Il 22 maggio del 1978 è stata approvata in Italia la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, una legge conquistata grazie a tante lotte, denunce, iniziative del movimento delle donne in tutto il Paese. A distanza di 36 anni a Roma la rete cittadina #Io Decido, costituitasi a febbraio a sostegno alle donne Spagnole e che con la stessa parola d’ordine ha dato vita ad un lungo e colorato corteo l’8 marzo, ha deciso di ricordare questa data con un flash mob il 22 maggio davanti al padiglione di Ginecologia del Policlinico per denunciare {{l’enorme presenza di obiettori (nel Lazio il 90%) }} che rendono difficile -e in troppe strutture pubbliche illegalmente impossibile- l’applicazione della legge.

Di fronte a questa inaccettabile situazione è evidente, come è scritto nel volantino, la preoccupazione per la crescita degli {{aborti “fai da te” }} che mettono a rischio la salute e la vita stessa delle donne, come è forte l’indignazione per gli ostacoli che si frappongono all’aborto farmacologico e alla contraccezione d’emergenza.

Per questo è annunciata una vera e propria campagna che toccherà altri ospedali e luoghi della decisione politica per rivendicare la possibilità concreta di un aborto libero, gratuito e garantito e chiedere l’introduzione nelle scuole di una educazione per lo sviluppo di una sessualità laica, consapevole, autodeterminata.

Sulla scalinata antistante il padiglione è stato srotolato un grande striscione con su scritto{{ “Io decido sul mio corpo”}} e i volti di tutte sono spariti dietro mascherine dipinte a mano di color rosa fucsia che al sole sembravano emanare luce propria, come a significare una cancellazione impossibile; in mano cartelli arancioni e tanti volantini.

Alcune giovani si sono avvicendate al megafono spiegando con precisione ed efficacia {{le ragioni della protesta}} davanti ad un nutrito gruppo di fotografi che hanno ripreso l’evento e lo hanno seguito fino alla fine, dopo che è stata presa la decisione di improvvisare un corteo che ha toccato quasi tutti i padiglioni, coinvolgendo numeros* pazienti, infermier* e personale medico.

Il corteo ha concluso il suo percorso davanti all’edificio della Direzione sanitaria con canti e slogan mentre al balcone e alle finestre molt* erano affacciati ad ascoltare. Al Direttore sanitario è stato indirizzato l’ultimo chiaro messaggio in quanto è lui, in prima persona, che ha comunque {{l’obbligo di applicare una legge dello stato nella struttura pubblica}} che dirige, pena l’accusa di reato per interruzione di pubblico servizio, come da più parti le donne vanno sostenendo.

Il caldo sole di Roma, intanto, faceva colare il sudore sotto le mascherine: un sudore carico di soddisfazione per l’attenzione e, in generale, l’aperta simpatia che la manifestazione ha suscitato.

Certo, 36 anni sono tanti per chi li ha vissuti dall’inizio ed ha tanto lottato per l’approvazione della legge 194 e la sua applicazione: sono inevitabili lo sconforto, l’indignazione, la tentazione di sentirsi stanche e sfiduciate. Ma vedere tante giovani così determinate, desiderose di essere protagoniste della propria vita e delle proprie scelte, nonostante la pesantissima realtà sociale e lavorativa in cui è dato loro vivere, apre alla speranza di un futuro diverso e restituisce in qualche modo fiducia e il giusto riconoscimento alle tante donne che hanno cominciato prima di loro il difficile percorso verso l’autodeterminazione e la libertà.

{immagine da:} http://www.dinamopress.it/news/sul-mio-corpo-decido-io-its-time-to-react