ufficiali al numero delle persone disoccupate affiancassimo anche quello delle inattive ora alla ricerca, avremmo un quadro molto più ampio. Un numero impressionante se si considera che è forza lavoro non utilizzata che causa delle perdite sia economiche che umane.

Il deterioramento umano di chi rimane fuori dal mercato è un danno individuale che comporta una perdita sociale, sia per le ridotte potenzialità di crescita sia per le esternalità negative nei rapporti sociali. I talenti delle donne non devono essere sprecati. – L’Europa raccomanda e sancisce principi di sostegno ai giovani e alle giovani donne in particolare fondati su politiche attive di istruzione, formazione e inserimento nel mondo del lavoro che, promuovendo la prevenzione dell’esclusione e della marginalizzazione sociale, introduce finanziamento importanti con valenza anche anticiclica negli Stati dove la disoccupazione giovanile risulta superiore al 25%. –

Le donne e il lavoro delle donne sono un valore aggiunto per una riduzione delle povertà, per uno sviluppo delle città e l’attivazione di politiche di urbanizzazione sostenibili, per un’istruzione di qualità, per una vera attenzione all’ambiente e al cambiamento climatico, affrontare criticità emergenti quali le migrazioni in atto. – E’ ora di una nuova economia al femminile che si fonda su uno sviluppo economico e sociale inclusivo basato su sistemi di governance della cultura, dell’innovazione e della creatività che rispondano alle esigenze e ai bisogni delle popolazioni. Un sistema di gestione trasparente della società, partecipativo ed informato, che implichi anche il coinvolgimento di una ampia platea di voci, provenienti in particolare dalla società civile e dal settore privato.   – Abbiamo bisogno di un cambiamento nei valori trasmessi dai nostri sistemi economici e finanziari: dalla ricerca della redditività al benessere, dagli schemi di concorrenza alla solidarietà, dalla disuguaglianza alla trasparenza.

Perché un Patto per le Donne? Perché abbiamo studiato i dati nazionali ed europei, abbiamo attivato nel 2015 un giro d’Italia dove abbiamo potuto chiedere alle donne e ai territori soluzioni, proposte, criticità e abbiamo ipotizzato soluzioni possibili. Come Stati Generali delle Donne siamo partite da Roma, il 5 dicembre 2014 presso la sede del Parlamento Europeo, con il Patrocinio del Ministero Sviluppo Economico. Siamo state presenti da febbraio 2015 in ogni regione italiana per attivare gli Stati Generali delle donne regionali. E’ risultato fondamentale dalle nostre riflessioni declinare le politiche sul lavoro delle donne a livello di ogni singolo territorio cogliendone le specificità, le vocazioni, le opportunità, per trovare soluzioni concrete. Le aree urbane e rurali sono stati laboratori per studiare nuovi strumenti e nuove strategie per uno sviluppo sostenibile che possa mettere in moto i meccanismi per ri-creare nuova occupazione per le donne. Abbiamo elaborato una Carta delle Donne del Mondo, discussa e condivisa alla “Conferenza Mondiale delle Donne “Pechino vent’anni dopo”, che abbiamo svolto a Milano in Expo a settembre 2015.

La carta è alla firma di Enti, Associazioni, Organismi nazionali ed internazionali. E’ parte della Carta di Milano. E’ necessario attivare un processo di pianificazione strategica attraverso la stipula di un Patto per le Donne, al fine di dare un rapido avvio e garantire l’attuazione degli interventi considerati strategici, nonché di facilitare la nuova programmazione nazionale e comunitaria in vista del raggiungimento degli obiettivi dell’Europa per il 2020 e del Millennio per il 2030 ,UN 17 SDG firmati il 22 aprile in sede ONU a New York.

Un Patto per le Donne fornisce una risposta flessibile ed integrata alle diverse esigenze territoriali, promuovendo a tal fine un più efficace coordinamento tra i diversi strumenti di programmazione e di pianificazione e tra le diverse fonti finanziarie disponibili, nonché tra i diversi soggetti istituzionali interessati.

Un Patto per le Donne è un percorso unitario di intervento sui territori finalizzato a creare nuova occupazione femminile nell’ambito dello sviluppo economico, produttivo ed occupazionale dell’Italia, per la cui attuazione è ritenuta necessaria un’azione coordinata, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, in considerazione della strategicità e complessità degli interventi, nonché per accelerarne la realizzazione, nel rispetto delle disposizioni comunitarie e nazionali. Si chiede che gli interventi previsti e condivisi siano finanziati con risorse nazionali, dell’Unione Europea e mediante il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione e la messa a sistema delle risorse disponibili FSC 2014-2020, dei Fondi strutturali dell’Unione europea e delle risorse di cofinanziamento nazionale, delle risorse ordinarie nonché ricorrendo ad altri strumenti finanziari quali fondi rotativi, project financing, ecc. Si chiede che per l’attuazione degli interventi previsti e a titolo di comitato di indirizzo e di gestione del Patto ci si possa avvalere anche del coordinamento degli Stati Generali delle Donne e delle competenze delle stesse donne che sono attive nel network, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa europea e nazionale in materia.

Un’Agenzia Nazionale per le Donne dovrebbe rendersi responsabile del coordinamento e della vigilanza sull’attuazione del Patto e svolgere l’azione di monitoraggio e valutazione degli obiettivi raggiunti.  Una proposta concreta   Dall’Agenda Rosa, da noi elaborata e consegnata al Governo Monti, sono passati più di quattro anni ma ad oggi, per favorire l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro, l’Italia non ha mai elaborato una strategia sistemica. I nostri suggerimenti erano stati utilizzati per una lettura di genere dell’utilizzo dei fondi strutturali e per meglio dare connotazione alle politiche allora avviate per l’avvio delle start up. Il rilancio dell’occupazione femminile può essere interpretata come una misura anti-ciclica, capace di stimolare nuova domanda lavorativa. La strategia è quella di un superamento dell’approccio di genere rispetto alla gestione della cura e all’accesso ai congedi all’interno di un discorso più complessivo che riguarda una progressiva “territorializzazione” dell’organizzazione del lavoro volta a favorire la costruzione di sistemi di welfare aziendale. La possibilità di utilizzare una programmazione negoziata con le aziende in merito ad esigenze legate alla flessibilità negli orari di lavoro, nell’organizzazione del lavoro (smart working, banca delle ore, job sharing, orario multi periodale) e alla condivisione , in base ad accordi territoriali. Si tratta di realizzare una migliore organizzazione del lavoro tramite un coinvolgimento diretto delle lavoratrici e dei lavoratori, che può rappresentare uno strumento di potenziamento della loro capacità contrattuale .

Occorre ripartire dalle persone, ponendole al centro delle relazioni industriali, introducendo il welfare aziendale come strumento fondante nella contrattazione collettiva e territoriale per realizzare uno scambio virtuoso necessario fra il miglioramento del benessere, del reddito, e la maggiore efficienza produttiva delle imprese. E’ questa la sfida del nostro tempo: mettere insieme la necessità di percorrere vie innovative che sappiano ottimizzare la spesa pubblica e tutelare i nuovi rischi che derivano dall’invecchiamento della popolazione, i processi migratori in atto e il conseguente aumento delle spese socio-sanitarie.

Premesso quindi che un processo di rilancio economico, produttivo e occupazionale del territorio nazionale richiede strumenti adeguati che impegnino le istituzioni a livello locale, regionale e nazionale, in un quadro programmatico condiviso, – occorre attuare una strategia di azioni sinergiche e integrate, mirata alla creazione di nuova occupazione femminile, – occorre coinvolgere una molteplicità di soggetti pubblici e privati con risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali, locali e quindi occorre definire e regolare una serie di accordi per definire

a) le attività e gli interventi da realizzare; b) i tempi e le modalità di attuazione; c) i termini per gli adempimenti procedimentali; d) le risorse finanziarie occorrenti per la progettazione, realizzazione e/o il completamento degli interventi; e) le procedure ed i soggetti responsabili per il monitoraggio e la verifica dei risultati al fine di   promuovere lo sviluppo economico e la coesione territoriale, rimuovendo gli squilibri socio-economici e amministrativi nel Paese; –

Occorre indicare le priorità di investimento a favore della crescita e dell’occupazione femminile anche attraverso l’identificazione dei fondi FESR, le nuove procedure di programmazione delle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) 2014-2020, l’Accordo di Partenariato con l’Italia per l’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei per la crescita e l’occupazione nel periodo 2014-2020.

Le linee di fondo e gli interventi prioritari finalizzati allo sviluppo della occupazione femminile su cui concordare sono le seguenti:

● attivare un Long Life working-caring-learning, un percorso di vita per tutti lungo la linea del lavoro, l’apprendimento e la cura, senza discriminazione di genere, senza rottamazioni che limitano e minano la cooperazione tra generazioni   ● costruire un welfare in grado di organizzare l’alternanza scuola-formazione-cura e lavoro, di supporto alle donne nel percorso di vita,   ● organizzare un welfare pubblico che punti alla trasmissione delle competenze del family caring in chiave gender equality, e alla condivisione di responsabilità sociali   ● ripensare all’invecchiamento attivo delle donne in primis (perché sono il fulcro delle famiglie) fuori dagli stereotipi di genere,   ● riformulare un welfare pubblico locale a rete, fondato sulla partecipazione attiva degli utenti in grado di fornire e/o coordinare tutto il welfare locale, sia pubblico che privato e immaginare nuove politiche di flessibilità e di diversa organizzazione del lavoro,   ● predisporre un piano straordinario per l’occupazione femminile in chiave quantitativa e qualitativa, valorizzando anche le over 50,   ● favorire il superamento delle discriminazioni di genere nelle aziende per un maggior equilibrio nelle posizioni decisionali, valorizzando le diversità e i talenti, oltre il genere,   ● coinvolgere il mondo industriale per realizzare cambiamenti organizzativi a vantaggio di tutte le parti in causa: l’azienda e il business, la qualità di vita/lavoro di donne e uomini, la qualità del servizio prodotto per i clienti/utenti,   ● incentivare i percorsi formativi per i manager per il gender diversity management,   ● uniformare il sistema delle incentivazioni fra lavoro dipendente e autonomo,   ● dare impulso alla costruzione di luoghi di comunità per l’attivazione del lavoro (job-nursing) fondate sulla capacità di fare rete e sistema, evitando dispersioni di fondi,   ● predisporre una politica di incentivazioni fiscali e contributive premianti per le imprese ad elevata gender equality, sia nella singola impresa che nelle attività indirette o indotte nelle posizioni lavorative e retributive a tutti i livelli,   ● analisi dei territori per individuarne le vocazioni. Nell’affrontare le sfide dello sviluppo e della “crescita”, le politiche del lavoro devono tenere conto della cultura e del rispetto della diversità. Il turismo sostenibile, la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, ad esempio attraverso la promozione di tecniche agricole che rispettano la tradizione e l’ambiente, permettono la creazione di un ecosistema favorevole alla nascita di nuove imprese e quindi di nuovo modo di intendere il lavoro, non come occupazione ma come crescita personale e civica,   ● allo stesso modo occorre promuovere le industrie culturali, che costituiscono il core dell’economia creativa. Questo potenziale deve essere sfruttato pienamente per stimolare un’innovazione che sia al servizio della crescita economica, della piena occupazione produttiva e dell’esistenza di opportunità di impiego dignitose per tutti/e Le industrie culturali e creative possono contribuire al risanamento dell’economia nazionale, alla creazione di posti di lavoro e di nuove imprese nel settore della sostenibilità ambientale, dello sviluppo locale,della promozione territoriale e l’educazione ad una nuova cittadinanza attiva e responsabile,   ● sostegno in termini di erogazione di servizi reali (come servizi di incubazione e di follow up durante il periodo dell’avviamento quando il tasso di mortalità delle imprese è alto) alla creazione di nuove imprese femminili che siano vocate all’utilizzo delle nuove tecnologie e alle azioni di salvaguardia ambientale e che sappiano cogliere e valorizzare, come start up, le opportunità che il territorio offre,   ● attivare un’efficace politica del credito con una rivisitazione delle condizioni di bancabilità delle imprese femminili attraverso una rilettura, da condurre anche nelle sedi europee, del rating di Basilea nelle sue diverse declinazioni,   ● favorire attività di internazionalizzazione per le imprese femminili creando e favorendo le reti d’impresa per superare i problemi delle dimensioni aziendali, favorire e dare valore al nostro progetto #madeinwomammadeinitaly,   ● ridefinire il concetto di cosa è impresa femminile e soprattutto rivedere la categoria di cosa è start up innovativa e delle sue implicazioni per gli adempimenti conseguenti nel registro delle imprese, al momento gestito presso le Camere di Commercio,   ● tutelare le donne in maternità in ogni ambito lavorativo, pubblico e privato, e favorire la loro ricollocazione a fronte della perdita di lavoro,   ● definire un livello minimo di diritti di maternità e di paternità, integrando il tema della genitorialità con quelli di cura della disabilità e degli anziani, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa europea,   ● ripensare sistemi previdenziali in grado di superare l’attuale divario del trattamento pensionistico,   ● eliminare definitivamente qualunque forma di discriminazione al momento dell’assunzione,   ● pensare a sistemi di sostegno per le partite IVA e le libere professioni, per chi decide di “mettersi in proprio” anche con l’introduzione di una no tax area per i primi tre anni dall’avvio dell’impresa o della professione,   ● riconoscere il lavoro di cura come lavoro produttivo,   ● incentivare le aziende pubbliche e private per favorire un ambiente di lavoro in cui le donne non siano penalizzate da orari e altre forme di esclusione che ne impediscano di fatto l’assunzione di posizioni di responsabilità,   ● rimodulare i tempi di vita e di lavoro con l’introduzione di nuove forme di organizzazione del lavoro anche attraverso azioni di sensibilizzazione sull’assunzione dei carichi e delle incombenze famigliari e della casa da parte degli uomini, ● istituire un’attività di monitoraggio permanente con rilevazione continua dedicata per ottenere: analisi costante e strutturata degli impatti delle normative e delle azioni messe in campo a livello territoriale per cogliere le differenze alla base di policy regionali e nazionali, analisi costante e strutturata delle interazioni tra welfare pubblico, privato, aziendale e territoriale e la loro capacità di facilitare il lavoro delle donne e degli uomini in una logica di mainstreaming alla base di policy regionali e nazionali, la costruzione, l’utilizzo e il costante aggiornamento di indicatori di valore e d’impatto al fine di monitorare e misurare il contributo del lavoro delle donne allo sviluppo, anche attraverso la raccolta, l’analisi e la diffusione di informazioni, di statistiche e di buone prassi, secondo nuovi schemi di gender analysis,   ● rafforzamento del sistema di contrasto alla discriminazione di genere multipla in contesto lavorativo con il potenziamento di un nuovo ruolo territoriale delle Consigliere di parità, ● elaborare politiche familiari che riconoscano i compiti che le donne svolgono nei diversi settori della vita sociale, spesso in sostituzione di un welfare inadeguato e che le aiutino ad articolare meglio il tempo,   ● promuovere campagne politiche e culturali ”pubblicità progresso” che aiutino ad individuare nuove categorie concettuali intorno al mondo delle donne per favorire scambi fra le generazioni e la capitalizzazione delle esperienze precedenti,   ● attivare azioni di sensibilizzazione per sostenere le giovani donne verso un impegno nella vita politica, per essere determinanti nel cambiamento, a non fare un passo indietro sempre, ma uno avanti insieme agli uomini,   ● aiutare con interventi mirati le donne vittime di violenza, superata la fase dell’emergenza nei centri anti violenza opportunamente finanziati, promuovendo l’indipendenza economica e lavorativa con misure concrete, quali l’introduzione di sgravi fiscali e contributivi per le assunzioni e la creazione di un Fondo nazionale per le donne vittime di violenza e per le loro famiglie,   ● ripensare nelle scuole l’alimentazione, realizzare e diffondere momenti di riflessione sul valore del cibo e del mangiare sano, costruire percorsi partecipativi scolastici per un’educazione alimentare sana, ma anche di un rispetto totale del gender. Mangiare a scuola educando, trasformando le mense scolastiche in veri luoghi conviviali, educativi, dove si mangia sostenibile, dove non si spreca, dove si fanno raccogliere gli avanzi dai bambini e dai ragazzi per poi portarli a chi ha meno di noi   ● riflettere e sensibilizzare a livello governativo sullo stretto legame tra la salute, il cibo, inteso come modalità di assunzione e come scelta di ingredienti e la tavola intesa come luogo di comunione sociale, condivisione, ma soprattutto momenti di coesione sociale, di scoperta anche delle differenze culturali   ● promuovere politiche dell’innovazione sensibili alle differenze, a partire da quelle di genere,   ● riconoscere ed integrare i bisogni, gli interessi e le competenze delle donne nella ricerca, nei progetti e nei dibattiti sull’innovazione, per un approccio pluralista e inclusivo delle differenze in generale, dare più aiuti alle giovani ricercatrici che sono discriminate,   ● promuovere iniziative per colmare il digital divide di genere, per il supposto alle start up femminili, per aumentare la presenza di donne nei percorsi di studio e nelle carriere ICT, per una migliore sinergia tra innovazione sociale e innovazione strettamente tecnologica.  Queste iniziative dovranno collegarsi sinergicamente alle attività per la ricerca e l’innovazione, che avranno come principale obiettivo quello del potenziamento del sistema di impresa e delle attività produttive delle regioni.

I fattori di sviluppo individuati si concentrano sull’accelerazione dei fattori di competitività, la promozione dei drivers e la incentivazione dei   sistemi e delle filiere produttive anche attraverso lo sviluppo dell’Agenda digitale verso l’ultimo miglio per garantire banda larga ed ultralarga a tutte le imprese. Queste misure dovranno avere alla base azioni per: la semplificazione e la sburocratizzazione a favore dei cittadine/i e delle imprese, la predisposizione di incentivi fiscali automatici per gli investimenti e l’occupazione, finanziati con i fondi FESR e FSE, l’attivazione di strumenti finanziari e di credito a favore delle attività produttive femminili.

Chiediamo al Governo Italiano  un incontro per discutere delle proposte contenute in questo documento al fine di suggerire e adottare misure concrete per dare lavoro alle donne e migliorare la qualità della vita. Investire nei diritti delle donne è l’azione più urgente e intelligente per proteggere la Madre Terra e vedere le generazioni future uguali, vivere in pace e dignità. Investire nei diritti delle donne è l’impegno principale per un mondo più sostenibile, democratico e inclusivo che sia in grado di affrontare le grandi sfide dell’umanità: le grandi migrazioni in atto, il cambiamento climatico e la biodiversità, la povertà e la ridistribuzione, il commercio e la globalizzazione, il cibo e la terra, l’acqua e l’energia, le disuguaglianze e le violazioni dei diritti umani, la militarizzazione dei conflitti, la governance economica e finanziaria.

Isa Maggi per il Coordinamento Stati Generali delle Donne isa.maggi.statigeneralidonne@gmail.com mobile +39 366 2554736

Cinzia Boschiero per l’ Uffici stampa cinziaboschiero@gmail.com  Comitato scientifico degli Stati Generali delle donne

Elisabetta ADDIS, Economia Politica all’Università di Sassari e Politica ed Economia del Welfare alla L.u.i.s.s. Roma

Manuela Arata, Docente di Trasferimento di Tecnologie e di Conoscenze presso lo Higher Council for Science and Technology del Regno di Giordania,Fondatrice e Presidente del Genova Makers’ Village

Mariella Berra, Associate Professor Sociology of Telematic Networks bachelor degree in Social and Political Science and Public Telematics; Theory and Practice, master degree in Comunicazione Pubblica e Politica,Torino

Roberta Bortolucci,consulente di genere e Diversity Management, Bologna

Maria Grazia Carbonelli, dirigente medico, Roma

Benedetta Castelli, esperta cultura di genere, formatrice, Roma

Chiara Cattani, in rappresentanza delle professioni ordinistiche, Padova

Giulia Maria Cavaletto, docente di Sociologia della Famiglia e del corso di vita,Scienze dell’educazione, Università di Torino

Antonella Chiusole, dirigente generale dell’Agenzia del lavoro di Trento, Trento

Roberta Cocco, assessora Comune di Milano, già manager Microsoft Margherita Cogo,già presidente Regione Autonoma Trentino Alto Adige, esperta in gestione impresa economica pubblica

Michela Cortini, docente di psicologia del lavoro e delle organizzazioni presso l’Università G. d’Annunzio di Chieti – Pescara

Amelia Laura Crucitti, dirigente pubblico, esperta in fondi strutturali, formatrice, Reggio Calabria

Cinzia Curti, comunicazione,produzione video, new media, marketing etico, Milano

Fabrizia Dalcò, specialista in sanità e servizi sociali, esperta cultura di genere,Parma

Luciana D’Ambrosio Marri, Sociologa del lavoro, Selezione, Formazione, Diversity management Sviluppo delle Persone e Benessere Organizzativo, Roma

Oretta Di Carlo, formatrice,psicoterapista,facilitatrice di iniziative per la crescita personale,Fara in Sabina (RI)

Mirella Ferlazzo, Direzione generale per le risorse organizzazione e bilancio,Mise, Roma

Liliana Fratini Passi, direttrice generale del Consorzio CBI – Customer to Business Interaction, Roma

Giovanna Gabetta, ingegnera nucleare, Milano Silvia Gazzotti, psicologa del Lavoro e Consulente Risorse Umane,Mantova

Mariacristina Gribaudi, imprenditrice, presidente Fondazione Musei Civici Venezia

Dora Iacobelli, Direttore Progetti Coopfond Spa Maria Lippiello,Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura,Università di Napoli, Federico II, Avellino

Nicoletta Marin Gentilini, imprenditrice, Padova Francesca Moraci, docente Università degli Studi Mediterranea Reggio Calabria, Cda Anas

Laura Moschini, docente Etica Sociale, Università Roma Tre, ricercatrice,formatrice, esperta Gender Budgeting, Diversity Management, Managenent etico, Roma

Donatella Noventa, medico,direttrice sanitaria Centro cardiovascolare, Mirano (VE)

Fabiana Palù, coach,formatrice,esperta in Welfare aziendale, Venezia

Sabina Passamonti, docente di biochimica alla Medical School dell’Università di Trieste, visiting professor all’Università di Ljubljana Graziella Rivitti, funzionaria Mise, Roma

Gabriella Scaduto, psicologa clinica e forense,Monitoraggio e Valutazione di progetti internazionali, Formatrice sui diritti umani, dell’infanzia e dell’adolescenza, Milano

Claudia Sorlini, docente di Microbiologia Agraria presso la facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano, già coordinatrice del Comitato Scientifico Internazionale per Expo del Comune di Milano, membro del CdA di Milano Ristorazione e vicepresidente del Touring Club Italiano, Milano

Francesca Zajczyk, docente di sociologia urbana presso la facoltà di Sociologia dell’Università di Milano Bicocca, Milano

Sito degli stati generali :https://statigeneralidonne.wix.com/stati-generali Pagina Facebook: https://www.facebook.com/groups/1427604680829903/   Hashtag : #statigeneralidelledonne Video di presentazione https://www.youtube.com/watch?v=N5-B7eA31DE Vi segnalo il link del nostro canale you tube dove potrete rivedere lo svolgimento della giornata di Roma del 18 novembre. https://www.youtube.com/channel/UCc8egOYFSK9q0-zGl2gBtdw   Rassegna stampa   Il portale delle donne http://www.donneierioggiedomani.it/6637/Stati-Generali-delle-Donne:-saperi-e-competenze- a-confront   Donna in affari http://donnainaffari.it/2016/11/stati-generali-delle-donne/   Rai Economia http://www.economia.rai.it/categorie/speciale-stati-generali-delle-donne/1549/1/default.aspx 
Ogni donna può sottoscrivere il Patto e ogni candidato/a lo può “adottare” e soprattutto concretizzare, dandocene comunicazione. Il Patto è ora nella fase di declinazione in ogni Regione che andrà al voto nel 2018.

Segreteria del Patto per le Donne   #statigeneralidonne  e mail isa.maggi.statigeneralidonne@gmail.com   mobile 355 2554736