Nell’anno del Manifesto della razza e delle leggi contro gli ebrei, il fascismo ridusse la presenza delle donne nella Pubblica Amministrazione  per relegarle sempre più nel ruolo di fattrici.  Ottanta anni dopo in Italia le coincidenze si ripetono. L’ondata di razzismo, criticata da molte persone ma anche negata da molti, coincide con rigurgiti di sessismo, ignorati dai più.

Recentemente la Camera e il Senato hanno eletto i componenti dei Consigli di Presidenza della Giustizia amministrativa, della Corte dei conti e della Giustizia tributaria, nonché, in seduta comune, gli 8 componenti laici del Consiglio superiore della magistratura.   Diversamente dalla passata legislatura, quando il Parlamento aveva eletto donne in tutti e quattro gli organi di autogoverno della Magistratura, stavolta non è stata eletta nessuna donna e, a quanto ci risulta, le candidature erano tutte maschili.

Per il CSM  questa elezione è frutto di un accordo maggioranza/opposizione, che ha permesso di procedere al primo scrutinio con la maggioranza richiesta dei due terzi dei componenti dell’assemblea.  Ciò è ulteriore prova anche della involuzione del PD, fondato come il partito paritario, che invece disattende ancora una volta il proprio statuto. Un Pd che affida la difesa dei diritti civili a un uomo proprio mentre i diritti delle donne sono sotto attacco dal governo, che per la prima volta ha delegato un uomo alle Pari Opportunità.

Contro le nomine di soli uomini ci sono state numerose e forti reazioni da parte delle donne: le lettere di Lella Golfo, dell’ADMI (Associazione Donne Magistrato Italiane), delle Costituzionaliste gli articoli di Linda Laura Sabbadini su La Stampa e di Marilisa D’Amico/ Giovanna Fantini su La 27esima Ora.  E dalla politica la mozione della Senatrice Valeria Fedeli del Pd, sottoscritta anche da appartenenti ad altri gruppi.

Siamo seriamente preoccupate – dichiarano Rosanna Oliva de Conciliis, presidente della Rete per la Parità e Donatella Martini, presidente di DonneinQuota – anche per le altre nomine, di competenza del Governo (costituito a suo tempo con solo 11 donne su 64), di soli uomini nel CdA Rai in cui la quota obbligatoria prevista dalla legge Golfo/Mosca è assicurata con le due consigliere indicate dal Parlamento, ma presidente e Direttore Generale  saranno uomini.

Dal nostro osservatorio di attiviste per i diritti delle donne, vediamo episodi preoccupanti che configurano uno scenario drammatico: gli attacchi alla legge Merlin già in campagna elettorale, accompagnati dalla richiesta dei difensori di Tarantini di dichiarare illegittima una parte della stessa legge; la legge 194 messa a rischio dal dilagare dell’obiezione di coscienza, senza dimenticare i cartelloni pro-life e il tentativo di far approvare a Verona due mozioni della Lega per finanziare e favorire le associazioni cattoliche contro la 194 e istituire luoghi dedicati alla sepoltura dei bambini mai nati anche senza il consenso della donna;

la pretesa esistenza della Sindrome di Alienazione Parentale ( PAS); la soppressione delle Commissioni delle Elette a Roma e in molte altre città, la nomina per la prima volta di un uomo alle Pari Opportunità e per di più un sottosegretario e non un ministro, un Dipartimento Pari Opportunità sempre più depotenziato; i luoghi delle donne sotto sfratto (Casa Internazionale delle Donne di Roma e numerosi Centri anti-violenza in tutta Italia).

A questo si aggiunge la mancata presa in carico da parte del Governo della piaga della violenza maschile contro le donne: il Piano strategico nazionale, emanato dal passato governo lo scorso novembre, non è ancora partito e intanto le donne continuano ad essere  uccise.

Alle pressioni per sollecitare nuove leggi o regolamenti vogliamo aggiungere alcune nostre domande:

  • E’ legittimo che il Parlamento proceda senza nessuna candidatura femminile, applicando una legge del 1958 che non impedisce un CSM con poche donne o addirittura nessuna, nell’organo di autogoverno della magistratura dove  ora le  donne sono  (53%)?
  • Può essere disatteso il principio costituzionale dell’uguaglianza tra i sessi per l’accesso delle donne alle carriere pubbliche ed elettive, e si può dimenticare l’obbligo della Repubblica (in questo caso proprio del Parlamento) di provvedere con appositi provvedimenti a garantire tale uguaglianza, sancito dal secondo comma dell’articolo 3 e dal comma aggiunto all’articolo 51?”

 

Italia, 02.08.2018

Contatti:

info@donneinquota.org (3356161043) , segreteria.reteperlaparita@gmail.com (3386705939)            info@donneinquota.org