28 giugno: Italia-Germania agli Europei di calcio. La Gazzetta di Mantova pubblica un fondo di Ferdinando Camon, “A Varsavia la partita tra due mondi”, che mi lascia sconcertata.
{{L’esordio:}}
“Italia-Germania: ci siamo. È molto più che una partita. Italia e Germania sono sempre state nemiche, e quando erano alleate non c’era da fidarsi”.

{{La conclusione:}}
“Ma loro han sempre sognato una loro Roma, e non averla avuta gli crea un lutto che non colmeranno mai con nessuna vittoria. Chiunque vinca stasera, domani resterà la poca simpatia o l’antipatia o l’odio che c’è sempre stato. E sempre ci sarà”.

In mezzo {{l’argomentazione}}: da un lato ci sono le “nostre” gloriose radici romane –“Abbiamo dominato il mondo per secoli, impiantando la civiltà. Abbiamo imposto la lingua, il diritto, i tribunali, i codici, la letteratura, il teatro, il pensiero, la storiografia” –; dall’altro c’era “Una terra selvaggia, piena di acquitrini e di foreste, abitata da popoli barbari, pessimi cittadini, feroci guerrieri”, la Germania. Purtroppo per l’umanità Noi non ce l’abbiamo fatta a civilizzare anche Loro. E continuiamo ad avere un mare di conti in sospeso con i tedeschi “da Hitler alla Merkel”.

L’articolo procede così, {{contrapponendo un Noi luminoso a un Loro cupo e livido di invidia per la civiltà che abbiamo alle spalle:}} “Loro sono truppa, noi soldati. Loro macchine, noi uomini. Loro regole, noi fantasia”.

Leggo la sequela di luoghi comuni e penso alle mie amiche e ai miei amici tedeschi e ai molti fili del nostro sentire comune, penso agli scrittori e ai filosofi che tanto ho amato, da {{Adorno }} alla {{Arendt}}, da {{Rilke}} a {{Thomas Mann}}; penso a quanto sia violenta e detestabile ogni generalizzazione che appiattisca un intero popolo sugli stereotipi che ne affliggono l’immagine: un’operazione che nella storia ha prodotto catastrofi. Penso anche che, nonostante le sue gloriose radici, l’Italia ha perseguitato ebrei, sinti e rom, e ha contribuito alla deportazione di molti di loro nei campi di sterminio.

Mi addolora che a scrivere parole pesanti come pietre sia Ferdinando Camon, autore di libri indimenticabili e di una preziosa {Conversazione con Primo Levi}. Primo Levi, sopravvissuto ad Auschwitz, che mai si è concesso generalizzazioni; che si è assunto la responsabilità di “capire” i tedeschi, lasciando ai giudici il compito di giudicare i colpevoli con la necessaria severità; che seppe dire del “blocco emotivo che strozzava il flusso delle idee e dello scrivere” e gli impediva di stendere la prefazione all’edizione tedesca di Se questo è un uomo.

Forse Camon non ha mai letto uno straordinario libro di {{Ivan Čolović}}, {Campo di calcio campo di battaglia } (Mesogea, 1989), in cui l’etnologo serbo analizza, in tre saggi scritti prima, durante e dopo le guerre che hanno dilaniato l’ex Jugoslavia, la costruzione dell’odio nazionalista attraverso l’uso politico del tifo calcistico. L’attenzione di Čolović è centrata sulla{{ Letteratura selvaggia prodotta dalla stampa sportiva,}} sul “substrato mitico” della letteratura calcistica, che “trasforma il duello calcistico tra Noi e Loro in guerra tra soldati di una nazione contro gli stranieri” […] “un’arcaica rivolta contro l’ordine costituito e i detentori del potere”. Čolović rievoca con precisione altri scenari novecenteschi di intersezione tra calcio e guerra. In Serbia le tifoserie della Stella e del Partizan, ‘educate’ all’odio dalla propaganda politico-sportiva, hanno fornito la mano d’opera per le operazioni di macelleria etnica delle Tigri di Arkan, il corpo paramilitare addestrato ai massacri da Zeljko Raznatovic, capo degli ultras belgradesi.

Certo, non è questo lo spirito che anima lo scritto di Ferdinando Camon, ma {{la miscela di tifo, politica e storia può dare esiti micidiali}}. Ma non ne abbiamo avuto abbastanza? Abbiamo ancora bisogno di caricare gli eventi sportivi di odi atavici e dell’istigazione a perpetuarli?

L’antipatia verso la politica di {{Angela Merkel}} è legittima e condivisa anche da molti tedeschi, ma da qui a fare di lei e di tutti i tedeschi un nemico da odiare c’è un temibile abisso di fantasmi, di immaginari storiografici, di paure oscure. Ci piacerebbe parlarne con Camon.

Italia – Germania nel frattempo c’è stata. L’Italia ha vinto e nello stadio ha regnato un clima di grande civiltà. {{Qualche volta le masse sono migliori dei loro interpreti. }}

{immagine da [sport.sky.it->http://sport.sky.it/sport/calcio_estero/2012/06/25/euro_2012_pigs_italia_spagna_portogallo_germania.html]}