In questo numero di AG, a cura di Emanuela Abbatecola (Università degli Studi di Genova), Luisa Stagi (Università  degli studi di Genova) s’intende riflettere sull’eteronormatività intesa come struttura pervasiva di potere che impone, naturalizzandoli, sia un dualismo di genere che si fagerarchia, sia il primato dell’eterosessualità monogamica.

In altre parole, il ruolo del discorso eteronormativo nel definire le regole del vivere sociale. In particolare ci interessa articolare le riflessioni nei seguenti ambiti, da intendersi come non esclusivi:

1) Eteronormatività e storia: Si è parlato della norma eterosessuale come di presenza
assente (Katz 1996) volendo sottolineare come la storiografia si sia interrogata poco
sull’eterosessualità, impostasi progressivamente come norma di “natura” e come criterio
definitorio delle altre forme di sessualità. Ci interessano pertanto contributi che riflettano
intorno alla costruzione sociale della normalità eterosessuale, all’invenzione e ai
cambiamenti della cultura eterosessuale nello spazio e nel tempo e ai processi storici che
hanno contribuito alla costruzione e al mutamento delle norme sociali e culturali in
rapporto alle questioni della sessualità.

2) Eteronormatività e spazio: Il regime di (in)visibilità della norma eterosessuale traccia
delle frontiere, più o meno porose, che permettono di ripensare le condizioni e le modalità
di accesso di ciascuno allo spazio pubblico (Blidon 2012). Lo spazio pubblico è infatti
pensato, gestito e modellato in base a una rigida concezione dualistica (pubblico/privato,
maschio/femmina, lecito/illecito, omosessuale/eterosessuale). Ci interessano contributi
che si focalizzino sull’analisi degli spazi, su come essi incorporino, riflettano e quindi
naturalizzino le strutture di potere e le gerarchie di genere, legittimino i confini di visibilità e
invisibilità, contribuiscano a costruire le nozioni di adeguatezza e vulnerabilità dei corpi.

3) Eteronormatività e diritto. Attraverso il processo di giuridificazione, il diritto non
plasma semplicemente le norme giuridiche secondo assunti eteronormativi ma tende ad
ammantare questi assunti di naturalità, proponendoli come normali e dando per scontato
che la visione della società che essi propongono sia la sola possibile e reale (Wilkinson e
Kizinger 1993). Al contempo però, almeno in determinate circostanze, il diritto può
operare come strumento riparatore delle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale
e sull’identità di genere delle persone, contribuendo a sovvertire l’ordine sociale
eteronormativo e ad anticipare mutamenti culturali “desiderabili” (MacKinnon 1987 e
1993).
Alla luce di queste considerazioni, riteniamo importanti studi e ricerche che, partendo dall’analisi dei più recenti sviluppi legislativi, giurisprudenziali e dottrinali in materia,riflettano, anche in un’ottica comparatistica: i) sui percorsi argomentativi che tendono ancora, in diverse parti del mondo, a riconoscere diritti esclusivamente a quel modello di soggetto e di formazione sociale che rientra nell’ideale eteronormativo; ii) sugli strumenti e
sulle modalità attraverso cui in alcuni ordinamenti, europei e non, la cultura giuridica, o parte di essa, si è mossa e/o si sta muovendo nella direzione dell’abbandono del c.d. dualismo eteronormativo, basato sull’assunto che vi sia un unico orientamento sessuale “corretto” e un unico modello di famiglia accettabile e meritevole di tutela sul piano giuridico.

4) Eteronormatività e linguaggio: L’eteronormatività pervade anche il modo in cui parliamo
e quello che diciamo nelle conversazioni quotidiane (Land 2005). Nell’interazione
quotidiana, l’eteronormatività si costruisce e si mantiene costantemente attraverso le
pratiche comunicative e, come ha mostrato Butler (1990), gli individui sono quello che
sono anche come risultato del modo in cui parlano. Secondo Sedgwick (1993), che ha
affermato l’esistenza di un presupposto di eterosessualità nella conversazione quotidiana, i
partecipanti ad un’interazione in un contesto ordinario si presumono eterosessuali fino a
quando non si dimostra il contrario. Ci interessano, in questo senso, studi e ricerche sulle
conversazioni quotidiane e sugli indici linguistici di genere in riferimento al presupposto di
eterosessualità veicolato dalla cultura eterosessuale.

I contributi dovranno contenere tra le 4000 e le 6000 parole (bibliografia esclusa) ed essere redatti in una delle due lingue in cui viene pubblicata la rivista (italiano e inglese), si vedano a questo proposito le linee guida della Rivista.
I contributi dovranno essere inviati entro il 31 ottobre 2014.
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