Oggi 12 settembre 2018 suona la campanella. E’ il primo giorno di scuola. Nel Settembre 1938 la campanella non suonò per migliaia di ragazze, ragazzi e docenti ebrei italiani. Fu il loro primo giorno senza scuola.

Le leggi razziali italiane furono annunciate dal “Manifesto della razza”, pubblicato il 15 luglio 1938 sul Giornale d’Italia col titolo “Il Fascismo e i problemi della razza” ed il 5 agosto dalla rivista La difesa della razza. Il “Manifesto della razza”, firmato da dieci scienziati e sostenuto da intellettuali, scienziati ed uomini di fede, definisce l’idea di razza, codifica l’esistenza di una razza italiana ariana, sostiene la necessità di essere razzisti.

La legislazione fascista stabilì chi era ebreo per parentela o per credo religioso, definì i conseguenti divieti tra i quali: il matrimonio tra italiani ed ebrei, avere alle proprie dipendenze domestici di razza ariana, trasferirsi in Italia se stranieri, svolgere la professione di notaio e di giornalista, iscriversi ed insegnare nelle scuole pubbliche.

La scuola fu la prima istituzione a dover fare i conti con la legislazione razziale.

Il decreto Regio “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista” promulgato il 5 settembre 1938 fu il primo di circa 180 decreti firmati dal re Vittorio Emanuele III e voluti da Benito Mussolini. Meglio noti come “Le leggi razziali” rimasero in vigore fino al 1944.

La campanella non suonò per migliaia di ragazze e ragazzi. Quel settembre del 1938 fu per loro il primo giorno senza scuola. Più di 300 docenti vennero allontanati dalle università italiane. Senza contare gli insegnanti, i ricercatori e gli autori di libri di testo messi all’indice dal regime, gli scienziati e gli intellettuali che emigrarono all’estero.

Da quel settembre sono trascorsi 80 anni. Su questa pagina oscura della storia italiana dopo il silenzio sta arrivando una rimozione preoccupante e la riproposizione in modo diverso di valori (appartenenza, razza, confini, frontiere, muri, sovranismo) che hanno caratterizzato il razzismo del ventennio.   Creare confini con chi pratica altre religioni, ritenere “diversi” e “diverse” solo un problema, “disumanizzare” gruppi di persone, immaginare una società nella quale gli indesiderati possano occupare i posti bassi, esasperare le identità sono segnali non troppo latenti di un neorazzismo in assenza di razze, adattato al XXI secolo, non nominato, ma rinnovato e reinterpretato nei pregiudizi e nei comportamenti.    Corsico 12 settembre 2018

Questo testo è stato proposto da VENTUNESIMODONNA, associazione culturale  e politica di donne,  sensibile a tutto quanto sta succedendo sul territorio nazionale, ritiene giusto ricordare e invitare a riflettere sui meccanismi e le cause lontane e vicine che possono causare comportamenti e cultura dell’ esclusione. L’associazione è formata da donne che nel mondo intrecciano lotte, scioperi, diritti. Donne che affrontano le battaglie più dure, quelle che spesso sembrano perse in partenza. Donne in prima linea a manifestare, che tendono la mano ad altre donne. Che fanno rete, che si siedono vicino a chi è in difficoltà e dicono “tranquilla, per quanto può essere dura farcela, noi siamo qui”. La storia di Ventunesimo donna intreccia tante storie, quelle delle attiviste e quelle di chi si trova a passare momenti di paura, spaventata da problemi che sembrano non avere mai una soluzione. Una storia che inizia nel 2010 con un obiettivo politico: sostenere le candidature di donne alle elezioni. Finito l’impegno politico, le componenti del gruppo hanno deciso di non mettere fine all’ambizione ma, anzi, iniziare un percorso di “sensibilizzazione e di denuncia sul problema della dignità delle donne e sul tema della violenza”, spiegano dal gruppo. Da quel momento, dal 2013, le parole che descrivono l’associazione diventano inclusione, valore, relazione, partecipazione, cooperazione. Diritti. Quelli per i quali le socie si battono, quelli che ancora non vengono riconosciuti, tutelati, ma, anzi, troppo spesso affossati. Battaglie contro gli stereotipi sessisti che “ingabbiano le donne in modelli fissi e ne negano il ruolo reale”. Temi sempre tristemente attuali, difficili da combattere, ma che non spaventano le “ventunesime” che continuano con la stessa determinazione e passione a valorizzare il ruolo femminile e a organizzare incontri per parlare, per raccontare il passato di lotte e disegnare, insieme, un futuro al femminile, dove ogni diritto conta.