Il mondo in mano alle donne migliorawww.iodonna.it/personaggi/

Patrizia Asproni
Patrizia Asproni

Patrizia Asproni, presidente della Fondazione Torino Musei (nonché di Confcultura e della Fondazione industria e cultura di Confindustria). Di origine sarda, fiorentina d’adozione, non può essere certo accusata di campanilismo quando dice che «Torino è un’oasi felice e un’avanguardia, un modello di gestione da imitare». Che la leadership delle istituzioni culturali sia femminile non le sembra un caso. «Nei momenti di difficoltà si punta sull’affidabilità e il multitasking: come durante la guerra, quando le donne vennero messe nelle fabbriche e le mantennero efficienti. In più, abbiamo imparato a fare network, uscendo dalla ghettizzazione. L’altro asset è la visione a 360 gradi: non ci focalizziamo sul singolo episodio (tipo un’esposizione temporanea), guardiamo piuttosto all’equilibrio totale e all’aspetto divulgativo».

Sarah Cosulich
Sarah Cosulich

Sarah Cosulich, direttore di Artissima. Triestina, apprezza tanto Torino da essersi trasferita qui nel 2012 con la famiglia. E, non nasconde, il successo di questa fiera d’arte contemporanea deve qualcosa all’accoglienza sofisticata che la città offre: «I collezionisti stranieri restano a bocca aperta». Anche Maurizio Cattelan ha accettato di curare il progetto collaterale di Artissima, Shit and Die, proprio dopo averla esplorata ed esserne rimasto affascinato. «Poi, naturalmente, c’è la nostra capacità di rischiare, di credere nella sperimentazione, nella ricerca, nel dare spazio ai giovani. Siamo i primi al mondo a dedicare uno spazio alla performance non per “ravvivare”, ma come una vera sezione della fiera». Forte di esperienze a Berlino e Londra, ha uno staff composto esclusivamente da donne. «La vedo come un’evoluzione naturale: all’università eravamo più ragazze, ora nel mondo del lavoro la proporzione è rispettata». Vantaggi? «Abbiamo senso pratico, efficienza, velocità. Sappiamo ricavare il massimo dalle (scarse) risorse». Svantaggi? «Maggiore emotività: all’inizio pare tutto complicatissimo».

Evelina Christillin
Evelina Christillin

Evelina Christillin, presidente della Fondazione Teatro Stabile e della Fondazione Museo Egizio. Torinese, ex azzurra di sci, ex ufficio stampa Fiat («Mi licenziai a 30 anni, quando mi ammalai gravemente»), docente universitaria, ha avuto un ruolo importante nella second life di Torino: lottò con convinzione per la sua candidatura alle Olimpiadi invernali del 2006, che si sono rivelate il palcoscenico internazionale decisivo. «Però il cambio di politiche culturali c’era stato molto prima, nel 1993, con l’elezione a sindaco di Valentino Castellani» ricorda. «Come diceva Napoleone, meglio un generale fortunato di uno bravo» si schermisce, pur riconoscendosi un merito tipicamente femminile («Siamo più flessibili e più agili, sempre abituate a giocare su mille tavoli tra famiglia e lavoro») e una dote che neppure lei sospettava: la capacità di gestire i budget e i cantieri. In particolare, quello monstre per l’ampliamento dell’Egizio (sarà inaugurato il primo aprile 2015): un progetto da 50 milioni di euro.

Emanuela Martini
Emanuela Martini

Emanuela Martini, direttore del Torino Film Festival. Forlivese, spettatrice accanita da quando aveva due anni, ha fatto per sette da vice (a Nanni Moretti, Gianni Amelio e infine Paolo Virzì). Adesso, finalmente, è stata “promossa”. Di Moretti condividerà «la testardaggine sacrosanta nel mantenere l’identità della manifestazione, cioè la ricerca di nuovi talenti»; di Amelio la passione cinefila; di Virzì «l’accento sull’anima pop». La particolarità della sua gestione? «Quella che i francesi chiamano “ratatouille” e che da noi è “fricandò”: un mix di cose diverse che si sposano bene». Con un occhio di riguardo al cinema delle donne? «Non credo nello specifico filmico femminile: i capolavori sulla nostra psiche, in fondo, sono quelli di Ingmar Bergman e del Woody Allen dell’epoca d’oro».

Beatrice Merz
Beatrice Merz

Beatrice Merz, direttore del Castello di Rivoli – Museo d’arte contemporanea(nonché presidente dell’Associazione dei Musei d’arte contemporanea italiani). Nata in Svizzera ma cresciuta a Torino, figlia di due maestri dell’Arte Povera (Mario e Marisa Merz), fondatrice della casa editrice hopefulmonster, è dello stesso avviso della Martini: nessuna “quota rosa”. «È interessante vedere come reagiscono le artiste a periodi come questo, con tante guerre (che non sono una scelta femminile). Però non è giusto fissarsi. C’è un disequilibrio tra donne e uomini nell’esposizione dei musei, ma piano piano si annullerà». Forte della sua esperienza personale, fa notare che la trasformazione di Torino è iniziata già negli anni ’60 con la nascita dell’Arte Povera e ha avuto un momento chiave con la creazione di Rivoli, nel 1984. «Questi due eventi hanno fatto capire che Torino aveva (e ha) potenzialità importanti dal punto di vista artistico, è una città-laboratorio, con una corrente molto forte di creatività che riguarda anche il cinema e la musica. Una creatività nata forse come “reazione” al carattere in prevalenza industriale della città, che è stata condotta con un sistema maschile, gerarchico, verticale». Pure l’attuale prevalenza femminile può essere una reazione? «In qualche modo sì, per quanto sia una coincidenza: c’è bisogno di una visione pratica, con più buon senso e meno arroganza, con grandi sinergie».

Antonella Parigi
Antonella Parigi

Antonella Parigi, assessore alla Cultura e al Turismo della Regione Piemonte. Torinese, già fondatrice della Scuola Holden («con il mio amico di sempre, Alessandro Baricco»), già ideatrice e direttore sia del festival Torino Spiritualità sia del Circolo dei Lettori, sottolinea – come Beatrice Merz – il diverso approccio femminile al potere. «Per noi non è fine a se stesso e l’esercizio non si scosta mai dagli obiettivi e dall’umanità. Oggi serve un’unione di razionalità ed emotività, c’è bisogno di cuore intelligente, di creare coesione: in questo siamo superiori. Ciò detto, non voglio generalizzare (ci sono donne carogne e uomini ok) né esagerare con la questione di genere: vengo da una famiglia in cui il vero maschio era mia madre!».

 

Parigi sottolinea che lo stesso lavoro su Torino è stato fatto per la regione. «Pensate a cosa sono adesso le Langhe o il Monferrato, con la loro offerta enogastronomica e non solo, come dimostra il Festival Collisioni a Barolo. Ho un’idea di cultura allargata, che comprende il sapere artigianale, il paesaggio… Lo slow tourism è un bacino notevole: il mondo non vuole da noi solo l’arte, apprezza moltissimo il nostro life style.