1. 1893 l'inchiestaL’inchiesta è la prima ricostruzione cinematografica mai fatta dei Fasci Siciliani dei Lavoratori. Ho voluto rompere il silenzio che da 120 anni oscura questa storia e senza dubbio, a monte del soggetto, c’è l’esigenza di indagare la storia della mia terra, la Sicilia, per rovesciare molti luoghi comuni, il primo in assoluto quello che vuole siciliani e siciliane sempre a testa china.

L’inchiesta di Adolfo Rossi, filo conduttore del mio lavoro, ci racconta di un movimento popolare diffuso su tutto il territorio isolano, unito e organizzato contro la schiavitù del latifondo e per i diritti del lavoro. Il primo dell’Italia unita, a trent’anni dallo sbarco dei Mille.

Scomodo per il Regno d’Italia del tempo, lo sarà per tutto il Novecento sino ad oggi, vista la tenacia con cui si continua a cancellarlo dalla storia.

Quando ho trovato il suo libro-cronaca “L’agitazione in Sicilia. Inchiesta sui Fasci dei Lavoratori”, sono rimasta stupefatta per due ragioni, la prima: non sapevo nulla delle vicende che il giornalista descrive, la seconda: il suo linguaggio informativo. Rossi è uno con la “schiena dritta”, un cronista che non si fa azzittire dal potere, sente la responsabilità del suo mestiere e la esercita, scende in Sicilia e dà voce ai contadini, uomini e donne, gli “invisibili”, illumina le ragioni della protesta.

Separa i fatti dalle opinioni. Incalza tutti i protagonisti sulla scena, prefetti e baroni, delegati di pubblica sicurezza e municipi, riporta l’inattesa pastorale del vescovo di Caltanissetta “ai padroni, ai capitalisti, ai proprietari dei feudi e delle miniere, ai gabelloti… è loro principalissimo dovere non tenere gli operai in conto di schiavi, dare a ciascuno la giusta mercede…”.

Così racconta la società e mostra le responsabilità del potere che si fa strumento di interesse personale; nell’Italia del suo tempo che diventa capitalista, i grandi latifondisti del sud, proprietari delle campagne e del sottosuolo, alleati ai grandi capitalisti del nord, decisi entrambi a stroncare con ogni mezzo le rivendicazione dei lavoratori e delle lavoratrici che si affacciano alla scena della storia.

Mi sono subito resa conto delle difficoltà di una trasposizione cinematografica, non volevo fare un film storico sovrapponendo la mia voce o il commento di “esperti” a quella di Adolfo Rossi perchè non c’è niente da aggiungere alle sue corrispondenze, sono una testimonianza diretta.

La fase della ricerca mi ha preso molto tempo, c’era l’esigenza di inquadrare il contesto in cui si sono mossi i Fasci. Ho approfondito l’Italia e l’Europa del tempo, in un fine secolo oppresso dalla prima crisi economica e finanziaria legata al nascente capitalismo e ai nuovi mercati, con la miseria e la disoccupazione, la prima coscienza popolare dello sfruttamento del lavoro, gli scandali politici e parlamentari del Regno, la deriva autoritaria del governo Crispi, le guerre d’Africa…

Sono stata letteralmente catapultata in una realtà siciliana e nazionale dimenticata, di cui non si parla, mentre sarebbe utilissimo indagarla anche per le piste di riflessione che apre su tante questioni di oggi.

Posso dire che è stato il film a venirmi incontro. L’inchiesta di Rossi si è fatta voce narrante, la cinepresa ha rifatto il suo viaggio a dorso di mulo sulle trazzere spettacolari del centro dell’isola, tra paesi di pietra. Riprese di paesaggi sconosciuti si mescolano al patrimonio documentale, illustrazioni animate, canti, brani letterari, cartoline, lettere, foto…

Sguardi di contadine e contadini curvi sulla terra aspra, bambini laceri nel buio di stamberghe in forma di case, fanciulli rachitici e macilenti nel fondo dei pozzi delle zolfare… C’è durezza, dolore e fatica, nessuna compassione, nessuna favola. Così la fede nei Fasci, le assemblee, i cortei, gli scioperi…

Inevitabile, la seconda inchiesta che nel film corre parallela a quella di Rossi: ricostruisce il tempo dei Fasci, la nascita e la fine del movimento, si interroga sulle ragioni della loro rimozione dalla Storia nazionale, e sulle conseguenze di questa rimozione per la Sicilia e per il Novecento italiano. Il viaggio si fa interiore e ci interroga dentro, scardinando certezze a chi vuole ascoltare, il tempo di ieri, il tempo di oggi, la memoria, l’azione.

L’inchiesta di Adolfo Rossi termina nel novembre 1893, un mese prima delle grandi stragi che metteranno fine al movimento siciliano con la proclamazione dello stato d’assedio, l’abolizione della libertà di stampa e di associazione, i processi, la cancellazione del diritto di voto per centinaia di migliaia di cittadini ”fiancheggiatori” o simpatizzanti.

La mia inchiesta si ferma alla cronaca del processo ai capi dei Fasci, che si aprì a Palermo il 7 aprile 1894. Mi sono stati molto utili alcuni libri, come “Gli avvenimenti di Palermo e le loro cause” di Napoleone Colajanni, Sandron Palermo 1894, al tempo deputato liberale, e “Il processo imperfetto. 1894: i Fasci alla sbarra” di Rino Messina, magistrato militare palermitano, che ha ricostruito quel processo attraverso gli atti giudiziari originali che dimostrano inequivocabilmente che in quel processo si processarono non reati ma opinioni. Il primo processo alle idee della storia italiana.

La grande colpa dei Fasci fu di voler scardinare il sistema mafioso del latifondo, alla base dell’organizzazione sociale siciliana, con un’idea di società giusta ed egualitaria.

Dunque, l’inchiesta di Rossi illumina proprio quello che la cultura mafiosa vorrebbe ancora cancellare: l’azione consapevole delle migliaia di siciliani e siciliane – contadini e contadine schiavi di gabelloti e proprietari, zolfatari e carusi schiavi nelle miniere, laceri proletari urbani schiavi dei partiti municipali – che nonostante le baionette regie, i campieri mafiosi, la morte, fecero proprie le nascenti idee di riscatto sociale, dando vita al primo movimento italiano organizzato contro lo sfruttamento del lavoro.

Per Leonardo Sciascia, anche la prima ribellione popolare antimafia dell’Italia moderna e contemporanea.

Il documentario è stato inserito da AGISCUOLA tra i film consigliati alle scuole, spero che venga adottato dagli insegnanti come un utile strumento di conoscenza per colmare i vuoti e approfondire la storia nazionale e europea.

SINOSSI.
Nell’ottobre del 1893, mentre i giornali del continente si limitano a pubblicare brevi dispacci di polizia sugli scioperi dei contadini siciliani che il Governo considera “una questione di ordine pubblico”, Adolfo Rossi, redattore viaggiante per il quotidiano romano La Tribuna, decide di intraprendere un viaggio “controcorrente” nell’Isola, per descrivere in diretta “cosa sta succedendo veramente in quella nostra lontana e sconosciuta provincia.”.

Per più di un mese, viaggiando perlopiù a dorso di mulo “sino ai più remoti paeselli di terra e di montagna”, Rossi raccoglie le voci di contadini e braccianti che chiedono la fine della schiavitù del feudo e nuovi contratti per il lavoro agricolo, i Patti Agrari, considerati dalla storia il primo contratto sindacale scritto dell’Italia capitalista. A sorprenderlo e affascinarlo sono soprattutto le donne. Rossi le descrive in prima fila nelle dimostrazioni, sprezzanti delle baionette e della morte, “libere di uscire di casa, sole, anche di sera, parlano in pubblico come vere oratrici”. “Non immaginavo di trovare rozze contadine esprimersi con tale proprietà”, sottolinea in una corrispondenza del 16 ottobre 1893 da Piana degli Albanesi… Il documentario di Nella Condorelli, con le musiche originali di Massimo Zamboni, ripercorre il viaggio di Rossi “a dorso di mulo” negli straordinari scenari naturali del centro della Sicilia con Federico Price Bruno e il suo mulo Giovanni, per la fotografia di Vincenzo Condorelli (AIC), mentre le tavole animate di Nico Bonomolo reinterpretano ambienti, incontri e situazioni descritti dal giornalista. Parallelamente e proprio grazie alle informazioni contenute nell’inchiesta di Rossi si sviluppa l’inchiesta dell’autrice – affidata all’interpretazione in studio di Francesco Foti, Enrica Rosso, Alessandra Costanzo – che ricostruisce il contesto sociale e politico in cui si mosse la vicenda dei Fasci Siciliani, la sanguinosa repressione militare ordinata dal governo e appoggiata dalla mafia dei feudi, il processo di Palermo e la fine del movimento, con sorprese che ne illuminano il senso e ricadono sull’attualità. I Fasci rivivono nei luoghi in cui la storia si svolse anche attraverso la partecipazione corale della gente coinvolta nella sceneggiatura, donne, uomini, ragazzi, bambini…

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