Francisca AguirreDomenica 22 maggio, c’è l’ ultimo imperdibile incontro di poesia femminile nel Museo di Palazzo Altieri ad Oriolo Romano, alle 17.30, questa volta dedicato a Francisca Aguirre.

 


Francisca Aguirre nacque  ad Alicante nel 1930, figlia del pittore Lorenzo Aguirre,
pittore spagnolo, ucciso da Franco, con la garrota, il 6 ottobre 1942, con l’accusa di “auxilio a la rebelión” . Nella poesia Alle mie sorelle Susy e Margara racconta della sua infanzia
Quell’infanzia fu piuttosto triste.
Essere bambini nel quarantadue sembrava impossibile.
La nostra infanzia era un misto di comprensione e noia.
Eravamo seri e annoiati.
Ricordo quelle sere; erano come il mondo era allora:
senza spiragli e tristi….
crescere, crescere molto presto, darsi fretta
– essere bimbo era un compito troppo pesante
per noialtri e per i grandi –.
Solo in estate il mondo sembrava accessibile,
per tre o quattro mesi saltare, correre, era la vita.

Si sgualcirono, come i paesaggi di carta,
mentre crescevamo a questo sconforto che oggi ci popola.

 

E’  sempre stata chiamata Paca dagli amici e ha avuto la fortuna di avere una madre straordinaria e il conforto della cultura negli anni bui della guerra civile e del Franchismo. Le sue meravigliose e struggenti poesie, sono state riunite nel volume “Ensayo general” (Poesía completa, 1966-2000) dalla casa editrice Calambur (Madrid, 2000) ed è così che è rimasta  una delle più grandi poetesse contemporanee di lingua spagnola.
E poi c’ era la musica che accompagnava la sua vita, il Flamenco: “
Dalla terra, quella musica viene dalla terra, viene dalla contesa, dall’assalto, dall’oscura spinta delle arterie del pianeta. Viene dalla preponderanza del fuoco, dal confuso linguaggio dei giacimenti, dallo sconforto dei minerali. Quella musica è cieca come le radici, ostinata come i semi. Sa di terra come la bocca di un cadavere, viene dalla terra ed appartiene alla terra: geologica risonanza. Quella musica è oscura come la corteccia, compatta come i diamanti. Non dispone: mostra la vorace certezza di ciò che è vivo, la vertigine che va dal substrato alla calamità che grida. Quella musica racconta il buco che dilata la sua ascendenza negli uomini. Quella musica è tale buco, un sordo abisso che reclama la prima solitudine, il primo pianto nella prima notte.”
Ad Oriolo Romano, avremo anche la straordinaria occasione di ascoltare le sue poesie recitate dalla voce di Tiziana Biscontini e di apprezzare la maestria di Carmen Meloni in Flamenco Lunares da Roma.
Tra le tante è impossibile non ricordare L’ ultimo dei Mohicani:
Non ebbi nulla e, tuttavia, in qualche modo,
capisco che ebbi tutto.
Non avevamo nulla, nulla
salvo la paura, il dolore,
lo stupore che produce la morte…

certo che non avemmo nulla,
che molte volte ci mancava tutto.
Ma anche se qualche giorno non mangiammo,
avevamo una radio per ascoltare Beethoven,
e il giorno della Befana del millenovecentoquarantaquattro
mamma e gli zii andarono al mercato delle pulci:
ci comprarono tre libri:
La collina incantata, Nomadi del Nord
e L’ultimo dei Mohicani.
Dio sa quante volte avrò letto quei libri.
Mamma ci portò L’ultimo dei Mohicani
e tenendo per mano quell’indio solitario
entrammo nel mondo del meraviglioso
e avemmo tutto per sempre.
E nessuno ce lo potrà togliere.”

Francesca Aguirre è stata una donna che malgrado abbia vissuto l’ infanzia e la gioventù,sotto il segno della guerra e della dittatura, ha fatto ricorso costante  alla memoria poetica ed evocatrice di vita, con la poesia, che diventa strumento di salvezza, per sempre: E nessuno ce lo potrà togliere.

Tutte le traduzioni delle sue poesie che riporto, sono grazie alla traduzione di Raffaella Marzano e Guadalupe Grande