Foto di Valentina Muià
Foto di Valentina Muià

Sono le 15 quando una voce dal microfono, in piazza Esedra, annuncia che la testa del corteo è all’Esquilino, tante di noi hanno i brividi, sappiamo che ce l’abbiamo fatta, la chiamata è riuscita. Duecentomila persone in larga maggioranza donne ci sono, vogliono farsi sentire, stanno dicendo basta alla violenza maschile declinata in ogni suo subdolo aspetto, lo stanno facendo collettivamente in uno dei momenti più egoisti e egocentrici di questa contemporaneità. E’ una gioia palpabile, si propaga a livello molecolare.
Come una promessa mantenuta, un corteo voluto dalle donne con lo slogan NonUnaDiMeno frutto di un percorso di cui sono promotrici diverse associazioni come Di.Re, Udi, e la rete Io decido ha attraversato le vie di Roma come una marea lo scorso 26 Novembre, un corteo colorato e gioioso, permeato di quell’ironia che le donne somministrano a se stesse e nella società come forma di resistenza a un sistema che le taglia fuori e le respinge nella loro cittadinanza, declassandole a soggetti di “serie b”. Dalla stazione Termini, luogo dell’appuntamento, la manifestazione ha riempito le vie di Roma fino a Piazza San Giovanni , storica piazza di diversi momenti politici del paese, che dopo tanto tempo è apparsa inadeguata ad accogliere così tante persone. Una partecipazione trasversale che ha visto la presenza di tante realtà arrivate da tutta Italia, perfino dalla Sicilia e della Sardegna, presenti anche tanti uomini e tante donne non appartenenti a nessuna realtà organizzata, un dato politico importante. In piazza le femministe di vecchia e nuova generazione, le une accanto alle altre, a scandire vecchi e nuovi slogan dettati da vecchie e nuove discriminazioni e da vecchi e nuovi desideri. Si sono (ri) trovate per chiedere un cambio paradigmatico nella cultura, nel mondo del lavoro, nella scuola, la salute ,nell’educazione dei bambini e delle bambine, a denunciare la cultura degli stereotipi che vuole i generi adattati a modelli imposti e il controllo dei corpi delle donne da sempre “ luogo” di uso e abuso, il taglio dei fondi ai consultori e ai centri antiviolenza, la non applicazione della L 194Foto di Valentina MuiàFoto di Valentina Muià

Il giorno dopo, 27 novembre, più di 1000 donne si sono ritrovate presso la facoltà di Psicologia dell’Università la Sapienza a Roma per lavorare a delle proposte politiche che puntano alla riscrittura di un Piano Nazionale Antiviolenza dal basso. Il lavoro si è articolato all’interno di otto tavoli tematici, tutti molto partecipati : Piano Legislativo e Giuridico; Lavoro e Welfare; Educazione alle differenze, all’affettività e alla sessualità: la formazione come strumento di prevenzione e di contrasto alla violenza di genere (il tavolo che ha visto le presenza più numerose); Femminismo migrante; Sessismo nei movimenti; Diritto alla salute sessuale e riproduttiva; Narrazione della violenza attraverso i media; Percorsi di fuoriuscita dalla violenza;
A partire dall’ analisi dei tristemente noti dati sul mercato del lavoro delle donne che parlano di disparità salariale, minore occupazione, erosione e negazione sostanziale del diritto alla maternità, di donne esternalizzate e di studenti pagate con i voucher , di povertà che colpisce le donne di tutte le generazioni , di un welfare incapace di garantire reale sostegno alle donne, diverse sono le proposte emerse: quella di un welfare universale capace di scardinare il modello familistico vigente e quella di un reddito di autodeterminazione nelle sue forme dirette e indirette, importante anche per emanciparsi dalle situazioni di violenza. E poi ancora l’accesso universale all’interruzione volontaria di gravidanza, l’estensione dell’uso della pillola Ru486 a 63 giorni, il sostegno finanziario ai consultori come pratica dell’idea di salute e di benessere, la lotta all’obiezione di coscienza tra i ginecologi. L’assemblea plenaria che ha restituito il lavoro dei singoli tavoli, ha ribadito l’importanza dell’uso del linguaggio di genere che valorizzi la presenza delle donne ovunque esse siano dalle istituzioni ai libri di testo, la diffusione della pratica dell’autodifesa e dell’autoformazione, l’educazione alla sessualità libera dalla cisessualità e eterosessualità, l’importanza di creare un osservatorio che vigili sulla narrazione della violenza da parte dei media a partire dalla Convenzione di Istanbul e dalle Raccomandazioni della Cedaw.
Forte dell’esperienza delle due giornate, l’assemblea ha aderito e rilanciato l’appello che viene dalle molteplici piazze argentine : “ Se non valiamo niente, non produciamo” e si prepara a quella che sarà una giornata, individuata in una data simbolica, il prossimo 8 Marzo, senza le donne: uno sciopero dai generi e dei generi. Un percorso a cui presto si comincerà a lavorare e che si articolerà nei vari territori.

 Per chi volesse seguire il livitare di questa marea puo fare riferimento anche al sito di nonunadimeno. wordpress.com