Il successo straordinario della raccolta di firme per abolire la legge elettorale detta comunemente “porcellum” e battezzata “porcata” dal suo stesso ideatore, il leghista Calderoli, è un altro punto fermo, positivo e incoraggiante, nella, per troppi altri versi, ultra disastrata situazione italiana. Deve essere considerato soprattutto per quello che ha rappresentato agli occhi di chi ha sottoscritto i quesiti: lo strumento di una battaglia dal basso per far arrivare la voce dei cittadini, donne e uomini, nei palazzi della politica senza politica che opprime il Paese e romperne l’ottusa autoreferenzialità.
_ Si è infatti espressa, in quella massiccia adesione alla richiesta di firmare, una volontà di cambiamento che viene dal cuore della gente e si è manifestato, insieme, un incontenibile sdegno popolare contro la peggiore legge elettorale che la Repubblica si sia mai data.

E una volta di più si è avuta la conferma di quella incandescente voglia di contare nella vita del Paese che abbiamo già visto all’opera, nei referendum sull’acqua e sul nucleare e nel sommovimento del voto alle amministrative di primavera.

Oggi, nel disastro politico-istituzionale in cui viviamo, conta questo, soprattutto, non la discussione – che pure andrà fatta – intorno a un modello di legge elettorale il più possibile rispettoso – come molti vorrebbero – del criterio di corrispondere alle esigenze della rappresentanza democratica e al buon funzionamento della cosa pubblica.

Su questo terreno oggi non c’è accordo politico significativo in sede parlamentare, al di là di accordicchi raggiungibili all’ultimo minuto per pura esigenza di sopravvivenza di chi ci riesca. Inoltre per cimentarsi col problema, se un dibattito serio si vuol davvero fare, non si può prescindere dall’analisi delle troppe cose che sono cambiate nella percezione popolare, nelle pratiche politiche dominanti, nelle dominanti rincorse elettorali.

Legge elettorale nel contesto della metamorfosi del Paese dal passaggio dalla prima alla seconda Repubblica: è questo il contesto da cui partire.
_ I promotori del referendum hanno parlato di miracolo popolare, volendo mettere in risalto soprattutto l’aspetto che salta meno agli occhi di fronte al successo dei numeri.
_ Miracolo perché le forze referendarie erano ristrette, i tempi della raccolta ridotti al solo mese di settembre, con in più qualche ritardo iniziale, la risonanza mediatica ridotta al minimo, quasi nulla.
_ Ma l’impazienza popolare a far sentire la propria voce ha moltiplicato le risorse, allargato la risonanza dell’iniziativa, travolto le inquietudini e i pessimismi degli stessi promotori.

“Si può, è nelle nostre possibilità”, a un certo punto questo è diventato il convincimento comune, Quasi incredibile, visto il punto di partenza. Ma si è capito davvero che la cosa andava e che la meta prima lontana e incerta era a portata di mano perché la realtà dei banchetti nelle piazze e dei comuni all’opera, per raccogliere la richiesta di firmare di migliaia di cittadini e cittadine, parlavano con la forza delle cose.

I numeri sono stati alla fine strabocchevoli, fanno già storia nella vicenda dei referendum nel nostro Paese. Il gruppo dirigente del Pd ne parla ormai come se fosse farina del suo sacco e Maroni, ministro leghista con una indubbia capacità di osservare realisticamente le cose, ha dichiarato di esserne rimasto colpito.

Vedremo se il Parlamento e le forze politiche che lo tengono sotto scacco sapranno ricavarne insegnamento e indirizzi sul che fare.
_ I risultati della raccolta referendaria fanno però sperare anche altro: la deriva all’infinito dell’antipolitica che ossessiona la vita nazionale e a cui la politica canonica non riesce a dare una risposta degna di questo nome, può non essere l’inevitabile conclusione della crisi della seconda Repubblica o il riemergere di un atavico pregiudizio italico nei confronti dell’agire con senso civico e misura delle istituzioni.

La pratica referendaria ricostruisce tra la gente il gusto della politica, del confronto, della scelta condivisa. Al di là delle forze organizzate che hanno sostenuto la proposta del referendum – soprattutto la parte del Pd che ruota intorno a, Sel, Idv, molti gruppi locali costituitisi ad hoc ne hanno garantito il successo e la carica espansiva.
_ Come sempre anche in questo caso molte donne e molti giovani ne sono stati protagonisti. Insomma se si moltiplicano i canali dell’azione condivisa per un obiettivo sentito come importante, che permetta di partecipare, controllare dal basso, avere risposte ai problemi, se insomma si inverte la rotta e si fuoriesce dalla micidiale separazione tra il palazzo e la società, la politica forse può riacquistare quel valore che dovrebbe avere e non ha più.

Nell’epoca di un declino della rappresentanza che sembra senza speranza, quel numero così impattante è insieme – quel milione e duecentomilaquarantasei firme costituiscono una vittoria della politica e un auspicio politico.