E’ morta a 91 anni Adriana Zarri, una cattolica laica, teologa, scrittrice, eremita… ma ogni definizione rischia di rinchiuderla in appartenenze che non le appartengono. In molte l’abbiamo conosciuta attraverso le sue “parabole” scritte su “il manifesto”. Non sempre ci riconoscevamo nei suoi giudizi ma sempre le riconoscevamo una libertà di pensiero che era il segno vero della sua laicità.Da più di trent’anni viveva “eremita” perché, diceva, il silenzia aiuta l’incontro. Ma il silenzio aiuta anche ad avere un occhio critico più attento sulla realtà. Per cui non l’abbiamo mai sentita avulsa dalla vita reale anche di noi donne.

Da due giorni circola via e-mail l’epigrafe che lei stessa da tempo si era scritta; è giusto che sia così perché ci dice di questa donna meglio di qualunque nostra parola.

Non mi vestite di nero:/ è triste e funebre./ Non mi vestite di bianco:/
è superbo e retorico./ Vestitemi/ a fiori gialli e rossi/ e con ali di uccelli./
E tu, Signore, guarda le mie mani./ Forse c’è una corona./ Forse/
ci hanno messo una croce./ Hanno sbagliato./ In mano ho foglie verdi/
e sulla croce,/ la tua resurrezione. / E, sulla tomba,/ non mi mettete marmo freddo/ con sopra le solite bugie/ che consolano i vivi./
Lasciate solo la terra/ che scriva, a primavera,/ un’epigrafe d’erba./ E dirà/ che ho vissuto,/ che attendo./ E scriverà il mio nome e il tuo,/
uniti come due bocche di papaveri.